Guy ritchie e fountain of youth: tra avventura e una produzione altalenante
Guy Ritchie tenta un cambio di genere con “Fountain of Youth”, ma il film, pur ricco di misteri e avventure, soffre per una narrazione discontinua e personaggi poco sviluppati.

Guy Ritchie si cimenta con un'avventura archeologica in "Fountain of Youth", ma nonostante il cast di rilievo e le suggestive ambientazioni, il film risulta narrativamente disomogeneo e meno coinvolgente del previsto. - Unita.tv
Ultimamente, Guy Ritchie ha intensificato la sua attività cinematografica, conquistando anche il piccolo schermo con diversi progetti. Il suo nuovo film, fountain of youth – l’eterna giovinezza, segna un tentativo di affrontare un genere nuovo rispetto ai consueti crime movie e war movie. La pellicola vuole portare lo spettatore in un’avventura all’insegna del mistero e dell’archeologia, ispirandosi a titoli cult del passato, ma il risultato appare più discontinuo e meno coinvolgente del previsto.
Guy ritchie tra ritmi serrati e nuovi approcci
Guy Ritchie ha accelerato il passo nel mondo del cinema, firmando due film all’anno e dedicando tempo anche alla televisione. Questa frequenza elevata ha inevitabilmente inciso sulla qualità delle sue produzioni. Con fountain of youth, il regista cerca di mettersi alla prova in uno scenario diverso dal suo abituale, lasciando temporaneamente da parte thriller e guerre per un’avventura familiare con richiami all’archeologia e ai misteri storici. Il titolo gioca con l’idea classica della fonte della giovinezza, una leggenda che ha affascinato da sempre, ma la sfida consiste nel fondere elementi di intrattenimento, suspense e azione restando fedele ad uno stile riconoscibile.
La sfida di distaccarsi da un genere consolidato e la scelta di produrre due film all’anno ha portato Guy Ritchie a sperimentare molto. fountain of youth si presenta come un tentativo ambizioso ma con risultati poco equilibrati, sia per la scrittura che per l’intreccio narrativo. La velocità con cui escono le sue opere sembra aver compromesso la coerenza e l’attenzione al dettaglio che da sempre accompagnano i suoi lavori migliori.
Leggi anche:
Trama e ambientazioni: un viaggio tra enigmi e piramidi
La storia segue i fratelli Luke e Charlotte Purdue, figli di un famoso esperto d’arte, impegnati a onorare la memoria del padre con approcci molto diversi. Charlotte lavora come curatrice alla National Gallery di Londra, mentre Luke è un cacciatore di opere preziose. Quando a Luke viene affidata la missione di scovare la leggendaria fonte della giovinezza, coinvolge la sorella in un’avventura che li porterà fino all’Egitto, nel cuore delle piramidi.
Le atmosfere strizzano l’occhio alle saghe avventurose più celebri come Indiana Jones, con location esotiche e misteri da risolvere che si intrecciano con opere d’arte e antichi codici. L’intento è confezionare un film adatto anche a famiglie, con interpreti di richiamo e una trama ricca di colpi di scena. Tuttavia quella che sarebbe potuta essere un’esplorazione avventurosa si perde spesso in momenti di lentezza e spiegazioni troppo complesse.
L’inizio scoppiettante e il rallentamento narrativo
Il film parte bene, grazie soprattutto a un incipit con John Krasinski impegnato in un inseguimento tra le vie di Bangkok, ma poi la narrazione sembra rallentare troppo. Le scene d’azione e l’ambientazione originale in località storiche vengono alternate a sequenze che faticano a mantenere alta la tensione. I riferimenti a classici del passato alimentano la curiosità, ma finiscono per donare un’impressione di déjà vu piuttosto persistente.
Il cast e la dinamica tra personaggi
Al centro ci sono John Krasinski e Natalie Portman, interpreti dei fratelli Purdue. Krasinski si cala nel ruolo del cacciatore d’arte con una buona dose di coraggio e agilità, riuscendo a infondere un certo ritmo alle scene più movimentate. Portman invece, pur portando in scena tutto il suo carisma, non trova mai la giusta tonalità per integrarsi nel tono del film. Il suo personaggio fatica ad emergere, e spesso appare fuori posto rispetto a quello che richiede un’avventura leggera e coinvolgente.
Il film rinuncia volutamente a far nascere una storia d’amore tra i protagonisti, scegliendo di valorizzare il legame fraterno. Questa scelta limita la crescita emotiva dei personaggi, soprattutto perché manca la scintilla che potrebbe renderli più interessanti e credibili sullo schermo. A complicare la dinamica c’è la presenza di un figlio tredicenne di Charlotte, un elemento che appesantisce la narrazione senza aggiungere verve.
Anche il resto del cast, composto da Laz Alonso, Carmen Ejogo ed Eiza Gonzales, risulta poco sfruttato. Gonzales emerge leggermente grazie alla sua interpretazione del personaggio antagonista Esme, mentre Domhnall Gleeson interpreta uno dei ruoli più intriganti, quello di un milionario malato terminale con scopi personali legati alla fonte. In un cameo spicca Stanley Tucci in una scena ambientata in Vaticano, evocando ricordi di lavori precedenti.
Ritmo, mistero e difficoltà narrative
La sceneggiatura scritta da James Vanderbilt tenta di unire diversi temi legati all’archeologia, ai tesori nascosti e agli enigmi storici. Alcuni elementi come la presenza di una Bibbia con un errore di stampa che cambia il senso di un comandamento, e le diverse tappe nel cuore delle piramidi, vogliono arricchire la trama di spessore e complessità. Purtroppo questi aspetti si traducono spesso in spiegazioni troppo prolisse, che rallentano il ritmo e appesantiscono la visione.
Le scene d’azione sono confezionate con l’abilità che si aspetta da un regista come Ritchie, dotate di coreografie e inquadrature che dovrebbero catturare lo spettatore. Però mancano quella freschezza e quel calore tipici delle sue opere migliori. La combinazione tra un mistero complicato da seguire e personaggi poco calati nella storia rende parte del film difficile da digerire, specialmente per chi cerca un’avventura scorrevole e immediata.
Alcuni passaggi mostrano un eccesso di tecnicismi e riferimenti storici che appesantiscono i dialoghi, con Charlotte spesso impegnata a fare la “maestrina” e a spiegare dettagli poco avvincenti. Questi momenti stonano in un prodotto pensato per un pubblico ampio e non specializzato. Alla fine, restano più impressi i dettagli tecnico-registici dell’azione che la svolta narrativa o il mistero che avrebbe dovuto tenere viva l’attenzione.
Guy Ritchie con fountain of youth affronta una nuova sfida, quella di portare al pubblico un’avventura in uno stile diverso dal solito. Il risultato però non convince del tutto e mette in luce alcune fragilità tra sceneggiatura, cast e dinamiche narrative che frenano la riuscita complessiva. Nonostante il fascino delle ambientazioni e l’abilità nel confezionare sequenze movimentate, il film fatica a emergere e rischia di perdere parte del pubblico lungo il cammino verso la fonte leggendaria.