Da settant’anni, i David di Donatello rappresentano il premio più rilevante per il cinema italiano, testimoniando le trasformazioni della produzione cinematografica nazionale e le preferenze di critica e pubblico. Nati nel 1955, hanno attraversato decenni segnati da grandi autori, storie di cinema e cambiamenti culturali. Ogni edizione racconta un momento storico del cinema italiano, svelando protagonisti e nuove tendenze.
I primi dieci anni: l’età d’oro del cinema italiano tra fellini, loren e de sica
Il periodo che va dal 1956 al 1965 rappresenta il primo grande ciclo dei David di Donatello, sviluppatosi in concomitanza con l’apice del cinema italiano a livello internazionale. Registi come Federico Fellini vennero premiati più volte: ad esempio per Le notti di cabiria nel 1957 e La dolce vita nel 1960, film che hanno segnato profondamente la storia della settima arte. Fellini, nonostante la fama, non ricevette premi per capolavori come 8½, lasciando intravedere come i riconoscimenti fossero anche legati a fattori diversi dalla sola qualità artistica.
Altri nomi illustri accreditati in questo decennio sono Michelangelo Antonioni, premiato per La notte, e Vittorio De Sica, al centro con due David per I sequestrati di Altona e Matrimonio all’italiana. Tra gli attori e attrici collezionarono premi Sophia Loren, Vittorio Gassman, Anna Magnani, Gina Lollobrigida, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni, figure che identificano davvero l’epoca d’oro del cinema nazionale.
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Le origini dei david di donatello e la prima cerimonia
Il 1955 segna la nascita ufficiale dei David di Donatello, voluti dal Comitato per l’Arte e la Cultura e dal Circolo Internazionale del Cinema con l’intento di riconoscere le produzioni italiane durante il boom economico. A quel tempo, la commedia all’italiana acquistava grande diffusione, e serviva un premio che potesse fare da contraltare ai Nastri d’Argento, istituiti nel 1946 dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani. La prima cerimonia si tenne il 5 luglio 1956 a Roma, e collegava fin da subito la ricompensa a grandi nomi come Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, confermando subito un legame stretto con il mondo delle star nazionali.
In questi anni iniziali la struttura del premio era più essenziale. Non c’era ancora una categoria per il miglior film, ma ai David venivano dati riconoscimenti importanti per regia, interpretazioni e produzione. L’istituzione di un premio specifico per il cinema italiano serviva anche a valorizzare un settore che stava vivendo una forte espansione, tra nuovi generi e un pubblico sempre più vasto, segnando un momento di svolta nella cultura dell’intrattenimento.
I cambiamenti negli anni Settanta: nuovi registi e l’introduzione della categoria miglior film
Gli anni dal 1966 al 1975 portarono una svolta organizzativa ai David di Donatello, con l’introduzione nel 1970 della categoria miglior film. Questa decisione segna l’interesse a valorizzare l’opera nel suo complesso, non solo singole componenti artistiche. Altre novità si registrano nel diffuso ricorso agli ex aequo, con almeno due vincitori per categoria e addirittura tre film premiati a pari merito nel 1971.
Il decennio premia ancora nomi celebri, come Vittorio De Sica con Il giardino dei Finzi Contini, Dino Risi e Federico Fellini, quest’ultimo autore di Amarcord, che conquista miglior film e regia nel 1974. Accanto a questi maestri emergono registi come Elio Petri, con titoli imponenti quali Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso, e Bernardo Bertolucci con Il conformista. La commedia all’italiana continua a mantenere grande rilievo con Alberto Sordi, Monica Vitti e Nino Manfredi che risultano spesso premiati.
Inoltre, il decennio vede una riscoperta tardiva di Luchino Visconti, premiato ben quattro volte per opere come Morte a Venezia e Ludwig. Il clima creativo degli anni Settanta sposta lo sguardo dai soli classici verso nuove espressioni e temi di impegno, con la varietà stilistica e tematica che riflette la società italiana in trasformazione.
La commedia all’italiana e i nuovi volti tra il 1976 e il 1985
L’ultima parte degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta mettono in luce una fase di passaggio. Francesco Rosi si distingue con molte statuette per i suoi film a sfondo sociale e politico, come Cadaveri eccellenti e Cristo si è fermato a Eboli. Nel 1981, finalmente, il premio inaugura il sistema delle nomination e introduce premi tecnici, modificando la struttura e avvicinandosi agli standard internazionali.
La commedia all’italiana resta protagonista, ma convivendo con l’affiorare di nuovi talenti quali Massimo Troisi e Carlo Verdone, attori e registi capaci di proporre forme più personali di comicità. Questa generazione conquista premi importanti fin dal loro esordio, segnando un tassello nella rinascita del cinema italiano. Attrici come Mariangela Melato e Monica Vitti raccolgono più volte riconoscimenti. Il periodo resta quindi vivace, con un mix tra la tradizione consolidata e il tentativo di rinnovarsi.
Proprio dai David emerge come la commedia sia ancora un genere trainante, anche se accompagnata da opere drammatiche e a volte sperimentali. All’interno del sistema dei premi cresce una maggiore complessità nelle categorie, testimoniando una finestra più ampia sulle diverse professionalità del cinema.
