Il cinema horror torna a esplorare il mito del lupo mannaro con Werewolves, film del 2025 che porta in scena un’apocalisse lunare e una lotta disperata per la sopravvivenza. La pellicola richiama alla mente classici del genere e sfrutta la presenza di Frank Grillo, già protagonista nella saga di La notte del giudizio, per ancorare il racconto a un immaginario familiare agli appassionati. Un mix di azione e tensione che prova a rinnovare un soggetto ampiamente trattato con una premessa inedita: la trasformazione collettiva causata da una superluna.
Preparativi al cardiopalma: la casa come ultima fortezza contro i lupi mannari
Werewolves inizia con le immagini di un assedio imminente, mentre i sopravvissuti si chiudono nelle loro abitazioni. La scenografia richiama quei sobborghi americani con casette unifamiliari, simbolo invece di precarietà e vulnerabilità, ora mutate in tessere di una difesa a ogni costo. Il contesto è dato da un evento catastrofico precedente: una superluna ha trasformato tanti umani in lupi mannari famelici.
Questi preparativi assumono un’atmosfera tesa e claustrofobica. Le barriere contro le creature sono improvvisate, ma soprattutto rappresentano l’unica speranza contro la bestialità esterna. I rifugi diventano prigioni volontarie, dove ogni rumore fa salire la paura. Proprio questa sensazione evoca chiaramente la saga di La notte del giudizio, alla quale il film si lega anche per materia e per la presenza di Frank Grillo, già visto nei capitoli precedenti.
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Il montaggio alterna scene di montaggio con il montaggio di barricate e incursioni improvvise, a sottolineare la fragilità della sicurezza. Il regista Steven C. Miller punta a creare un crescendo di ansia, non risparmiando momenti di violenza improvvisa e scene d’azione che si svolgono in luoghi ridotti e bui. Lo spettacolo è semplice, fatto di soluzioni base ma efficaci per delineare un conflitto estremo.
L’uomo tra scienza e guerra: il protagonista e la lotta per la cura
Al centro della storia troviamo Wesley Marshall, ex soldato e biologo molecolare. La scelta di un personaggio così articolato fonde l’esperienza militare con la scienza, mostrando un doppio fronte di combattimento: quello fisico dentro la casa e quello clinico in laboratorio. Wesley abita con la cognata Lucy, vedova, e la nipote Emma, e si impegna a proteggerle anche se è costretto a star lontano per portare avanti le ricerche su una cura.
L’ambientazione della base militare, situata nella stessa città dove si svolgono gli assalti, crea una tensione tra il personale da una parte e la minaccia incombente dall’altra. La posta in gioco è altissima: Wesley vuole impedire una nuova carneficina, replicando il disastro della superluna precedente. La sua condizione è piena di contrasti, perché deve lasciar sole le persone più care per fermare la diffusione del male.
Il racconto procede seguendo le fasi dell’evoluzione della malattia, che spinge il protagonista a rivedere le sue certezze e ad affrontare scelte difficili per la sua famiglia e la comunità. Emergono dinamiche umane, particolari come la paura e il senso di sacrificio, che pesano su ogni azione. La sceneggiatura tenta di legare l’aspetto scientifico a quello emotivo, sebbene qualche passaggio risulti forzato o poco credibile.
La trasformazione e i mostruosi assalti: i licantropi dietro la superluna
L’aspetto dei lupi mannari è uno dei punti cardine del film. La metamorfosi avviene sotto la luce della superluna e viene resa con un mix di effetti digitali e trucco prostetico. Le creature rappresentano una minaccia costante, con movimenti rapidi e ferocia cieca. L’estetica rimanda a un’immagine consolidata, priva di innovazioni significative ma senza cadere nel grottesco.
Gli assalti dei licantropi si alternano a momenti di resistenza dentro le abitazioni. Alcune scene richiamano lo stile home invasion, con tensione concentrata tra le mura domestiche dove il pericolo sembra più invadente e reale. I continui attacchi creano ritmo e senso di pericolo, ma alcune scelte narrative indeboliscono la progressione, rallentando l’effetto drammatico desiderato.
In generale, la presenza dei mostri ha un motivo chiaro: rappresentare l’incubo che si fa carne e il nemico da combattare per la sopravvivenza. Il design di questi lupi mannari si ispira a temi classici, rimanendo fedele al folklore senza allontanarsi troppo dalla tradizione visuale del cinema horror. Le scene d’azione mostrano corse furiose, lotte e scontri diretti.
La prova di frank grillo e i limiti narrativi di werewolves
Frank Grillo si conferma volto centrale del racconto, portando sullo schermo un personaggio segnato dalle battaglie ma deciso a proteggere la sua famiglia. A quasi sessant’anni, Grillo mostra fisicità e determinazione, qualità che restituiscono un eroe solido e credibile nelle sequenze più impegnative. Il suo coinvolgimento nel film richiama la sua esperienza nei precedenti La notte del giudizio, consolidando un’immagine da interprete di azione.
Nonostante questo, il film soffre di una sceneggiatura che tende a diluire la tensione con dialoghi e situazioni fin troppo scontate. Il dramma interno dei personaggi spesso appare forzato e alcuni sviluppi si risolvono in modi poco coerenti, con un finale che cerca un taglio netto ma lascia aperta una possibile continuazione.
La regia di Miller è funzionale all’intrattenimento, senza ambizioni di oltrepassare i confini del genere b-movie. Il confronto con altri titoli del mito licantropo, come Dog Soldiers, mostra come Werewolves si posizioni su un piano inferiore riguardo ritmo e profondità narrativa. Eppure per gli amanti dell’horror con ingredienti noti, resta una visione sufficiente a garantire una serata tesa e movimentata.
Il film, tra azione e orrore, rivisita il mito del lupo mannaro sotto una luce nuova, quella di un mondo che tenta di gestire l’imprevisto catastrofico attraverso la scienza e il coraggio individuale. Non è un capolavoro ma riesce a mettere in scena una lotta semplice, tra mostri e uomini, fatta di paura, difesa e speranza fragile.