la storia di enzo, il ragazzo che sceglie la manualità in un mondo di apparenze digitali
Il film “Enzo” di Robin Campillo esplora le sfide degli adolescenti moderni, evidenziando il conflitto tra aspettative familiari e la ricerca di autenticità attraverso il lavoro manuale in un contesto sociale complesso.

Il film *Enzo* di Robin Campillo, presentato a Cannes 2025, racconta la storia di un adolescente borghese che sceglie il lavoro manuale per cercare autenticità e identità, affrontando il contrasto con le aspettative familiari e le tensioni sociali contemporanee. - Unita.tv
Il cinema ha sempre raccontato le difficoltà degli adolescenti, un’età in cui tutto sembra ancora da definire e il futuro appare incerto. Il film Enzo di Robin Campillo, presentato alla Quinzaine des cinéastes 2025 di Cannes, torna su questi temi con uno sguardo moderno. Racconta il percorso di un ragazzo di 16 anni che si scontra con le aspettative troppo alte della famiglia e sceglie una vita semplice, fatta di lavoro manuale. Questo film riflette molto delle tensioni sociali e culturali dei giovani di oggi, sempre più immersi in un mondo digitale e spesso disorientati.
Enzo, un adolescente tra famiglia borghese e desiderio di concretezza
Enzo è un ragazzo che cresce a La Ciotat, in una villa con piscina, figlio di un professore universitario e di un ingegnere, interpretati da Pierfrancesco Favino e Élodie Bouchez. Pur avendo tutto ciò che potrebbe desiderare, sceglie la strada del muratore, una decisione che sconvolge i genitori. A soli 16 anni Enzo non ha ancora trovato la sua vera passione, ama disegnare e ascoltare musica, ma nulla lo cattura abbastanza da concentrarsi completamente. Ciò che invece gli dà sicurezza è il lavoro fisico, il contatto con il cemento e i mattoni, un’esperienza tangibile che per lui rappresenta una realtà concreta, lontana dall’astrattezza delle parole e dall’apparente perfezione che vede in famiglia.
Un divario generazionale e culturale
Questa scelta racconta una frattura tra generazioni e modi diversi di vivere il mondo. I genitori, figure di successo e cultura, non riescono a comprendere il bisogno di Enzo di fare qualcosa di manuale, di concreto. Per lui il lavoro fisico non è un ripiego ma un modo per affermare la propria identità, per sentirsi vivo in un’epoca in cui i social media, la plastica delle immagini, sembrano soffocare il contatto umano vero.
La morale del film in un’Italia che cerca nuovi modelli di crescita
Nel cinema francese contemporaneo, Enzo arriva come finale omaggio a Laurent Cantet, il regista originariamente scelto per dirigere il film e scomparso nel 2024. Robin Campillo, suo collaboratore storico, ha accettato di portare avanti il progetto in ricordo di Cantet, noto per i suoi lavori impegnati come La classe e 120 battiti al minuto, premi e simboli del cinema d’autore. Con il sostegno della produzione italiana Lucky Red, Enzo conquisterà presto gli schermi italiani, offrendo uno spaccato realistico della condizione giovanile attuale.
Dalla crisi personale allo scontro culturale
La storia mette a fuoco la naturale difficoltà di capire chi si è e cosa si vuole diventare nel presente incerto. Non si tratta solo di una crisi personale, ma di uno scontro culturale dove si avverte il cambiamento sociologico che coinvolge molti adolescenti europei. Il rifiuto di una strada programmata e sicura a favore di una più umile ma vissuta con significato parla a molti giovani, che cercano nella fatica fisica un rifugio dalla confusione.
L’eredità di chiamami col tuo nome e un immaginario estivo difficile da scindere
Non è un caso che il film ricordi molto la poetica di Luca Guadagnino e il suo Chiamami col tuo nome, che ha segnato profondamente la cinematografia recente. Ci sono l’estate calda nella provincia francese, le prime scoperte dell’eros, e quella famiglia borghese divisa tra amore e incomprensioni. Enzo sente un’attrazione per Vlad, un giovane muratore ucraino interpretato da Maksym Slivinskyi, che arriva da un paese martoriato dalla guerra. Questa differenza mette in luce la distanza tra due mondi: da una parte la sicurezza, dall’altra il dolore della realtà delle guerre attuali.
La figura paterna e lo sguardo introspettivo
Il padre di Enzo, interpretato da Favino, offre una prova intensa nel film. Osserva il figlio con uno sguardo che mescola affetto e preoccupazione, ben consapevole del conflitto interiore che scuote il ragazzo. La sua figura non cerca di imboccare soluzioni facili ma resta testimone di un momento delicato, fatto di scoperta e incertezza.
Il senso del lavoro manuale e la ricerca di autenticità nei giovani di oggi
Enzo rappresenta un fenomeno diffuso: la voglia di tornare a pratiche più concrete in un mondo sempre più digitale e impersonale. In effetti, molti giovani abbandonano per un po’ i social per recuperare la manualità, la cucina artigianale, il vinile come simbolo di autenticità. Mentre il mondo sembra correre troppo veloce e mostrare solo ciò che è perfetto, questi ragazzi cercano qualcosa di palpabile, che si possa toccare e costruire con le proprie mani.
Autenticità senza retorica
Il film racconta tutto questo senza retorica, mostrando come la ricerca di senso possa passare anche per scelte considerate insolite o incomprensibili agli adulti. Nonostante la loro posizione privilegiata, il peso delle aspettative e i dolori del mondo che li circonda danno ai giovani un senso di fragilità e lotta interiore che Campillo mette bene in luce.
Il ritorno a un lavoro manuale, per Enzo, è il modo migliore per toccare con mano la realtà delle cose, un gesto di ribellione contro le ipocrisie sociali e famigliari, ma soprattutto un passo verso un’identità autentica, non definita da ciò che gli altri si aspettano. Sullo sfondo di questa scelta, il conflitto sociale e culturale resta aperto, una sfida che accompagna molti giovani nella ricerca di un’identità, che non sempre coincide con i modelli tradizionali.