
"Il cuore lo sa" è un melodramma argentino disponibile su Netflix, che racconta la storia di un uomo che riceve il cuore di un donatore e cambia vita, ma resta ancorato a cliché e personaggi stereotipati, senza offrire novità né emozioni profonde. - Unita.tv
Il cinema popolare ha da sempre tratto storie melodrammatiche sfruttando situazioni al limite del reale per raccontare vicende sentimentali fuori dalla norma quotidiana. Tra queste, il tema del cuore che passa da una persona deceduta a un’altra rappresenta un topos ricorrente. Il film argentino “Il cuore lo sa”, recentemente aggiunto al catalogo Netflix, si muove proprio su questa trama consolidata, senza scostarsi dai cliché del genere. Questo titolo propone la classica storia d’amore commossa e facile da leggere, rivolta a un pubblico largamente interessato a racconti semplici, con elementi prevedibili e un’atmosfera sospesa tra tenerezza e realismo forzato.
Trama e sviluppo della storia
“Il cuore lo sa” segue la vicenda di Juan Manuel, imprenditore ricco e di successo nel campo delle costruzioni, che durante una partita di tennis ha un malore e viene scoperto con problemi cardiaci gravi, tanto da comparire in lista per un trapianto. La sua vita apparteneva a un ambiente di lusso, distante anni luce da quello popolare di El Progreso, quartiere dove vive Pedro, un motociclista appassionato, marito e padre di famiglia. Un incidente grave lascia Pedro in stato di coma, e la moglie Vale, dopo un doloroso consenso, autorizza la donazione del cuore per un ricevente compatibile.
Il cambiamento di Juan Manuel
Nella stessa notte, Juan riceve il cuore di Pedro e da quel momento qualcosa cambia in lui: abbandona l’arroganza e si interessa alla comunità di El Progreso, frequentando Vale e scoprendo un mondo da sempre distante dalla sua esperienza. Questa svolta segna l’inizio di un percorso dove Juan si confronta con le tradizioni popolari, le difficoltà sociali e l’amore. Da qui si dipanano intrecci sentimentali e conflitti morali, che muovono la trama verso una love story classica, in cui si mescolano riscatto personale e senso di appartenenza.
Personaggi e interpretazioni
Il film punta molto sui protagonisti, ma ne risente. Juan Manuel e Vale, rispettivamente interpretati da Benjamín Vicuña e Julieta Díaz, non mostrano la chimica necessaria per rendere credibile l’intensità richiesta dalla relazione nascenti tra loro. Il ritratto di Juan che cambia dopo il trapianto appare piatto, privo di sfumature. Anche i personaggi secondari risultano stereotipati: si trovano figure che sembrano uscite da un manuale delle fiction sentimentali, dal “villain” locale al “cretino” buffo del quartiere, senza alcuna profondità. Il cast quasi procede in automatico, privando gran parte delle scene di coinvolgimento emotivo.
Non a caso, anche i momenti di possibile tensione o suspense restano irrisolti, come la breve sparizione del figlio di Vale, risolta rapidamente senza imprimere pathos. Gli intrighi derivanti dai colleghi e familiari di Juan che vorrebbero riportarlo alla vecchia vita di uomo d’affari egoista si trasformano in spunti troppo prevedibili e poco sfruttati. La scrittura appare blanda nel definire caratteri e motivazioni, e chi guarda fatica a provare empatia o interesse reale verso le scelte dei protagonisti.
Stereotipi del cast
I personaggi secondari e le dinamiche narrative sembrano seguire una linea molto elementare che poco coinvolge e ancora meno sorprende.
Regia e stile narrativo
La regia di Marcos Carnevale, che ha già lavorato su tematiche simili con precedenti film come “Corazón de León” del 2013 e “Corazón loco” del 2020, si presenta con uno stile piatto e poco incisivo. La regia sembra limitarsi a condensare in novanta minuti una telenovela tradizionale, senza tentativi innovativi o scelte stilistiche particolari. Carnevale firma anche la sceneggiatura, fatto che avrebbe potuto incidere positivamente, ma invece conferma l’impostazione convenzionale della storia.
Il risultato è un racconto senza sorprese, che rispetta rigorosamente le formule narrative del melodramma romantico televisivo, con momenti costruiti a misura di pubblico che cerca conforto e semplicità. La mancanza di autenticità e freschezza impedisce di superare la sensazione di avere davanti una versione aggiornata e riproposta di un vecchio schema narrativo, con tutta la prevedibilità che questo comporta.
“Il cuore lo sa” si inserisce così in un filone narrativo che da anni prolifica sul grande schermo e sulle piattaforme di streaming, senza però riuscire a dare una svolta o a trovare un nuovo modo di raccontare storie di trapianti e rinascite sentimentali. A quasi novant’anni dai primi melodrammi, questa pellicola continua a percorrere un sentiero già battuto, affidandosi a topoi e personaggi che non convincono né emozionano.