Home Il rifugio atomico, la nuova serie netflix realizzata in un gigantesco bunker di lusso sotterraneo

Il rifugio atomico, la nuova serie netflix realizzata in un gigantesco bunker di lusso sotterraneo

La serie spagnola “Il rifugio atomico”, in arrivo nel 2025, esplora la vita di miliardari in un bunker lussuoso durante una Terza guerra mondiale, affrontando tensioni sociali e psicologiche.

Il_rifugio_atomico%2C_la_nuova_s

Il rifugio atomico è una serie spagnola del 2025 ambientata in un bunker di lusso dove miliardari cercano di sopravvivere a una Terza guerra mondiale, con una scenografia realistica e dettagliata che unisce design anni ’50 e giapponese, esplorando tensioni sociali e psicologiche in un microcosmo sotterraneo. - Unita.tv

La nuova serie spagnola Il rifugio atomico arriva nel 2025 con un’ambientazione che propone una forte dose di realismo e tensione. La storia si svolge in un bunker sotterraneo lussuoso pensato per ospitare un gruppo di miliardari che cercano di sopravvivere a una Terza guerra mondiale. Il progetto è frutto dell’esperienza dei creatori di serie come La casa di carta e Sky Rojo, e si presenta con una scenografia che tocca i 6200 metri quadri, costruita con attenzione ai dettagli e un’estetica che unisce influenze anni ’50 al design giapponese. È stato possibile visitare il set e analizzare da vicino come è stato realizzato questo ambiente complesso e suggestivo.

Dal concept di una guerra globale al microcosmo del bunker di lusso

Il nucleo narrativo de Il rifugio atomico ruota attorno a una immaginaria Terza guerra mondiale e alla scelta fatta da un gruppo di miliardari di costruire un rifugio sotterraneo chiamato Kimera Underground Park. Questo rifugio non è il solito bunker cupo e claustrofobico: la scenografia presenta spazi aperti, giardini zen e alberi veri, elementi che sembrano voler ricreare un ambiente naturale in mezzo al cemento. L’obiettivo è far sembrare che quei pochi fortunati siano riusciti a mettere insieme una mini società, nascosta sotto terra, ma con molte delle comodità di una vita esterna. La storia racconta anche il deterioramento di questo microcosmo e le tensioni interne, a causa di un antico rancore tra due famiglie. Il richiamo a realtà attuali rende la trama ancora più intensa, soprattutto sotto il profilo sociale e psicologico. L’idea, condivisa dagli autori Álex Pina ed Esther Martínez Lobato, è di portare l’attenzione su quanto i privilegi possano trasformarsi in una prigione dorata.

Il lavoro sul set: ricreare un bunker tra lusso e inquietudine

L’aspetto più impressionante della produzione è il set unico, che richiama l’attenzione per le sue dimensioni e la cura nella realizzazione. Gli scenografi hanno lavorato per quasi otto mesi per costruire un’ambientazione che potesse sembrare autentica e al tempo stesso trasmettere la contraddizione di un ambiente sotterraneo, ma confortevole. Spazi come corridoi, giardini, cascate artificiali e addirittura ponti, accompagnano gli attori e le scene in modo continuo. Alcuni ambienti sono stati ricostruiti a partire da set già noti di altre serie Netflix come La casa di carta e Sky Rojo. Ad esempio, la fabbrica della zecca e l’ufficio di Romeo sono stati trasformati per inserirsi nell’architettura del bunker di lusso. L’intera struttura combina elementi in ferro e materiali che rimandano agli anni ’50, con un design che evoca sia la plastica sia l’epoca avanguardistica del dopoguerra, riflettendo anche l’influenza di movimenti europei e giapponesi di quegli anni.

Estetica e funzionalità: un gioco di colori, spazi e architetture

Il direttore artistico Abdón Alcañiz ha curato personalmente ogni dettaglio del progetto, scegliendo una palette ridotta di colori – principalmente due – per enfatizzare le linee architettoniche. Questo stile minimalista gioca con la percezione dello spazio, alternando sensazioni di vuoto e comfort. Un esempio è l’uso del colore arancione e blu che si alternano tra il set fisico e il set virtuale: dove un ambiente ha un colore caldo, l’altro lo riprende in una tonalità fredda per creare profondità diverse. L’uso di elementi mobili e adattabili ha reso possibile ricreare scenari variabili durante le riprese senza modifiche strutturali pesanti. Lo spazio si sviluppa anche in altezza, con quattro livelli e soppalchi, caratterizzati da una struttura non simmetrica che ricorda una spirale. L’architettura tiene conto degli standard di sicurezza richiesti per ambienti di lavoro come questo.

Ambienti di una mini città sotterranea: dal campo da basket alla spa

Il rifugio include un insieme completo di luoghi, pensati per riprodurre una vita quasi normale. Nel bunker c’è un campo da basket, un cocktail bar con pianoforte, un ristorante che serve da mangiare vero ai comparse, una palestra, un’infermeria e una spa con jacuzzi funzionante. Questi spazi aggiungono realismo e aiutano a raccontare la vita dei personaggi, evidenziando il contrasto tra l’opulenza e la natura chiusa del bunker. Perfino l’illuminazione segue un ritmo per simulare il passare del tempo, con luci verdi che indicano il giorno e luci rosse che rappresentano la notte, come nei sottomarini. È stato chiesto se i servizi igienici funzionavano davvero: per sicurezza, quelli venivano usati solo all’occorrenza, ma tutto il resto era perfettamente operativo, contribuendo a un’atmosfera immersiva.

Una produzione che punta alla sostenibilità e al riuso di materiali

La produzione ha dovuto adattarsi a una struttura esistente, lavorando su elementi architettonici preesistenti, mantenendo però ampi spazi liberi per le riprese interne. Il riuso di set di produzioni precedenti ha portato vantaggi economici e pratici. L’attenzione al dettaglio si estende anche ai tessuti e agli arredi: copriletti con texture e colori diversi danno un effetto di variazione continua e gli oggetti d’arredo seguono principi di geometria e proporzione studiati per conferire movimento agli ambienti. L’approccio al design è retro-futuristico e richiama quegli anni in cui l’Europa cercava rifugio e nuove opportunità negli Stati Uniti, ma trasposto in un contesto distopico. La sfida più grande è stata mantenere un equilibrio tra l’ambientazione troppo tecnologica e la natura intima e pulsante del contesto narrativo.

Il rifugio atomico si presenta come un passo avanti nell’uso dello spazio scenografico per raccontare storie che si svolgono in ambienti isolati e complessi. La cura nel creare ambienti vivi, in grado di trasformarsi e adattarsi alle esigenze narrative, farà da cornice a otto episodi dove la tensione e i conflitti interni dovrebbero tenere lo spettatore con il fiato sospeso. Il progetto spagnolo conferma l’attenzione crescente verso produzioni seriali capaci di coniugare dimensioni fisiche robuste e storie dense di significato.