Il nuovo film di Chloé Zhao, “Hamnet”, atteso come evento cinematografico di rilievo, ha subito un brusco stop alla Mostra del Cinema di Venezia. Il progetto, tratto dal romanzo di Maggie O’Farrell e con un cast formato da Paul Mescal, Jessie Buckley e Joe Alwyn, affronta la drammatica storia della famiglia Shakespeare. Le prime proiezioni di prova, tuttavia, non hanno raccolto consensi e hanno influenzato la scelta del festival di escluderlo dal programma ufficiale. Ecco i dettagli sulle critiche ricevute e sul percorso del film.
Le prime proiezioni di prova di Hamnet: reazioni e critiche al film
Le anteprime di “Hamnet” hanno sollevato dubbi e reazioni contrastanti tra i partecipanti. Alcuni spettatori hanno descritto il film come “una pornografia della miseria”, riferendosi a un tono cupo che risulta quasi soffocante. La narrazione è stata giudicata priva di direzione precisa, con momenti che sembrano dilatati senza scopi narrativi chiari. Le interpretazioni di Paul Mescal e Jessie Buckley sono state riconosciute come intense, ma non sufficienti a compensare una sceneggiatura che non convince appieno, firmata dalla stessa Zhao.
Molti spettatori hanno criticato il ritmo lento e l’assenza di empatia che il film suscita, trovando difficile entrare in sintonia con i personaggi. La regia è stata rapportata a uno stile distaccato, con scelte estetiche che evidenziano una certa freddezza. L’impressione generale è quella di un’opera che fatica a coinvolgere, concentrandosi su un realismo rigoroso che può risultare alienante per chi guarda.
Questa accoglienza tiepida è stata determinante per l’esclusione del film da Venezia, evento da sempre attento a proporre titoli che suscitino un interesse forte fin dalle prime prove. Le fonti interne alla produzione confermano che le risposte negative hanno indotto alla decisione di spostare la première a un altro festival.
La storia dietro Hamnet: un dramma familiare nella England Elisabettiana
“Hamnet” si concentra sulla figura di Agnes, moglie di William Shakespeare, e sul suo dolore per la perdita del giovane figlio Hamnet. Il film rinuncia a mettere al centro la fama dello scrittore, che resta un personaggio marginale definito principalmente “tutor di latino”. Questa scelta narrativa sposta l’attenzione dalla biografia pubblica di Shakespeare a un’intimità privata, esplorata con toni cupi e meditativi.
Il racconto si snoda in un’Inghilterra del 1580, dove la morte precoce del bambino segna profondamente la protagonista. Molti critici considerano la focalizzazione sulla sofferenza di Agnes una scelta estrema, che rischia di trasformare la pellicola in un lungo esercizio stilistico senza sviluppare una vera empatia. L’assenza di dinamiche più ampie e relazioni più articolate con altri personaggi rende il film monodimensionale.
Questa tensione tra la volontà di raccontare un dolore intimo e la difficoltà di coinvolgere emotivamente lo spettatore ha diviso le opinioni. Chi ha seguito la trama ha trovato rarefatto il contatto con la vicenda e ha segnalato una sensazione di freddo distacco lungo tutto il lungometraggio.
Scelte stilistiche e casting: una regia autoriale sotto accusa
Chloé Zhao ha privilegiato un taglio molto personale e autoriale, con una regia che predilige inquadrature statiche, campi larghi dall’alto e primi piani estremi. Questo approccio punta a enfatizzare dettagli come le espressioni e la materia dei visi, ma ha ricevuto critiche per la sua rigidità e per una sensazione di distanza che rimane tra lo spettatore e i personaggi.
Un commento ironico raccolto in sala ha sottolineato come il pubblico conosca quasi “ogni lentiggine del volto di Jessie Buckley” senza riuscire a percepire una vicinanza emotiva. Questa tecnica visiva, piuttosto drastica, divide i giudizi e impedisce una piena immersione nell’atmosfera della pellicola.
Anche il casting ha suscitato punti interrogativi. Paul Mescal e Jessie Buckley hanno convinto in grandi come interpreti, ma la scelta del giovane attore per il ruolo di Hamnet è stata considerata un errore. Joe Alwyn, ancora con un ruolo secondario, è stato ritenuto poco incisivo e privo di carisma. Questi fattori hanno limitato ulteriormente l’appeal del film, soprattutto in un contesto drammatico così compatto e delicato.
Dal romanzo di Maggie O’Farrell al set: produzione e aspettative
Prodotto da Focus Features, “Hamnet” adatta per lo schermo il romanzo di Maggie O’Farrell, un libro che racconta con intensità il dramma familiare di Shakespeare. Inizialmente sviluppato da Sam Mendes, il progetto è passato alla regia di Zhao, premio Oscar per “Nomadland”. La fotografia affidata a Łukasz Żal, due volte candidato agli Oscar, punta a valorizzare la sobrietà e le atmosfere cupe del racconto.
Nonostante il pedigree del team creativo coinvolto e le aspettative elevate dopo il successo di “Nomadland”, “Hamnet” si confronta con un momento difficile. Dopo il passo falso di “Eternals” di Zhao, il film affronta una sfida importante. La reazione del pubblico di prova, che ne ha limitato la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia, evidenzia una fase di riflessione sui risultati artistici ottenuti finora.
La decisione di presentare il film in un importante festival come Toronto dimostra che la produzione cerca canali alternativi per rilanciare l’opera e ottenere un’accoglienza migliore. “Hamnet” rappresenta per Zhao un tentativo di raccontare storie complesse fuori dai canoni mainstream, ma per ora si scontra con difficoltà sia artistiche che di gradimento.
Ultimo aggiornamento il 25 Luglio 2025 da Rosanna Ricci