Il cinema tunisino di Mehdi Barsaoui si fa strada con il suo secondo lungometraggio, presentato all’81ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. Il film segue la storia di una giovane donna che lotta per la sua libertà in una società complicata e spesso dura. Ispirandosi a un fatto di cronaca, il regista affronta temi come l’emancipazione femminile, i legami familiari e la corruzione, confermandosi una voce importante nel panorama internazionale.
Quando la realtà diventa racconto: la storia dietro il film
Il film nasce da un episodio vero, accaduto in Tunisia: una ragazza si finge morta per sfuggire a genitori e società. Barsaoui racconta di aver scoperto questa vicenda mentre promuoveva il suo primo film, Un Figlio. Solo dopo aver saputo che sarebbe diventato padre ha trovato un senso più profondo nel racconto. Così ha costruito la storia attorno a un padre che deve fare i conti con una figlia sparita, decisa a vivere un’altra vita, anche fingendo la propria morte. Nella realtà, quella sparizione è durata pochi giorni; nel film invece diventa una fuga interiore, un viaggio verso la libertà.
La realtà si allarga e si trasforma, parte da un fatto vero ma si spinge in un territorio più simbolico. Il regista sottolinea che l’unico elemento davvero accaduto è il fatto di cronaca, tutto il resto è frutto della sua immaginazione. Il racconto prende forma così, unendo verità e finzione senza perdere il legame con l’ispirazione originale.
Tunisi, tra sogno e dura realtà: il doppio volto di una città
Il film si muove tra favola e dramma sociale. La protagonista, Aya, vede Tunisi come la città della libertà e delle opportunità. All’inizio la città appare viva, colorata, piena di locali e di donne che sembrano libere. È una Tunisi sognata, quasi magica.
Ma poi la luce si spegne. Aya, che ora si fa chiamare Amira, si ritrova invischiata in un crimine nascosto sotto una corruzione diffusa tra polizia e poteri locali. La città promette molto, ma concede poco davvero. La delusione di Aya racconta un ambiente difficile, diviso tra speranze e realtà. La libertà non è fuori, ma dentro. È un percorso interiore fatto di lotta e accettazione. Il film si muove su questa linea sottile, tra sogno e scontro con il mondo.
La famiglia come terreno di scontro e ribellione
Un punto chiave della storia è il rapporto tra Aya/Amira e i suoi genitori, soprattutto il padre. In una cultura come quella tunisina, come in molte altre tradizionali, il rispetto verso i genitori è sacro e il confronto diretto spesso evitato. Qui però non si tratta solo di un conflitto generazionale. È la ribellione di una ragazza che per la prima volta dice “no” alla famiglia.
Per Barsaoui questo è il vero inizio dell’emancipazione. Non si accontenta di un perdono facile o di una riconciliazione finta: vuole che la protagonista affronti la realtà senza illusioni. La libertà passa anche attraverso la rottura di legami culturali profondi. Questo momento di tensione ha un che di personale, legato alla nuova esperienza di padre del regista e alle sue riflessioni.
Un messaggio che parla a tutte le donne, ovunque
Anche se il film è ambientato in Tunisia, il tema dell’emancipazione femminile ha un respiro molto più ampio. Mostra le difficoltà che le donne incontrano ovunque nel rivendicare i propri diritti. La Tunisia, pur con qualche libertà in più rispetto ad altri Paesi arabi, non fa sconti. Il film non nasconde quanto resta da fare.
Barsaoui richiama anche la situazione in molti Paesi occidentali, dove la battaglia per la parità è ancora aperta, tra passi avanti e resistenze. Il suo cinema diventa così un invito a non abbassare la guardia, a tenere viva la lotta per autonomia e rispetto. L’auspicio è che le nuove generazioni possano crescere in un mondo più libero.
Luoghi e immagini: il racconto di una trasformazione
I luoghi hanno un ruolo importante nel film. Le riprese si spostano tra paesaggi diversi della Tunisia, dal sud desertico di Tozeur alla capitale. All’inizio, il paesaggio è secco e ostile, con colori spenti che raccontano il disagio della protagonista. Questo contrasta con la Tunisi iniziale, luminosa e vivace, e mette in scena un viaggio tra realtà opposte.
La regia si concentra molto sul punto di vista di Aya, con inquadrature che la seguono da vicino o la mostrano di spalle. Lo spettatore entra così nelle sue emozioni, vive le scoperte al suo fianco, senza sapere cosa succederà dopo. Il crimine in discoteca si vede solo con lei, creando tensione e coinvolgimento. Il film cambia tono e genere man mano che la storia va avanti, mantenendo sempre viva l’attenzione.
Dopo Venezia, un viaggio che continua
Dopo la prima a Venezia, tappa fondamentale per ogni regista, il film ha iniziato un lungo viaggio internazionale. Barsaoui è tornato alla Mostra con più esperienza, potendo godersi appieno la promozione del film, cosa che non era riuscita con il debutto.
Il tour in Argentina, Brasile, India e altri Paesi ha confermato che le emozioni e i temi toccati superano ogni confine. Per il regista questa esperienza ha ribadito il potere del cinema: mettere in contatto storie diverse e persone lontane. Il racconto di una liberazione femminile, personale e sociale, è diventato un linguaggio comune, capace di far riflettere e discutere ben oltre la Tunisia.
Ultimo aggiornamento il 24 Luglio 2025 da Rosanna Ricci