Arrivato nelle sale nel 2025, l’isola degli idealisti porta sullo schermo una trama complessa e intensa, liberamente ispirata a un romanzo postumo di Scerbanenco. La regia di Elisabetta Sgarbi si concentra sulla convivenza forzata tra personaggi che riflettono su sé stessi e sul mondo. Le interpretazioni di Tommaso Ragno ed Elena Radonicich sono al centro di questa storia che si snoda in una villa isolata dal resto del mondo, in un paesaggio avvolto dalla nebbia e dall’ambiguità.
La trama e i personaggi al centro della villa reffi
Il cuore della vicenda si svolge nella villa dei Reffi, un edificio imponente che sorge su un isolotto avvolto da nebbie fitte e dà vita a un’atmosfera sospesa e irreale. Qui arrivano Beatrice e Guido, spaventati e inseguiti dalla polizia in una notte gelida di gennaio. Beatrice, interpretata da Elena Radonicich, è una ladra, ma il suo ruolo va oltre questa etichetta. Guido l’ha portata alla villa nella speranza di trovare riparo. Il padrone di casa, Celestino Reffi, incarnato da Tommaso Ragno, è un ex medico e appassionato di filosofia che vive con la sua famiglia in questo luogo appartato. Celestino offre ospitalità, ma impone una condizione: seguire un “corso di educazione” per cambiare vita. Quello che appare come un rifugio tranquillo si rivela presto una prigione fatta di spazi claustrofobici e di parole che incatenano più della realtà stessa.
Un rapporto complesso oltre le apparenze
Celestino è un uomo tormentato, borghese bene che si aggrappa a illusioni e rimorsi senza volerne fare a meno. Beatrice sembra l’opposto: sfugge a quello che è ma tenta di scoprire cosa rappresenta davvero. Tra i due si instaura un rapporto complesso che va oltre i ruoli iniziali di ladra e illuso, passando per un territorio fatto di fiducia e di frammenti di verità.
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La complessità di beatrice e celestino secondo gli interpreti
Elena Radonicich descrive Beatrice come una persona in bilico tra chi è e chi appare. Nessuna semplice criminale, ma un’anima smarrita che ha subito molto dalla vita. La sua interpretazione va oltre le etichette: Beatrice non si ama abbastanza e fatica a ritagliarsi un posto nel mondo. Celestino, al contrario, incarna un ideale di coerenza e consapevolezza che a lei manca. Per Beatrice, Celestino non è un illuso, ma piuttosto un eroe, l’unico che la accoglie e crede in lei con un atto di fiducia sincera.
Tommaso Ragno invece racconta Celestino come una figura sfuggente, quasi un fantasma che prende corpo solo nel dialogo con Beatrice, elemento femminile capace di scuotere quell’isolamento filosofico. Celestino rappresenta uno stato d’animo, una condizione di solitudine accettata ma anche fragile: le persone giuste arrivano solo quando ci si sente realmente soli. Questa dinamica tra i due personaggi dà vita a momenti di confronto in cui si disegnano temi come la riconciliazione con sé stessi e la crisi delle proprie convinzioni.
La regia di sgarbi e lo stile “artificioso” del film
Il film si muove in una zona poco frequentata dal realismo naturale. Elisabetta Sgarbi ha voluto mettere in scena personaggi che si esprimono con un linguaggio colto, quasi un monologo filosofico a tratti distante dal parlato quotidiano. Le riflessioni esistenziali si susseguono in un’atmosfera rarefatta, lontana dalla spontaneità raccontata al cinema più comune.
Gli attori dovevano rendere credibile questo stile profondamente artificioso, dando forma a un linguaggio scolpito eppure autentico. Tommaso Ragno sottolinea come la regista abbia creato uno stile unico per questo film: non somiglia a nient’altro di quello che si vede ogni giorno, ma riesce a essere vero agli occhi degli spettatori. La scelta artistica ricorda l’universo della fantascienza, dove situazioni e parole escono dal reale ma restano significative.
Paure e lezioni apprese sul set della villa isolata
Durante le riprese, gli attori si sono confrontati con le paure che il film mette in primo piano. Tommaso Ragno racconta che quell’esperienza li ha spinti a riflettere sulla libertà e la responsabilità che abbiamo dentro i nostri mondi personali. La “lezione” del corso imposto nella villa non si è tradotta in insegnamenti concreti, ma ha lasciato un segno profondo nella loro esperienza.
Elena Radonicich, dal canto suo, ha scoperto due facce della paura. Una serve a salvarsi la vita, istinto primordiale che ci accompagna dall’infanzia. L’altra è la paura che blocca la crescita personale, paura di non essere riconosciuti o accettati, che impedisce di esplorare nuovi orizzonti. Il film l’ha spinta a confrontarsi con entrambe, facendole capire quanto sia necessario mantenere alcune paure per difendersi, ma trovare il coraggio di superarne altre per andare oltre ciò che è noto e sicuro.
L’isola degli idealisti si presenta così come un racconto che intreccia sogni e illusioni, solitudine e ricerca di senso, immerso in un’atmosfera sospesa tra realtà e riflessione. La villa e i suoi ospiti restano impressi come simboli di un mondo interiore che si confronta con le proprie ledizioni e debolezze.