L’infinito: il debutto di Umberto Contarello tra malinconia e ironia
Umberto Contarello debutta alla regia con “L’infinito”, un film dedicato a Carlo Mazzacurati, che esplora la vita di uno sceneggiatore in crisi tra Roma e relazioni familiari.

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Umberto Contarello, noto sceneggiatore padovano, fa il suo esordio alla regia con il film “L’infinito“, presentato nella sezione Concorso per il cinema italiano del Bif&st. La pellicola, che sarà nelle sale a partire dal 15 maggio, è dedicata a Carlo Mazzacurati, con cui Contarello ha collaborato in diverse opere. Prodotto da Paolo Sorrentino attraverso la sua casa di produzione Numero 10, in associazione con The Apartment e PiperFilm, “L’infinito” promette di esplorare temi complessi attraverso una narrazione che unisce comicità e dramma.
La trama di L’infinito
La storia di “L’infinito” ruota attorno a Umbe, uno sceneggiatore che ha vissuto tempi migliori. Separato e con una carriera in declino, Umbe si trova a dover affrontare una vita che sembra aver perso il suo significato. Vive in una casa grande e vuota, simbolo della sua solitudine, e fatica a mantenere un rapporto con la figlia, che gioca in una squadra di rugby. La sua vita quotidiana è segnata da incontri casuali e momenti di riflessione, come quando osserva la giovane suora che lava le finestre del palazzo di fronte. Questi dettagli quotidiani contribuiscono a costruire un ritratto di un uomo in cerca di un nuovo equilibrio.
Contarello, insieme a Sorrentino, riesce a mescolare elementi di commedia e dramma, creando una narrazione che si muove tra il comico e il tragico. La malinconia diventa una compagna costante per Umbe, che si ritrova a vagabondare per Roma, una città che riflette il suo stato d’animo. La pellicola si distingue per il suo approccio poetico e ironico, con momenti di grande intensità emotiva, come il monologo sulla tomba della madre.
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La collaborazione con Paolo Sorrentino
La sinergia tra Contarello e Sorrentino è evidente in “L’infinito“. I due hanno già collaborato in passato, scrivendo insieme opere come “This Must Be The Place“, “La grande bellezza” e “Loro“. In questo film, la loro scrittura si manifesta attraverso dialoghi incisivi e situazioni surreali, che rendono la storia di Umbe ancora più affascinante. La pellicola è caratterizzata da inquadrature fisse e una fotografia in bianco e nero, curata da Daria D’Antonio, che contribuisce a creare un’atmosfera di introspezione e malinconia.
La colonna sonora, composta da Danilo Rea, arricchisce ulteriormente l’esperienza visiva, con melodie di fiati e corde che accompagnano il protagonista nel suo viaggio interiore. Questo mix di elementi visivi e sonori rende “L’infinito” un’opera che invita alla riflessione e all’emozione, portando lo spettatore a immergersi nel mondo di Umbe.
Temi e messaggi del film
“L’infinito” affronta temi universali come la ricerca di identità, il rapporto con il passato e la difficoltà di comunicare con le persone care. Umbe, che si definisce un “fabbricante di bugie”, cerca di trasmettere la sua esperienza a una giovane aspirante sceneggiatrice, sottolineando l’importanza di raccontare storie autentiche. In un dialogo significativo, Umbe spiega che il verbo “funzionare” è inadeguato per descrivere le storie, che devono essere belle o brutte, senza mezze misure.
Il film invita a riflettere sul concetto di “turning point”, un momento cruciale nella vita di una persona o nella scrittura di un film. Tuttavia, “L’infinito” non cerca svolte drammatiche, ma piuttosto adotta un ritmo più morbido e contemplativo. La Roma che fa da sfondo alla storia è una città svuotata dal caos, dove Umbe si perde e si ritrova, esplorando le sue strade in monopattino. Questo contesto urbano diventa un simbolo della ricerca di un nuovo equilibrio, un luogo in cui il protagonista può confrontarsi con le sue emozioni e il suo passato.
In sintesi, “L’infinito” di Umberto Contarello si presenta come un’opera ricca di spunti di riflessione, in grado di mescolare ironia e malinconia in un racconto che parla di vita, perdita e riscoperta.