
Mariana Falace racconta la sua esperienza nel ruolo di Rachele nella serie Netflix *Sara - la donna nell’ombra*, affrontando le sfide del mestiere tra provini, rifiuti e collaborazioni con grandi registi, mentre coltiva il sogno di portare in scena *Antigone* al teatro di Siracusa. - Unita.tv
Mariana Falace è al centro dell’attenzione con la nuova serie Netflix Sara – la donna nell’ombra, tratta dai romanzi di Maurizio de Giovanni e diretta da Carmine Elia. L’attrice racconta la sua esperienza sul set e il viaggio personale che l’ha portata a interpretare Rachele, un personaggio complesso, nel cuore di Napoli, in questi giorni di festa per lo scudetto vinto dalla squadra locale. Dal casting al confronto con il rifiuto, dall’esperienza con grandi registi italiani al sogno di portare in scena Antigone: ecco come si muove la giovane attrice nella scena italiana.
Il provino decisivo: mariana falace e la chiamata per il ruolo di rachele
Mariana Falace ricorda bene il momento in cui è stata chiamata per la serie Sara – la donna nell’ombra. Il casting director Pino Pellegrino l’aveva selezionata inizialmente per un ruolo minore, ma dopo poco tempo l’ha invitata a preparare un personaggio più rilevante, quello di Rachele. Con soli tre giorni a disposizione e senza avere lo script completo, ha affrontato una prova impegnativa. La mattina del provino si è trovata a dover raggiungere il luogo tra taxi introvabili e tensione crescente. Il regista Carmine Elia le ha chiesto di interpretare una scena di dolore intenso, un compito da non sottovalutare per una giovane attrice.
Preparare un ruolo in poco tempo
Preparare un ruolo in così poco tempo richiede di inserire parti di se stessa nel personaggio, visto che mancano informazioni sul contesto globale della storia. Mariana ha capito subito che i provini servono anche a valutare la capacità di portare dentro la propria esperienza e a mettersi alla prova con scene difficili. La soddisfazione per aver superato quella sfida resta alta, anche se il percorso dal provino al set comporta adattamenti continui alle indicazioni del regista.
Affrontare i rifiuti e trovare la motivazione: la lotta invisibile dell’attore
Il mestiere dell’attore è segnato da molte porte chiuse. Mariana Falace confessa di aver vissuto i primi “no” come una sconfitta personale. “Pensavo di non essere abbastanza brava o adatta per questo lavoro.” Con il tempo ha capito che resistere è ciò che definisce la carriera di chi fa questo mestiere. Un regista l’ha incoraggiata a non confondere il rigetto professionale con un rifiuto personale, un insegnamento che ha aiutato Mariana a separare il dolore dal lavoro.
L’aspetto estetico nei casting
L’attrice ha imparato anche a gestire l’aspetto estetico nelle selezioni. Essere una presenza attraente non sempre è un vantaggio nei casting e spesso si deve combattere contro stereotipi o aspettative limitate. Questo spinge a concentrarsi sull’interpretazione e sulla capacità di portare autenticità, invece di affidarsi solo all’apparenza. L’abilità di distinguere la propria essenza da quella del personaggio aiuta a sostenere i momenti difficili e a mantenersi concentrati sulla crescita.
Il legame con il personaggio rachele: emozioni divise tra finzione e vissuto
Nel ruolo di Rachele, Mariana Falace ha dovuto immergersi in un dolore che da vicino non ha mai vissuto, ma che poteva sfiorare con la propria esperienza personale. La figura di Rachele è divisa tra la fedeltà a un padre in difficoltà e il desiderio di fare giustizia accanto a Sara, la protagonista della serie.
Per interpretare quella divisione, Mariana ha scelto di scindere la sua realtà emotiva da quella del personaggio. Il lavoro di immedesimazione ha richiesto una separazione netta per non confondere le due dimensioni. Una scena, in particolare, ha impresso un segno profondo: una rottura emotiva girata fino a notte fonda che l’ha lasciata a lungo immobile, riflettendo sull’esperienza appena vissuta.
