Lo squalo compie cinquant’anni, un traguardo che pochi film possono vantare con la stessa forza. Federico Gironi si è messo davanti al televisore per rivedere questo classico, affrontando con occhi nuovi uno dei più grandi successi di Steven Spielberg. La visione non è stata solo un semplice tuffo nel passato, ma un confronto serrato con le emozioni e i dettagli che hanno reso il film unico.
Una serata davanti allo schermo tra silenzi e voci immaginarie
Federico Gironi si trova sul divano in una stanza buia, illuminata solo dalla luce tremolante del televisore acceso. Il rumore costante di un ventilatore riempie l’ambiente come il rombo lontano di uno Spitfire durante la Seconda guerra mondiale. All’improvviso una voce immaginaria interrompe quel silenzio: “Gironi cosa fa?” Inizia così un dialogo ironico tra lui e questa presenza invisibile che gli rimprovera di essersi accorto troppo tardi dell’anniversario del film.
La conversazione mette subito in luce il rapporto personale che Gironi ha con Lo squalo: da spettatore appassionato a critico autoironico, passando per la nostalgia del trauma infantile legato alla paura dello squalo in piscina o al mare. Le battute pungenti della voce interna mettono a nudo anche alcune verità note a tutti gli appassionati: il fatto che Spielberg fosse molto giovane quando girò questo capolavoro o come dietro le quinte ci sia stata una lavorazione difficile.
L’interlocutore invisibile incalza chiedendo cosa Gironi possa ancora dire su Lo squalo dopo decenni e migliaia di analisi già fatte. La risposta è semplice ma sincera: non molto dal punto di vista tecnico o storico; però c’è qualcosa nell’esperienza emotiva personale ancora intatto dopo tanti anni.
Lo sviluppo del mito lo squalo tra cinema d’avventura ed emozioni forti
Il momento cruciale arriva quando Brody, Hooper e Quint salpano per affrontare la bestia marina; qui cambia la percezione della pellicola trasformandosi quasi in una versione cinematografica moderna di Moby Dick. Il parallelismo letterario emerge chiaro ma senza pretese accademiche: piuttosto come riferimento per dare peso alla narrazione.
Gironi racconta poi l’ironia sottile disseminata nel film. Da piccoli dettagli come la giacca ancorata indossata dal sindaco alle scene divertenti dei bambini con le pinne finte fino al famoso “you’re gonna need a bigger boat”, frase ormai entrata nella storia del cinema ma volutamente ambigua se vista sotto certi aspetti comici.
Questa miscela rende Lo squalo non solo spaventoso ma anche godibile sotto molteplici punti di vista; sono elementi capaci ancora oggi tenere alta l’attenzione degli spettatori pur essendo passati cinquant’anni dall’uscita nelle sale.
I personaggi principali dietro all’incubo marino
La forza narrativa passa anche attraverso i suoi protagonisti ben delineati nei loro ruoli emblematici. Martin Brody rappresenta l’uomo comune alle prese con paure profonde , mentre Hooper incarna uno scienziato giovane e privilegiato pronto ad affrontare rischi nuovi col suo approccio razionale.
Quint invece appare come figura quasi caricaturale del pescatore rude e abituato ai rischi estremi; paradossalmente però mantiene sempre quell’aura tragica che rende memorabile ogni sua parola soprattutto durante il racconto sulla USS Indianapolis scritto da John Milius stesso.
Questi caratteri formano un triangolo umano vivo dentro quella tensione crescente verso lo scontro finale col mostro marino rendendo ogni scena piena d’intensità reale oltre all’effetto spettacolare visivo dello squalo gigante nascosto sotto le onde.
Immagini indelebili scolpite nella memoria collettiva
Lo Squalo ha costruito tante immagini diventate iconiche negli anni grazie alla regia attenta ed efficace giocando su luci ombre angolazioni insolite della macchina da presa capacissime evocare sensazioni intense negli spettatori. Sono fotogrammi impressivi quelli scelti da Gironi durante la sua rivisitazione: dalla ragazza sulla spiaggia prima della tragedia alle scene notturne dove gli abissi sembrano inghiottire tutto intorno; dalle scritte “shark attack” battute nervosamente sul vecchio dattiloscritto fino agli attimi più drammaticamente vibranti come quello finale dove Brody esplode lo squalo fra spruzzi rossi intensissimi richiamando metaforicamente quel sangue versato lungo tutta la vicenda.
Ogni singolo dettaglio contribuisce a mantenere viva quella tensione perfetta fra terrore puro ed avventura mozzafiato, quella combinazione rara capace trasformare semplicemente delle immagini in ricordi indelebili condivisi generazione dopo generazione.
Le parole finali pronunciate da Gironi sintetizzano bene ciò: Lo Squalo resta uno spettacolo cinematografico intramontabile, capace ancora oggi emozionare tanto chi vi si avvicina magari per curiosità quanto chi ne custodisce gelosamente ricordi personali fortemente legati a quelle sequenze.