
L'articolo denuncia la crisi delle sale cinematografiche a Roma, minacciate da una legge regionale che favorisce la loro conversione in spazi commerciali, e sottolinea l'importanza di politiche pubbliche e progetti culturali per preservare questi luoghi come centri di aggregazione sociale e culturale, soprattutto per i giovani. - Unita.tv
L’attenzione sulla crisi del cinema a roma si fa sempre più urgente. Tra chiusure frequenti e proposte legislative, la capitale rischia una perdita irreversibile di spazi dedicati alla cultura e alla socialità. Il quadro non riguarda solo il pubblico, ma coinvolge il ruolo delle istituzioni e dei privati proprietari degli edifici un tempo al servizio dell’arte e della comunità.
L’allarme di mattarella e la legge regionale che potrebbe trasformare le sale chiuse in spazi commerciali
Il presidente mattarella ha più volte richiamato l’importanza di non ridurre il cinema a mero prodotto commerciale, sottolineando il suo valore sociale. A gennaio, l’attore e regista carlo verdone ha evidenziato i rischi di una legge regionale, nota come legge 171, attesa in consiglio l’11 giugno, che permetterebbe la conversione delle sale cinematografiche dismesse in spazi commerciali senza restrizioni. Secondo verdone, questa norma potrebbe far scomparire tutte le sale entro il 2040, provocando un vero e proprio “disastro culturale”. L’emergenza riguarda non solo l’offerta artistica ma la funzione stessa di questi luoghi come punti di aggregazione sociale.
Cinema troisi e il lavoro per educare un nuovo pubblico
La fondazione piccolo america gestisce il cinema troisi, esempio concreto della resistenza culturale a roma. Il presidente valerio carocci parla di un lavoro durato oltre 11 anni per trasformare la sala in un “luogo terzo” tra casa e lavoro, frequentato soprattutto da giovani. Il 70% del pubblico è sotto i 30 anni, e il 60% sotto i 25, segno di un interesse giovanile attivo. Carocci insiste sulla responsabilità di educare i frequentatori a rispettare lo spazio collettivo. Di fronte alle critiche arrivare da martin scorsese sulla maleducazione in sala, carocci ribatte che questo tipo di esperienze, come il cinema in piazza, hanno abituato il pubblico a convivere pacificamente, persino pulendo i rifiuti dopo le proiezioni.
Luca la barbera, responsabile comunicazione del troisi, sottolinea come il brusio in sala rifletta spesso la presenza di un pubblico più giovane e meno abituato a un modello di fruizione tradizionale. Questo cambiamento indica una domanda di spazi inclusivi e vissuti in modo diverso, difficile da assecondare senza un’offerta ampia e variegata.
La legge 171 minaccia le sale e il tessuto urbano
La legge regionale 171 rappresenta una svolta che potrebbe favorire la sparizione delle sale cinematografiche attuali. Valerio carocci spiega come questa norma consenta la demolizione delle sale chiuse da anni o la conversione senza vincoli di destinazione d’uso. Nel contesto urbano, ciò significa alterare gli equilibri tra gli spazi dedicati a vari servizi pubblici e privati. Nel caso di roma, sono circa cinquanta gli edifici inutilizzati con cubature lasciate vuote da anni, in attesa di essere convertite in altro.
La crisi non dipende solo dalla domanda culturale ma anche dalla convenienza economica: molti proprietari preferiscono mantenere gli immobili inutilizzati aspettando che la loro trasformazione in alberghi o centri commerciali generi profitti molto più alti rispetto all’affitto per attività culturali. Questo squilibrio è aggravato dall’assenza di un’azione politica decisa e da una governance che spesso include soggetti coinvolti nelle proprietà e nelle chiusure stesse, bloccando la riapertura degli spazi.
Serve un progetto culturale che superi il profitto immediato
Il rischio maggiore è che l’aumento dei tassi di conversione degli spazi culturali in indirizzi commerciali o abitativi cancelli la presenza di cinema, teatri e aree di socialità. Carocci ritiene che non si possa affidare la futura organizzazione della città solo alle leggi di mercato o agli interessi privati. La città ha bisogno di servizi come scuole, asili, biblioteche e luoghi di aggregazione che contribuiscano al benessere sociale.
Per evitare la perdita di queste funzioni, suggerisce un censimento preciso dei servizi mancanti nei quartieri, studiando come garantire redditività ai proprietari senza sacrificare gli spazi culturali. Le giunte che lasciano le sale sfitte per aspettare una riconversione più redditizia incentivano, di fatto, la chiusura definitiva di questi luoghi.
Esempi europei e l’importanza di politiche pubbliche mirate
A parigi, è stato adottato il modello dei tiers-lieux, spazi ibridi alternativi alla casa e al lavoro, supportati da politiche pubbliche di investimento e semplificazione burocratica. La capitale francese ha istituito regole chiare sul divertimento notturno, riuscendo a mantenere attiva l’offerta culturale in equilibrio con le esigenze dei cittadini.
Per roma, questo rappresenta uno spunto concreto da seguire. La riqualificazione degli spazi abbandonati può dare vita a nuovi servizi urbani, rafforzando i quartieri con offerte culturali e sociali adeguate alle esigenze attuali.
L’intervento politico come chiave per salvare le sale e la cultura urbana
Valerio carocci sottolinea come la politica debba agire per l’interesse collettivo, tutelando gli spazi culturali anziché favorire i proprietari immobiliari. Il degrado e la chiusura di molte sale nasce anche dall’attesa di leggi più permissive, che potrebbero favorire una riconversione totale. Le difficoltà non mancano: il troisi ha provato in più occasioni a trattare con i proprietari per affitti o acquisti, ricevendo spesso risposte basate solo sulla valutazione economica futura.
Se passa l’attuale legge, anche le sale ancora attive potrebbero mantenere chiuse a lungo le porte, in attesa di una eventuale modifica normativa. Il pericolo è che la maggior parte degli spazi culturali di roma scompaia lasciando una minima parte pubblica e qualche iniziativa privata, basata su pochi mecenati.
Cambiare la narrativa sul cinema e la cultura come bene collettivo
Carocci richiama la necessità di uscire da una visione visibilista legata soltanto all’industria cinematografica. Le decisioni urbanistiche e culturali devono coinvolgere sociologi e urbanisti capaci di riconoscere i bisogni di comunità e territori.
Affidare la città a interessi di categoria o solo di mercato significa abbandonare il pubblico, generando un corto circuito tra produzione culturale e fruizione.
Per il troisi, il lavoro di coinvolgimento giovanile e di creazione di un’identità condivisa attorno al cinema è un segno di vita e rilancio. Il legame con i giovani si costruisce quotidianamente con iniziative e spazi aperti, un processo difficile ma necessario per evitare un ulteriore svuotamento di roma dal punto di vista artistico e sociale.