Il 2025 rappresenta un momento di bilanci culturali e artistici, ideale per ripensare i capolavori che hanno segnato l’inizio del nostro secolo. Dopo la classifica dei cento libri più influenti dal 2000 pubblicata dal New York Times nell’estate del 2024, ora arriva anche la lista dei cento film più importanti. Questa selezione mette in luce non solo le produzioni americane ma anche opere internazionali che hanno lasciato un segno profondo nella storia recente del cinema. Al vertice della classifica spicca Parasite di Bong Joon-ho, un titolo sudcoreano che ha conquistato pubblico e critica a livello globale.
Il predominio americano nella top 10 dei migliori film
La presenza americana domina buona parte della classifica stilata dal New York Times, soprattutto perché a votare sono stati oltre cinquecento professionisti legati principalmente all’industria hollywoodiana. Tra questi figurano nomi noti come Julianne Moore, Guillermo del Toro e Sofia Coppola. La top ten comprende titoli ormai riconosciuti come pietre miliari: Moonlight si posiziona al quinto posto con la sua intensa narrazione sull’identità e l’appartenenza; Non è un paese per vecchi al sesto con il suo ritratto crudo della violenza; Scappa – Get Out all’ottavo posto per aver rinnovato il genere thriller-horror con temi sociali; The Social Network decimo per aver raccontato la nascita di Facebook in modo incisivo.
Questi film non solo hanno riscosso successo commerciale ma sono diventati punti di riferimento nel racconto delle tensioni sociali contemporanee attraverso linguaggi cinematografici innovativi o profondamente emotivi. L’interesse verso queste pellicole riflette una società americana che si interroga sulle proprie contraddizioni interne mentre esporta modelli culturali nel mondo.
Capolavori asiatici tra tradizione e modernità
Oltre ai titoli americani emergono due grandi opere asiatiche: In the Mood for Love di Wong Kar-wai e La città incantata di Hayao Miyazaki . Entrambi i film sono entrati nell’immaginario collettivo globale grazie alla loro capacità unica di fondere estetica raffinata con storie universali.
Wong Kar-wai ha raccontato con delicatezza struggente passioni nascoste in una Hong Kong degli anni ’60, mentre Miyazaki ha dato vita a un mondo fantastico animato da valori ecologici ed esistenziali profondamente radicati nella cultura giapponese. Queste opere dimostrano come il cinema asiatico abbia saputo superare barriere linguistiche e culturali mantenendo intatta la propria identità artistica.
Altri titoli fuori dagli Stati Uniti presenti tra i primi dieci sono Il petroliere di Paul Thomas Anderson , che indaga le dinamiche economiche statunitensi attraverso uno sguardo critico sul capitalismo selvaggio; Mulholland Drive firmato da David Lynch, esempio massimo della sperimentazione narrativa nel cinema contemporaneo.
Parasitic: quando un film coreano conquista hollywood
Parasite ha rivoluzionato molte certezze quando nel 2019 è stato premiato agli Oscar con quattro statuette principali: miglior regia, sceneggiatura originale, miglior film internazionale e miglior film assoluto. Per la prima volta Hollywood ha riconosciuto come migliore pellicola dell’anno una produzione straniera parlata interamente in coreano.
Il successo è iniziato al Festival di Cannes dove Parasite vinse la Palma d’Oro ed è proseguito nei mesi successivi grazie a passaparola entusiasti che lo hanno portato ad attirare oltre trenta milioni di spettatori in tutto il mondo. Il racconto mescola dramma sociale a thriller satirico mettendo sotto accusa le disuguaglianze profonde della Corea del Sud ma anche quelle globali legate alla divisione fra ricchi privilegiati e povera gente costretta ai margini.
L’opera riesce ad essere sofisticata senza risultare incomprensibile: chiunque può seguire le vicende delle famiglie Kim e Park senza conoscere nulla né dell’autore né delle specificità culturali coreane. Questo equilibrio fra complessità narrativa ed accessibilità contribuisce alla sua diffusione planetaria.
Disuguaglianze sociali viste attraverso lo schermo
Parasite racconta molto più che semplicemente uno scontro fra due famiglie su piani economici opposti: esplora tensioni latenti nelle società moderne dove ricchezza estrema convive accanto a povertà estrema generando conflitti sotterranei destinati ad esplodere improvvisamente.
La villa lussosissima degli Park diventa teatro d’inganni continui orchestrati dai Kim abitanti sottoterra in condizioni precarie ma pieni d’ingegno per risalire nella scala sociale. In questo intreccio carico suspense emerge una critica feroce alle conseguenze devastanti del neoliberismo su vite reali spesso invisibili agli occhi dei privilegiati. Questa tematica universale fa sì che Parasite rifletta realtà diverse dalla Corea stessa fino all’Europa o gli Stati Uniti attuali segnati da crisi economiche crescenti disparità sociali sempre più marcate.
Nel contesto geopolitico odierno, caratterizzato da guerre commerciali, instabilità climatica ed emergenze umanitarie, questo tipo di narrazione assume peso significativo. Parasite non si limita dunque ad intrattenere ma solleva interrogativi urgenti sulle condizioni materiali cui siamo tutti sottoposti, rendendolo uno degli esempi più rilevanti prodotti dall’arte cinematografica negli ultimi anni.
Le parole scelte dal New York Times ricordano infatti “un racconto su chi possiede cosa, e una dura condanna contro gli effetti distruttivi dell’attuale sistema economico”. Un segnale forte sulla funzione sociale assunta oggi dal cinema.