
Tra l’8 e il 9 giugno 2025 si è tenuto un referendum abrogativo in Italia su lavoro e cittadinanza, promosso dalla CGIL, ma l’astensione del 72,51% ha invalidato i risultati, evidenziando una profonda distanza tra cittadini e politica. - Unita.tv
Tra l’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani sono stati chiamati a votare un referendum abrogativo contenente cinque quesiti cruciali relativi al lavoro e alla cittadinanza. La consultazione, promossa dalla CGIL e sostenuta da diversi esponenti del sindacalismo e della sinistra, mirava a cancellare alcune norme del Jobs Act e ad agevolare l’accesso alla cittadinanza per determinate categorie di cittadini. L’affluenza estremamente bassa ha però impedito il raggiungimento del quorum, annullando di fatto ogni risultato.
Svolgimento del referendum e partecipazione alle urne
Il referendum si è tenuto nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno. Gli elettori sono stati chiamati a rispondere su cinque quesiti riguardanti modifiche normative nel campo del mercato del lavoro e della cittadinanza italiana. Nonostante la rilevanza dei temi, hanno votato soltanto il 27,49% degli aventi diritto, una percentuale ben sotto la soglia prevista per rendere valide le risultanze della consultazione, fissata al 50% più uno.
Un’astensione senza precedenti
Questo dato rappresenta uno dei più bassi nella storia repubblicana per un referendum con così rilevanti implicazioni sociali. L’astensionismo ha di fatto incapacitato il referendum da una prospettiva legale: tutti e cinque i quesiti sono stati dichiarati nulli a prescindere dalle scelte espresse dagli elettori presenti alle urne. Il risultato cifra un distacco profondo tra la proposta referendaria e l’atteggiamento della maggioranza della popolazione.
I quesiti referendari e i temi centrali sotto la lente del voto
Il referendum verteva su cinque punti chiave. Il primo riguardava l’abrogazione di specifiche disposizioni del Jobs Act legate ai licenziamenti, con l’obiettivo di garantire maggiori tutele ai lavoratori. Il secondo quesito mirava a estendere queste tutele anche ai dipendenti delle piccole imprese, categoria tradizionalmente esclusa da alcune garanzie. Il terzo punto puntava a intensificare le responsabilità delle imprese in caso di incidenti sul lavoro.
Il quarto quesito richiedeva il ripristino della responsabilità solidale negli appalti, regime utile in passato per assicurare che le principali aziende rispondano delle condizioni di lavoro subappaltate. Infine, il quinto interrogava gli elettori sull’eventualità di abbassare da dieci a cinque anni il periodo di residenza per poter richiedere la cittadinanza italiana, una proposta rivolta a facilitare l’inclusione di persone immigrate. Questi argomenti hanno polarizzato il dibattito politico e sociale, ma non sono riusciti ad attirare un consenso ampio nella popolazione.
Fattori dell’astensione e strategie politiche sul voto
Molti osservatori hanno identificato nella strategia del centrodestra, sostenuta da figure come il premier Giorgia Meloni, un fattore decisivo nell’alto tasso di astensione. Sebbene Meloni abbia esercitato il diritto di voto con una presenza al seggio, ha scelto di non votare i quesiti referendari, sottolineando indirettamente la linea del non coinvolgimento attivamente nel sì o nel no. “Questa posizione ha rafforzato un invito generalizzato all’astensione rivolto agli elettori di centrodestra.”
Dichiarazioni e reazioni dal centrodestra
La tattica si è dimostrata efficace, come si legge anche in dichiarazioni di esponenti del movimento, tra cui Matteo Salvini che ha definito “buon senso” la decisione degli italiani di non supportare la cancellazione di norme come quelle previste dal Jobs Act. Questi sviluppi confermano una frattura netta tra le proposte referendarie promosse dal sindacato e settori della cittadinanza attivi nel campo politico, disancorando così l’opinione pubblica da campagne che puntavano a modifiche legislative importanti.
Riflessi politici e sociali sulla partecipazione democratica
Il mancato raggiungimento del quorum con una partecipazione così bassa riapre la discussione sul rapporto tra cittadini e istituzioni in Italia. Nonostante l’impegno di alcune forze sociali, il risultato dimostra una crescente distanza tra i cittadini e questo tipo di consultazioni popolari. Le ragioni di questa sfiducia o disinteresse possono essere molteplici: dalla diffidenza verso la politica tradizionale alla saturazione delle campagne referendarie negli ultimi anni.
In ogni caso, il referendum dell’8 e 9 giugno resta un esempio lampante di come anche questioni fondamentali come il diritto al lavoro o l’accesso alla cittadinanza convivano con un contesto di scarsa mobilitazione elettorale. Il tema della partecipazione torna così a farsi centrale nel dibattito politico italiano, sollevando interrogativi sulla capacità delle istituzioni di intercettare e rappresentare concretamente le istanze sociali più urgenti.