Un momento cruciale nella crescita
Quella prova ha rappresentato una tappa fondamentale nella sua crescita come attrice, un momento in cui si è sentita libera sul set, capace di assumere una nuova identità lontana dalla propria. L’intensità di quell’esperienza, che continua a portare dentro, evidenzia la forza necessaria a calarsi in ruoli complessi come quello di Rachele.
La sensazione di non essere mai abbastanza: dubbi e strategie per affrontare il set
Mariana Falace racconta anche i momenti di incertezza che accompagnano ogni giorno di lavoro, anche per chi, come lei, segue studi e si affida a coach privati. L’ansia da prestazione può scalzare ogni certezza, specialmente in presenza di colleghi più esperti o attori di grande calibro.
Durante le riprese si ritrova a pensare di non essere all’altezza, di non sapere cosa fare. Per superare questi blocchi usa una tecnica semplice ma efficace: tre respiri profondi della durata di sette secondi ciascuno. In quel momento si ricorda che “il fatto di essere stata scelta rappresenta già un riconoscimento di idoneità al ruolo, una conferma che non c’è altro posto in cui potrebbe stare.”
Questa pratica la aiuta a rimanere centrata e a dare il meglio. È convinta che con il tempo anche il cinema riconoscerà il suo valore, affidandole ruoli sempre più impegnativi. Il confronto con se stessa e con l’ambiente creativo diventa così una palestra per affinare la tenacia e l’attenzione al personaggio.
Esperienze con gabriele muccino e paolo sorrentino: differenze di approccio sul set
Tra i momenti più importanti della sua carriera ci sono state le collaborazioni con i registi Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino, figure di primo piano nel cinema italiano. Con Muccino, Mariana ha sviluppato un rapporto di fiducia e confronto, che le ha permesso di esplorare il proprio modo di lavorare sia come attrice che persona.
Muccino predilige una modalità di lavoro intensa e partecipativa. Si fa coinvolgere dalle emozioni degli attori prima di girare le scene, dialoga e prova con loro senza la presenza della macchina da presa, entrando in contatto diretto con lo stato d’animo che serve alla narrazione. L’energia sul set è alta, con continui scambi tra regista e interpreti.
L’esperienza con paolo sorrentino
L’esperienza con Sorrentino, invece, è stata segnata da un’atmosfera più pacata e riflessiva. Durante le riprese di È stata la mano di Dio, Mariana ricorda la pazienza del regista, che lascia grande libertà all’attore ma rimane minuzioso sui dettagli. La lavorazione, fatta di molti ciak, richiede precisione assoluta e favorisce un clima di calma creativa, ben diverso da quello più frenetico di Muccino.
La varietà di questi ambienti ha offerto a Falace strumenti e stimoli diversi, ampliando la sua cassetta degli attrezzi per affrontare ruoli e situazioni complesse.
Il desiderio di portare antigone a teatro: un sogno coltivato da anni
Oltre al cinema e alle serie televisive, Mariana Falace nutre un interesse profondo per il teatro. Il suo sogno più grande è mettere in scena Antigone, la figura della giustiziera che sfida la legge in nome della propria coscienza.
Sta lavorando da tempo alla scrittura di questa versione, con l’obiettivo di realizzarla al teatro di Siracusa, luogo storico e prestigioso per la tragedia classica. Il personaggio di Antigone simboleggia lotta e fermezza, un tema che affascina Falace e accompagna il suo percorso artistico.
Spera di trovare interlocutori disposti a finanziare e sostenere il progetto, che rappresenta per lei più di un lavoro: è un’occasione per confrontarsi con il pubblico in teatro dal vivo, nuovo confronto e sfida per un’attrice che ha già portato la sua esperienza sulle produzioni audiovisive.
Questa aspirazione aggiunge una dimensione ulteriore al suo percorso, dimostrando la volontà di mettersi in gioco in ambiti diversi mantenendo una ricerca personale e coerente nel tempo.