Mark Ruffalo si presenta come un attore impegnato e una persona autentica, capace di parlare con schiettezza su temi cruciali del nostro tempo. L’incontro con lui a Roma, in una calda mattina di fine giugno durante il festival Il Cinema in Piazza, ha offerto uno spaccato diretto sulle sue opinioni riguardo al cinema contemporaneo, l’attivismo politico e le sfide future legate alla tecnologia e alla società. In questa intervista esclusiva emerge un ritratto di Ruffalo che va oltre il volto noto di Hulk nella Marvel: un uomo che riflette sul presente con preoccupazione ma anche speranza.
La crisi del cinema americano e l’incertezza dell’intelligenza artificiale
Il panorama cinematografico statunitense appare oggi instabile agli occhi di Ruffalo. Parla apertamente di una fase confusa, quasi sospesa tra crisi d’identità e possibili rinascite. Il timore più grande riguarda l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro creativo: “Non sappiamo cosa ci aspetta nei prossimi tre anni”, afferma riferendosi alle trasformazioni radicali che questa tecnologia potrebbe portare non solo nel cinema ma in ogni ambito lavorativo.
L’attore sottolinea come la diffusione incontrollata dei contenuti generati dall’IA possa mettere a rischio posti di lavoro senza adeguate regole o protezioni. Questo scenario apre interrogativi profondi sulla capacità della società di adattarsi a cambiamenti così rapidi senza perdere pezzi importanti della propria identità culturale.
Ruffalo cita poi le parole recenti del regista Martin Scorsese che ha espresso disaffezione verso le sale cinematografiche per via del “caos” attuale. Pur comprendendo questo sentimento, Mark difende la magia della sala come luogo irrinunciabile per vivere insieme l’esperienza filmica. Ma ammette anche la concorrenza spietata degli smartphone e degli schermi digitali: “Siamo diventati dipendenti senza accorgercene”. Questa dipendenza rischia davvero – dice – di allontanare il pubblico dal grande schermo tradizionale.
Impegno civile: Mark ruffalo e la causa palestinese
Tra i pochi volti noti hollywoodiani ad esporsi apertamente sulla questione palestinese, Ruffalo racconta da quando segue questa battaglia per i diritti umani iniziata ormai più di dieci anni fa. Descrive un percorso solitario all’inizio quando parlare pubblicamente significava attirarsi critiche pesanti fino ad accuse infondate come antisemitismo.
L’attore denuncia pressioni forti soprattutto verso le donne nel mondo dello spettacolo che si espongono su questi temi sensibili; loro subiscono campagne mirate volte a screditarle pubblicamente o boicottarle professionalmente.
Ruffalo definisce chiaramente quello palestinese come un popolo sotto occupazione militare permanente in condizioni simili a quelle dell’apartheid; evidenzia inoltre il ruolo decisivo degli Stati Uniti nel finanziare indirettamente questo sistema attraverso armi e sostegno politico ai coloni israeliani.
La sua posizione è netta: gli Stati Uniti dovrebbero essere tenuti agli stessi standard morali applicati ad altri alleati democratici se vogliono definirsi tali davvero; sostiene quindi una responsabilità diretta americana nella perpetuazione delle violazioni dei diritti umani contro i palestinesi.
Arte e responsabilità sociale secondo mark ruffalo
Per Ruffalo essere artista significa guardare al mondo con onestà intellettuale ed esprimere ciò che si vede senza paura delle conseguenze personali o professionali. La sua esperienza dimostra infatti che prendere posizione non ha limitato le opportunità lavorative anzi ne ha create altre nuove.
Invita tutti gli artisti a seguire quella voce interiore capace di denunciare ingiustizie perché tacere equivale a perdere pezzi fondamentali della nostra umanità collettiva. Questo atteggiamento non riguarda solo la Palestina ma tante altre lotte sociali legate ai diritti civili delle minoranze etniche, sessuali o culturali spesso marginalizzate dalla censura implicita o esplicita nei media mainstream.
Secondo lui reprimere queste voci porta inevitabilmente ad amplificare discriminazioni diffuse nelle società moderne compromettendo libertà fondamentali conquistate faticosamente negli ultimi decenni.
Lo stato della marvel tra crisi creativa ed evoluzione narrativa
Come protagonista noto nell’universo Marvel interpreta Hulk da molti anni ed è testimone diretto dei cambiamenti vissuti dal franchise più famoso al mondo negli ultimi tempi. Ammette una sorta di stanchezza collettiva verso prodotti troppo simili fra loro quando manca spazio alla creatività individuale dei registi coinvolti.
Ricorda invece esperienze positive dove autori hanno potuto imprimere uno stile personale dando nuova linfa alle storie, citando Thor Ragnarok firmato Taika Waititi oppure Guardiani della Galassia diretti da James Gunn.
Quando però si cerca un controllo totale sull’immagine globale, secondo lui, tutto perde freschezza diventando ripetitivo. Nonostante ciò resta convinto che queste mitologie moderne continueranno sempre ad affascinare perché rispondono al bisogno umano antico narrativo.
Conclude parlando del recente successo Thunderbolts come segnale positivo prima dell’arrivo imminente de I Fantastici 4: segni evidenti secondo lui per una nuova fase creativa pronta a partire dopo momentanea pausa riflessiva.
Visioni sul futuro sostenibile tra giovani movimenti politici ed economia circolare
Guardando avanti Mark parla spesso con ottimismo realistico rivolgendosi soprattutto ai giovani incontrati durante eventi culturali romani dedicati al cinema classico italiano. Sostiene ci sia finalmente consapevolezza crescente sulle disuguaglianze economiche, lo sfruttamento ambientale delle risorse comuni causato da grandi aziende prive d’etica.
Denuncia sistemi sanitari inefficaci insieme all’instabilità politica ed economica percepita dalla popolazione comune. Questi elementi alimentano tensione sociale ma anche fermento politico orientato verso forme populiste diverse dalle vecchie ideologie tradizionali.
In politica americana cita Zohran Mamdani, socialista democratico neo eletto sindaco primario newyorkese considerandolo simbolo importante per chi sogna alternative realizzabili rispetto allo status quo capitalista dominante ormai logoro.
Infine insiste sull’urgenza concreta d’adottare modelli produttivi circolari capaci ridurre sprechi enormemente presenti oggi: vestiti gettati via inutilizzati, consumismo esasperato generano solo danno ambientale senza aumentare felicità reale nelle persone.
Critica aspramente disparità estreme rappresentate dai miliardari concentratori smisurati ricchezze mentre milioni vivono privazioni gravi; chiede quindi nuovi equilibri socialieconomici basati su gentilezza pragmatica generosita condivisa capaciprotendere davvero verso futuro migliore comune.