Marracash e Chiara Battistini raccontano il dietro le quinte di è finita la pace, il visual album del rap italiano
Il visual album di Marracash, “È finita la pace”, diretto da Chiara Battistini, esplora temi di isolamento e alienazione attraverso immagini evocative e riferimenti cinematografici significativi.

L'ottavo album di Marracash, *È finita la pace*, è accompagnato da un visual album diretto da Chiara Battistini, che attraverso la metafora della bolla e riferimenti cinematografici esplora temi di isolamento, alienazione e ricerca di senso, trasformando la musica in un racconto visivo coinvolgente e generazionale. - Unita.tv
L’ottavo album di Marracash, È finita la pace, si distingue non solo per la sua musica, ma anche per il progetto visivo che lo accompagna. Il lavoro di regia e direzione creativa di Chiara Battistini ha dato forma a un visual album che interpreta e amplifica i temi del disco. Questo racconto esplora come è nato questo progetto, le ispirazioni che lo hanno guidato e l’impatto visivo scelto per rappresentare le canzoni di Marracash.
La genesi di un concept visivo: la bolla come metafora
Chiara Battistini ha costruito il visual album partendo da una sola immagine forte e ricorrente nell’album: la bolla. La bolla diventa un punto di osservazione, ma anche uno spazio di isolamento che riflette lo stato d’animo di Marracash, a cui la regista si è riferita con attenzione. Nel suo racconto, ogni scena e ogni inquadratura sviluppano quell’idea di separazione dall’esterno, come se l’artista guardasse il mondo da dentro una dimensione protetta ma fragile.
Questo filone narrativo è nato proprio dall’esigenza di raccontare È finita la pace dal punto di vista personale di Marracash, un modo perché il pubblico potesse percepire non solo la musica ma anche la visione dietro le parole. La regista ha poi inserito il concetto di osservazione esterna, attraverso immagini di archivio in bianco e nero, che bilanciano l’alienazione rappresentata dalla bolla con uno sguardo più ampio sulla società.
Ispirazioni cinematografiche e videoarte: tra minority report e metropolis
Le scelte estetiche dietro il visual album affondano radici in film e opere iconiche, scelte per narrare il rapporto tra controllo, osservazione e condizione umana. Chiara Battistini ha citato due film simbolo: Minority report e The Truman Show, opere che costruiscono mondi dove i protagonisti si trovano sotto controllo o si scoprono intrappolati in realtà distorte. Questi riferimenti hanno dato forma all’atmosfera visiva del progetto.
Non manca poi l’influenza del classico Metropolis di Fritz Lang, con i suoi paesaggi urbani distopici e l’architettura imponente, che contribuisce al senso di oppressione e alienazione. L’ispirazione dalla videoarte è evidente nella cura del ritmo interno delle immagini e nella ricerca di un’armonia tra suono e scena, grazie alla formazione di Battistini. Il risultato è un linguaggio visivo che mantiene coerenza tematica ma si muove tra astrazione e narrazione concreta.
Il brano gli sbandati hanno perso e la sua interpretazione visiva
Tra i pezzi dell’album, Gli sbandati hanno perso si distingue per la complessità di traduzione in immagini. La regista racconta che è stato il brano più difficile da rendere visivamente. L’idea iniziale, ispirata a Il grande Lebowski, è stata abbandonata per evitare riferimenti troppo diretti, sostituita da una narrazione che esplora una notte metropolitana con un gruppo di giovani.
Questa notte non è solo divertimento; emerge anche un sottotesto di alienazione e di ricerca di senso. Le immagini selezionate riflettono quel senso di spaesamento che tanto caratterizza la generazione raccontata da Marracash, intrappolata tra voglia di evasione e fragilità esistenziale. Questo approccio sottolinea la potenza narrativa del visual album, che trasforma la musica in storie visive con un impatto emotivo diretto.
Il visual album come nuova frontiera del videoclip musicale
Battistini riporta il visual album a un’evoluzione del videoclip tradizionale. Negli anni Novanta, il videoclip era promosso principalmente da canali televisivi e viveva un suo momento di gloria con registi che portavano innovazione creativa come Spike Jonze o Michel Gondry. Oggi, con le piattaforme digitali, il pubblico ha accesso immediato a moltissimi contenuti, e la fruizione è cambiata radicalmente.
Questo ha previsto una quantità maggiore di produzioni ma a volte meno ricerca qualitativa. Il visual album si inserisce in questo contesto come un progetto più coerente e organico, in cui musica e immagini si fondono in una narrazione unica. Battistini ha anche ricordato il valore formativo del lavoro per Mtv, una tappa importante per la sua crescita professionale e per l’approfondimento del ruolo del videoclip nel panorama musicale.
Dialogo tra i punti di vista di marracash e dello spettatore
Nei videoclip che accompagnano È finita la pace si intersecano due punti di osservazione. Quello di Marracash, che racconta se stesso e la sua percezione del mondo, e quello dello spettatore, che interpella il racconto e lo interpreta. Secondo Battistini questo confronto nasce spontaneo, perché l’album e le sue immagini trasformano l’esperienza personale di Marracash in un sentimento comune per un’intera generazione.
Il racconto visivo porta così lo spettatore a immergersi nel disagio esistenziale che attraversa l’album, facendo uscire dal racconto privato l’esperienza universale. La bolla è allora un mezzo per guardare dentro e fuori, per riflettere su un’epoca che vive contraddizioni profonde e una forte urgenza di senso.