Il passaggio generazionale tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta
La seconda metà degli anni Ottanta registra un ampliamento delle categorie e un aumento delle vittorie per singolo film. Nel 1986 Speriamo che sia femmina di Monicelli riceve sette David, mentre nell’anno seguente La famiglia di Ettore Scola ottiene sei statuette, segnando il successo di due maestri della settima arte anche sotto il profilo dei premi.
Bernardo Bertolucci stabilisce un record nel 1988 con nove David per L’ultimo imperatore, meta seguita da Ermanno Olmi che due anni dopo vince con La leggenda del santo bevitore. Nel frattempo, nuove leve cominciano a farsi strada. Gianni Amelio e Gabriele Salvatores segnalano la tendenza verso registi più giovani e differenti generi, compresa la commedia. Francesca Archibugi diventa la prima donna a vincere il David per miglior film, un passo importante per la presenza femminile dietro la cinepresa.
Nel 1994 spicca il nome di Nanni Moretti, consacrato con Caro diario, pellicola autobiografica cara alla critica e al pubblico. L’anno successivo conferma il ruolo trainante di giovani registi con Luchetti e Martone inseriti tra i premiati maggiori. Gli anni Novanta così si aprono con un forte ricambio generazionale che rispecchia un cinema più aperto e variegato.
Tra fine Novecento e primi Duemila: riconoscimenti per virzì, tornatore e benigni
I registi emersi dagli anni Ottanta e Novanta mantengono il loro ruolo negli anni che chiudono il secolo. Paolo Virzì viene premiato nel 1996 per Ferie d’agosto, mentre Giuseppe Tornatore ottiene due David come miglior regista alla fine degli anni Novanta. Tra i momenti più significativi si colloca La vita è bella di Roberto Benigni, che nel 1998 fa incetta di premi e ottiene attenzione globale, confermata poi da tre Oscar.
Anche la commedia romantica trova spazio con Pane e tulipani di Silvio Soldini, premiata nel 2000, e successivamente con Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi. Nanni Moretti presenta La stanza del figlio, riconosciuto nel 2001, mentre La meglio di gioventù di Marco Tullio Giordana conquista il pubblico e i David nel 2003, segnando l’incontro tra cinema e struttura televisiva.
Nel nuovo millennio emergono anche registi al debutto come Gabriele Muccino con L’ultimo bacio e Ferzan Ozpetek con La finestra di fronte, mentre Paolo Sorrentino inizia la sua ascesa vincendo già nel 2005 per Le conseguenze dell’amore, con Toni Servillo interprete principale. Il decennio è caratterizzato da un equilibrio tra grandi maestri e volti freschi.
Gli anni 2006-2015 tra conferme e nuovi protagonisti
Nel periodo 2006-2015 le scelte dei David sembrano privilegiare figure già affermate. Nanni Moretti vince sei premi nel 2006 con Il caimano, mentre Tornatore ottiene doppiette con La sconosciuta e La migliore offerta. Tra gli interpreti, spiccano Margherita Buy, Valeria Bruni Tedeschi, Valerio Mastandrea ed Elio Germano.
Toni Servillo diviene un volto ricorrente, con premi per il ruolo nel giallo La ragazza del lago e per la sua interpretazione di Giulio Andreotti in Il Divo di Paolo Sorrentino. La grande bellezza , ancora con Servillo e diretta da Sorrentino, vince nove David e un Oscar internazionale, anche se a miglior film prevale Il capitale umano di Paolo Virzì.
Matteo Garrone si impone con Gomorra, giungendo a sette David nel 2009, mentre altri titoli di spessore come L’uomo che verrà, Vincere, Noi credevamo e Anime nere vengono premiati, anche se con una minore esposizione mediatica. In questa fase la qualità del cinema italiano si mantiene alta, con un’attenzione particolare ad autori sia affermati che emergenti.
Il presente e il futuro tra conferme, novità e sfide
Nel decennio più recente, i David di Donatello vedono ancora la prevalenza di registi come Matteo Garrone, che vince nel 2016 con Il racconto dei racconti, nel 2019 con Dogman, e nel 2024 con Io capitano, film sui migranti molto apprezzato. Altri registi abituali del premio sono Paolo Virzì, con La pazza gioia, e Giorgio Diritti, il cui Volevo nascondermi garantisce a Elio Germano la quarta vittoria personale.
Paolo Sorrentino, trionfatore nel 2022 con È stata la mano di Dio, si conferma una figura centrale, così come Marco Bellocchio che dal 2020 con Il traditore e nel 2023 con Esterno notte raccoglie premi significativi. Questo periodo registra la presenza anche di pellicole meno convenzionali, come la commedia Perfetti sconosciuti e il cinecomic Lo chiamavano Jeeg Robot, che indicano una maggiore diversificazione.
Con l’edizione 2025 all’orizzonte, la domanda su chi raccoglierà l’eredità dei grandi maestri tiene viva l’attenzione su nuovi autori e tendenze. I David di Donatello mantengono un ruolo di testimoni del cinema italiano, anche se in un contesto di cambiamenti nel modo di raccontare e distribuire storie, continuo punto di osservazione per capire chi segnerà il futuro della cinematografia nazionale.