The Legend of Ochi segna il debutto al lungometraggio di Isahia Saxon, portando sullo schermo un racconto che unisce fantasia e profondità umana. Il film si muove tra mondi inventati e scenari visivi ricchi di tecnica artigianale, con al centro una scoperta che va oltre le parole. Helena Zengel interpreta Yuri, la protagonista di questo viaggio che attraversa montagne mai viste, in compagnia di una creatura dal nome ochi. La storia si concentra sulla comunicazione, tema che Saxon sottolinea come il vero cuore del film.
Un viaggio visivo e narrativo tra fantasia e realtà
The Legend of Ochi è una storia ambientata in un luogo immaginario, abitato da creature colorate e misteriose. Helena Zengel dà vita a Yuri, una giovane determinata a trovare risposte dentro di sé e nelle relazioni che si formano con l’ochi, un piccolo essere dai tratti vividi e dal verso acuto. Combinando tecniche come il matte painting, la regia di Saxon costruisce una dimensione che ricorda le grandi produzioni artigianali, capaci di evocare atmosfere intense e coinvolgenti.
Il viaggio di Yuri si snoda tra paesaggi aspri e silenziosi, che riflettono le difficoltà interiori della protagonista. L’incontro con l’ochi mette in luce la paura e l’insicurezza dell’uomo nei confronti di ciò che non conosce. La tensione trae origine da questo conflitto, ma evolve, trasformandosi in un percorso di accettazione e scoperta di sé. La narrazione fa emergere temi universali, come il bisogno di comunicare e la difficoltà di comprendersi l’un l’altro attraverso i linguaggi convenzionali.
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Helena zengel: una giovane attrice tra cinema e comunicazione
Helena Zengel, con il suo ruolo da protagonista, si conferma una presenza capace di trasmettere emozioni senza eccessivi artifici. L’attrice tedesca, nata nel 2008, ha conquistato attenzione internazionale già con “Notizie dal mondo”, accanto a Tom Hanks. In The Legend of Ochi interpreta Yuri in modo diretto e naturale, mostrando una sensibilità adatta a un film dove la comunicazione supera i confini del linguaggio verbale.
Zengel riflette sul tema centrale del film sottolineando come la comunicazione oggi sia cambiata, complicata dalla presenza costante dei social media e degli strumenti digitali. Questa vicinanza virtuale però, spesso riduce il dialogo faccia a faccia e la capacità di confrontarsi realmente. Per lei, l’ochi rappresenta un linguaggio che non necessita parole ma trasmette sentimenti e pensieri profondi, andando al cuore della relazione umana. In questo modo il film chiede allo spettatore di riscoprire forme autentiche e immediate di contatto emotivo.
Isahia saxon e la ricerca di una comunicazione autentica nel cinema
Il regista Isahia Saxon ha portato a Roma la sua visione di cinema, dove la comunicazione occupa un posto centrale. Saxon spiega che il cinema nasce dal bisogno di comunicare ma aggiunge che il dialogo verbale non è l’unica via possibile. Tra i mezzi più antichi e diretti ci sono il gesto, la musica, la danza e le arti visive. Secondo lui, queste forme trasmettono emozioni primordiali, profonde e più rilassanti rispetto alla costante razionalizzazione di tutto quello che ci circonda.
Saxon sostiene che oggi si è dipendenti dal linguaggio parlato come unico veicolo di interazione, ma esistono modalità più vecchie che ancora risuonano nel profondo. Il film racconta questa ricerca, mostrando episodi che fanno capire come il silenzio e i gesti portino un messaggio potente. L’autore guarda al bambino interiore che è in lui, realizzando una storia che parla a chiunque abbia voglia di ascoltare con cuore aperto. La speranza è che questa esperienza coinvolga anche gli spettatori, oltre chi ha lavorato al progetto.
L’ispirazione e la creazione della creatura ochi
Il piccolo ochi, protagonista animale della storia, nasce da un’immaginazione radicata nella realtà naturalistica. Saxon ha voluto che questo essere fosse credibile, quasi vero per i più giovani, capace di suscitare anche sorpresa e curiosità. Il disegno dei suoi lineamenti riprende caratteristiche di animali conosciuti da vicino: la scimmia dorata cinese con il naso camuso, i lemuri e i tarsi, piccoli primati con comportamenti sociali definiti.
Il regista ha studiato il modo in cui queste creature comunicano tra loro, ispirandosi ai bonobo e a vari primati per mostrare come l’ochi viva in un mondo organizzato da leggi sociali specifiche. Anche il suo linguaggio si rifà a suoni reali, come i richiami dei delfini, gli uccelli e addirittura i cani delle praterie. La costruzione di questo codice comunicativo ha l’obiettivo di rendere più autentico l’incontro tra Yuri e la creatura, mostrando quanto sia possibile comprendere e condividere senza parole. L’attenzione ai dettagli naturalistici rafforza la sensazione di un mondo fantastico ma credibile nelle sue regole emotive e sociali.
Un cast internazionale e un’opera dai molteplici livelli comunicativi
Il film vede la partecipazione anche di Willem Dafoe, con un ruolo che aggiunge spessore alla storia senza distogliere l’attenzione dalla relazione centrale tra Yuri e l’ochi. The Legend of Ochi conferma una tendenza del cinema contemporaneo a sperimentare linguaggi diversi, andando oltre la parola ed esplorando modalità di racconto più intense e immediate.
Le tecniche visive utilizzate amplificano il senso di immersione in un ambiente irreale ma palpabile. Con una fotografia ricercata e una regia attenta a ogni particolare, il lungometraggio si presenta come un progetto meditato e originale. A24, la casa di distribuzione, ha curato una campagna che punta a valorizzare il fascino del piccolo ochi, elemento simbolico di una comunicazione antica e nuova allo stesso tempo.
The Legend of Ochi si colloca così tra quei film che, pur offrendo una narrazione fantastica, conducono a riflettere sulla natura del rapporto umano e sulle difficoltà di esprimersi nel mondo moderno. Sullo sfondo di una natura immaginaria, emerge la ricerca di un dialogo che passa attraverso emozioni e gesti, ricordando che a volte il silenzio parla più forte delle parole.