Bruce Springsteen torna a calcare il palco di San Siro con due concerti attesi, dopo lo stop dovuto a problemi di salute. Un critico musicale, che non aveva mai assistito a un live del Boss in oltre trent’anni di carriera, racconta l’attesa e le emozioni legate al suo debutto dal vivo davanti al pubblico milanese.
Un rapporto lungo venticinque anni con bruce springsteen
Il racconto comincia da lontano, esattamente venticinque anni fa. Nel 2000 l’autore aveva appena iniziato a scrivere per la rivista GenteViaggi e propose una sfida insolita: un coast to coast negli Stati Uniti sulle tracce di Bruce Springsteen insieme alla cantautrice Cristina Donà. All’epoca la passione per il Boss non era ancora sbocciata davvero; anzi, c’era persino qualche pregiudizio legato all’immagine pubblica dell’artista americano.
L’occasione però fu quella giusta per approfondire la discografia e capire meglio chi fosse davvero quel musicista spesso frainteso come nazionalista. Il doppio album “The River”, uscito vent’anni prima nel 1980, divenne il filo conduttore del viaggio tra città come Newark, New York, Philadelphia e Chicago fino alla California. Da quell’esperienza nacque un reportage su GenteViaggi e poi un libro fondamentale intitolato “God Less America”, accompagnato da un video artistico curato proprio da Cristina Donà.
Quel viaggio rappresentò anche una svolta personale nella carriera dell’autore: abbandonò progressivamente la narrativa pura per dedicarsi sempre più ai reportage musicali e culturali. Nel tempo ha scritto decine di libri tra cui biografie musicali mentre i suoi rapporti con Springsteen si trasformavano in una simpatia crescente accompagnata dalla consapevolezza della complessità artistica del Boss.
Prepararsi al concerto senza esagerare: uno sguardo alle radici culturali
Il giorno stesso del concerto lo scrittore sceglie una preparazione insolita: invece delle canzoni del Boss decide di guardare “Tintoria”, programma televisivo che ospita Paolo Nori uno scrittore emiliano noto per umorismo fuori dagli schemi. Questa scelta riflette bene l’approccio personale all’esperienza live che sta per vivere: niente overdose musicale ma piuttosto calma interiore prima dello show.
Paolo Nori è stato compagno ideale in questo percorso perché ha condiviso con lui momenti importanti della propria carriera letteraria fin dagli anni Novanta; entrambi hanno pubblicato libri quasi contemporaneamente presso DeriveApprodi ed entrambi hanno attraversato esperienze particolari come incidenti o presentazioni singolari nei circuiti culturali italiani.
Questa parentesi serve anche ad anticipare quanto sarà diverso il racconto dal classico resoconto tecnico o cronachistico tipico dei concerti rock; qui c’è molto più spazio alle emozioni personali intrecciate alla storia professionale dell’autore.
San siro pieno durante due serate roventi nell’estate milanese
San Siro accoglie Bruce Springsteen in due date molto attese nel caldo afoso dell’estate 2025 dopo lo stop forzato causato dalla malattia dell’artista l’anno precedente. Nonostante le difficoltà fisiche recenti – Little Steven è reduce da un intervento chirurgico – tutta la E-Street Band è sul palco pronta a dare spettacolo davanti a migliaia di spettatori entusiasti già dalle prime ore serali.
L’età media del pubblico appare elevata rispetto ad altri eventi simili ma questo non riduce certo l’entusiasmo né la partecipazione collettiva durante le oltre tre ore piene d’intensità rock ed emotività vissute sotto le luci dello stadio milanese. Lo show parte puntuale alle venti in punto così tutti possono tornare comodamente casa grazie ai mezzi pubblici disponibili fino a tardi.
La scaletta varia rispetto alla data precedente mostrando quanta libertà abbia Springsteen nell’adattare i suoi pezzi senza dover ricorrere ad artificiosi effetti visivi o scenografici complessi; qui conta solo la musica suonata dal vivo insieme alla connessione diretta col pubblico presente sotto gli spalti gremiti fino all’inverosimile anche se siamo nel mezzo della settimana lavorativa.
Uno spettacolo carico di energia tra politica sentimentale ed empatia collettiva
Le tre ore trascorse sul palco vedono alternarsi momenti intensissimi dove energia pura si mescola con pause cariche d’emozione profonda attraverso canzoni iconiche come Born to Run o Thunder Road ma anche brani meno notissimi scelti appositamente per rinnovare ogni volta l’esperienza live senza ripetersi mai uguale allo show precedente.
Springsteen scende spesso vicino alle transenne abbraccia fan condividendo microfono creando continui bagni di folla capacissimi coinvolgere ogni spettatore nella festa corale del rock’n’roll autentico.
I discorsi fatti tra i pezzi sono altrettanto significativi perché ribadiscono valori inclusivi distanziandosi apertamente dall’eredità divisiva lasciata dall’amministrazione Trump negli Stati Uniti.
Nel maxi schermo compare infatti spesso sottotitolata una frase memorabile tratta da James Baldwin che riassume bene lo spirito dello spettacolo: “In questo mondo non c’è tutto il senso d’umanità che si vorrebbe esistesse ma ce n’è abbastanza”.
Questa citazione diventa manifesto politico oltreché momento poetico capace far vibrare platea e musicisti nello stesso tempo dando forma concreta al sogno collettivo evocato dalla musica stessa.
Un evento unico dove passato personale storie incrociate cultura popolare americana convergono dentro uno stadio italiano diventando luogo simbolo capace riunire speranze diverse intorno all’immenso repertorio firmato Bruce Springsteen.