la tragedia di emanuele de maria si consuma sul tetto del duomo di milano fra accuse e ossessioni

La tragica morte di Emanuele De Maria, ex detenuto con un passato violento, solleva interrogativi sul sistema di reinserimento e sulla gestione delle situazioni a rischio nel lavoro.
La tragica vicenda di Emanuele De Maria, ex detenuto con permesso lavorativo a Milano, si conclude nel 2025 con il suo suicidio sul tetto del Duomo, dopo eventi violenti legati a gelosia e instabilità emotiva, sollevando dubbi sul sistema di reinserimento e la sicurezza sul lavoro. - Unita.tv

La vicenda di emanuele de maria, un uomo di 35 anni con un passato segnato da un lungo periodo di detenzione, ha avuto un epilogo drammatico nel 2025 a milano. De maria è morto dopo essersi lanciato dal tetto del duomo, un gesto che ha chiuso una vicenda segnata da accuse gravi e da dinamiche umane complesse. Il suo nome è legato a due eventi violenti: l’accoltellamento di un collega e la morte sospetta di una sua collega, chamila wijesuriya. Questi fatti, uniti a dettagli inquietanti trovati sulla scena, fanno emergere una storia fatta di gelosia, isolamento e segnali non colti.

Il passato di emanuele de maria: condanne e permessi di lavoro

Emanuele de maria era stato condannato a 14 anni di carcere per l’omicidio di una giovane donna di 23 anni, una vicenda che aveva già segnato in modo profondo la sua vita. Durante la detenzione nel carcere di bollate aveva ottenuto un permesso per lavorare all’esterno, precisamente in un hotel di milano. In carcere, chi lo conosceva lo descriveva come “un detenuto modello”, descrizione che però si scontrava con un quadro più complesso. De maria mostrava un carattere instabile e aveva sviluppato un attaccamento morboso verso chamila wijesuriya, collega dell’hotel. Questo rapporto problematico aveva scatenato tensioni anche con altri colleghi, tra cui hani fouad abdelghaffar nasr, che avrebbe provato a separare chamila da emanuele.

I segnali inquietanti e i dettagli trovati sul luogo della tragedia

Negli ultimi momenti di vita, emanuele de maria ha lasciato tracce confuse, ma indicative del suo stato d’animo. Sul corpo sono stati trovati oggetti che rivelano un’ossessione verso chamila: una fotografia del suo documento d’identità, strappata, e una ciocca dei suoi capelli. Questi elementi suggeriscono un legame molto forte e sbilanciato, tra richiesta d’amore e disperazione. Gli investigatori hanno concentrato l’attenzione sulle ultime 48 ore, che includono il presunto accoltellamento di un collega, un’aggressione subita e infine il suicidio sul tetto del duomo. La sequenza di eventi mette in luce come la situazione emotiva e sociale di de maria non sia stata monitorata con la necessaria attenzione.

Le implicazioni del caso sul sistema di reinserimento e la sicurezza sul lavoro

La tragedia solleva forti interrogativi sul sistema di accesso ai permessi lavorativi per i detenuti e sul modo in cui certe situazioni a rischio vengono gestite. Il caso di de maria dimostra quanto possa essere fragile il percorso di reinserimento quando accanto a un’apparente buona condotta si nascondono segnali di disagio profondo e instabilità emotiva. Chamila wijesuriya, vittima delle circostanze, lascia dietro di sé una storia di dolore e di pericoli ignorati. Madre e lavoratrice rispettata, si è trovata sola di fronte a un rischio che nessuno ha saputo riconoscere o prevenire. L’intervento tempestivo forse avrebbe potuto evitare il peggio.

Indagini e riflessioni

Le indagini proseguono per chiarire ogni dettaglio, dalla dinamica degli episodi al profilo psicologico di emanuele de maria. Nel frattempo, questa vicenda offre uno spunto di riflessione sulle responsabilità collettive riguardo al controllo delle persone soggette a permessi o misure alternative al carcere, e sulla sicurezza negli ambienti dove si intrecciano vite fragili e tensioni nascoste.