Il ritorno dei fratelli philippou con bring her back, un horror sul lutto che scuote i cinema italiani

Danny e Michael Philippou presentano “Bring Her Back”, un horror intenso che esplora il lutto e l’ossessione, con Sally Hawkins in un ruolo inquietante. Uscita prevista per il 30 maggio.
"Bring Her Back" dei fratelli Philippou è un horror intenso e claustrofobico che esplora il dolore e l'ossessione per la vita dopo la morte, con una straordinaria Sally Hawkins in un ruolo oscuro, ambientato in una casa isolata in Australia. - Unita.tv

Dopo il successo di talk to me, Danny e Michael Philippou tornano a scuotere il pubblico con bring her back, un film horror che affronta il dolore e l’ossessione in modo crudo e diretto. Il lungometraggio, in uscita il 30 maggio, si è già fatto notare per il tema intenso e la presenza di una Sally Hawkins irriconoscibile. Ambientato tra le mura di una casa isolata in australia, il film racconta di una famiglia affidatara alle prese con forze oscure capaci di riscrivere il confine tra la vita e la morte.

Trama e ambientazione di bring her back

Bring her back si concentra sulla storia di due fratelli, interpretati da Billy Barratt e Sora Wong, che si trasferiscono con la loro nuova madre affidataria. In questa casa isolata, scoprono un rituale che promette di riportare indietro i morti, ma il prezzo da pagare si rivela spaventoso e inevitabile. Sally Hawkins interpreta questo ruolo complesso e inquietante, allontanandosi nettamente dalla sua immagine nota a un pubblico più ampio.

Il film è una coproduzione targata a24, girata in australia, che immerge lo spettatore in un’atmosfera tesa e angosciante. La sceneggiatura mette al centro la fragilità umana e la disperazione, due elementi che si amalgamano in una storia che si sviluppa come un incubo palpabile. Le ambientazioni ristrette contribuiscono a creare un senso di claustrofobia che si intensifica con il procedere della narrazione.

Il significato personale dietro il film dei fratelli philippou

La genesi di bring her back è radicata in un’esperienza personale di Danny Philippou, che ha visto da vicino il dolore di una famiglia colpita da una perdita devastante. Il regista ha raccontato di aver assistito al quadro straziante di sua cugina che accompagnava il figlioletto di due anni verso la fine, un momento che ha segnato profondamente la sua visione del lutto e della disperazione.

Questa realtà, percepita con crudezza e con poca speranza di redenzione, si riflette nel film, che non propone vie di fuga o consolazioni facili. L’ossessione di comunicare con i morti diventa un percorso oscuro che porta i protagonisti a sfidare i limiti del dolore umano, mettendo in scena un senso di sopraffazione che cattura la scena sin dalle prime immagini.

Reazioni della critica e impatto sui primi spettatori

Le prime proiezioni di bring her back hanno suscitato forti reazioni nel pubblico e nella critica. Molti hanno definito il film come uno degli horror più angoscianti degli ultimi anni, con una narrazione che serve a mostrare il lutto nudo, senza filtri o attenuanti. Le descrizioni delle scene di body horror lasciano capire l’intensità con cui il film affronta il tema della decomposizione e del dolore fisico, coinvolgendo gli spettatori in un’esperienza quasi tangibile.

Le recensioni sottolineano la capacità del film di scuotere anche chi è abituato al genere, con momenti di tensione e paura che non accennano a calare. Alcuni critici hanno accostato bring her back alla forza narrativa di pet sematary, sottolineando la sua capacità di mettere in scena un orrore antico ma rinnovato per il pubblico odierno. Sally Hawkins viene lodata per la trasformazione radicale del suo ruolo, dando volto a una donna capace di dolcezza e malvagità nello stesso tempo.

Il contributo dei fratelli philippou all’horror contemporaneo

I fratelli Philippou dimostrano con questo secondo film di saper cogliere l’essenza di un genere che punta dritto al centro delle emozioni più primitive. Non si tratta solo di spaventare, ma di mostrare quanto il lutto possa stravolgere mentalmente e fisicamente chi lo vive. La regia mantiene una tensione palpabile, un ritmo che tira il fiato solo per riprendere con maggior intensità, fino a lasciare lo spettatore senza respiro.

Bring her back non regala redenzioni o speranze, ma mostra il trauma come un ospite che non se ne va mai del tutto. Il desiderio di riportare indietro qualcuno si rivela una trappola senza scampo, e questo messaggio è trasmesso con immagini che restano impresse. Il film si conferma come uno dei più inquietanti e diretti dell’anno, pronto a segnare profondamente chi deciderà di affrontare questo incubo continnuo.