Gus Van Sant porta al cinema Dead Man’s Wire, la vicenda degli ostaggi con fucile a filo del 1977 raccontata a Venezia 2025

Gus Van Sant presenta a Venezia 2025 il dramma degli ostaggi del 1977 con fucile a - Unita.tv

Giulia Rinaldi

3 Settembre 2025

Nel 2025 è uscito Dead Man’s Wire, il nuovo film diretto da Gus Van Sant, che racconta un episodio realmente accaduto nel 1977 nel Midwest americano. La pellicola unisce dramma e un tocco di ironia, mettendo in luce una storia carica di tensione e di umorismo involontario. Presentato al Festival di Venezia, il film affronta temi personali e sociali ancora attuali, grazie a una narrazione intensa e a un cast di attori noti.

La genesi della pellicola e l’interesse di Gus Van Sant per il Midwest

Van Sant ha scelto Dead Man’s Wire dopo aver letto una sceneggiatura già esistente, attratto dal legame con il Midwest, terra d’origine della sua famiglia. L’idea era nata prima del suo coinvolgimento, ma il regista ha colto nella vicenda un episodio di “eroismo fuorviante”, ricco di tensione e di un umorismo involontario finora trascurato dal cinema. L’ambientazione in un contesto poco raccontato rafforza la particolarità del film, che si concentra su un sequestro dai contorni insoliti ma reali.

Van Sant ha voluto mantenere un equilibrio tra la drammaticità della vicenda e l’aspetto surreale del fucile legato al collo della vittima. La storia ha attirato la sua attenzione proprio per la convivenza di elementi opposti: rischio estremo e ironia inevitabile. Durante la produzione, il regista ha rispettato la trama originale, confidando che il pubblico moderno potesse apprezzare il contesto storico senza sentirsi distante dai temi trattati.

Il cast principale che ha portato Dead Man’s Wire a Venezia 2025

Il film ha coinvolto diversi attori di rilievo, confermando l’interesse per una narrazione che unisce personaggi complessi a una trama avvincente. Bill Skarsgard interpreta Tony Kiritsis, l’uomo che nel 1977 prende in ostaggio il figlio del presidente di un’azienda con un fucile collegato a un filo. Skarsgard non ha potuto partecipare alla presentazione del film a Venezia 2025, trattenuto da riprese in Australia.

A rappresentare il cast c’erano Dacre Montgomery, nel ruolo del figlio ostaggio Richard Hall, insieme a Cary Elwes e Colman Domingo. Quest’ultimo interpreta Fred Temple, uno speaker radiofonico che emerge come voce affidabile in una vicenda confusa. Domingo ha raccontato di essersi proposto spontaneamente per il ruolo, modificando il profilo originale del personaggio, inizialmente pensato come un uomo bianco di mezza età. Grazie a questa scelta, Fred Temple diventa una figura che media le tensioni della storia, assumendo un ruolo centrale nel racconto.

Montgomery ha affrontato una sfida particolare, interpretando Richard Hall, che trascorre gran parte della vicenda con un fucile legato al collo. L’attore ha lavorato sul trucco e sulla postura per rappresentare un personaggio più anziano rispetto alla sua età reale. Sul set, ha abbandonato la sua consueta tecnica di isolamento, preferendo interagire con gli altri attori per rendere più autentica la sua interpretazione.

Myha’la interpreta una giornalista ambiziosa che sfrutta il caso per emergere in televisione. Il suo personaggio si ispira a figure storiche, da Angela Davis a reporter televisivi dell’epoca, offrendo un’interpretazione che coniuga concretezza e contesto storico.

Cary Elwes interpreta l’ufficiale di polizia Mike Grable. Per prepararsi, si è recato a Indianapolis, luogo dei fatti, dove ha incontrato i figli del vero ufficiale. Ha raccolto dettagli preziosi da queste conversazioni e, pur avendo girato in Kentucky durante un inverno rigido, ha studiato mappe, fotografie e documenti per restituire fedelmente l’ambiente e i luoghi d’epoca.

La ricostruzione storica e l’attualità nella rappresentazione di un evento del 1977

Dead Man’s Wire cura con attenzione l’aspetto degli anni Settanta, dalle automobili agli oggetti di scena, fino agli abiti e alle tecnologie. L’ambientazione però non si limita all’estetica: Van Sant ha voluto mostrare come certi temi restino vivi nel presente. Il film è stato girato a partire dal 2024 e durante le riprese il regista ha notato analogie con eventi recenti, come la vicenda di Luigi Mangione, un fatto simile che si è ripetuto nel tempo.

Van Sant ha spiegato che la sceneggiatura era pronta da tempo, ma i parallelismi tra passato e presente sono emersi spontaneamente, rafforzando la rilevanza del film per gli spettatori di oggi. La regia evita ogni didascalismo, lasciando emergere le somiglianze senza forzarle e mettendo in luce dinamiche umane universali.

Questo approccio è tipico di Van Sant, noto per film come Elephant, che affrontano vicende delicate mostrando la complessità psicologica dei protagonisti senza semplificazioni. In questo caso, Tony Kiritsis si allontana dal cliché del “perdente”. È un uomo in crisi, certo, ma anche dotato di una determinazione lucida che impone rispetto. La figura di Richard Hall è altrettanto sfaccettata, oppressa dal padre potente ma con una propria fragilità umana.

L’approccio libero di Gus Van Sant nella guida degli attori e nella creazione dell’atmosfera

Gli attori hanno apprezzato la libertà concessa da Van Sant nel lavorare sui personaggi. Pur partendo da fatti reali, il regista lascia spazio alla creatività degli interpreti. Non impone modelli rigidi, ma stimola a cercare ispirazioni personali e a uscire dalle abitudini per restituire autenticità.

Montgomery ha raccontato di aver modificato il suo metodo sul set, spinto a interagire più del solito con gli altri. La relazione tra gli attori diventa così parte integrante del racconto, oltre alla fedeltà storica.

Questa libertà si riflette anche nei personaggi secondari, resi più complessi e meno prevedibili. Il deejay Fred Temple, per esempio, assume un ruolo chiave non solo nella narrazione, ma anche come voce critica che osserva e commenta gli eventi.

Dead Man’s Wire si presenta come un film che riporta alla luce una storia dimenticata, ponendo al centro l’attenzione per il dettaglio umano. Il cast rende giustizia alla complessità di un evento che ancora oggi offre spunti su tensione, potere e sopravvivenza. Il debutto a Venezia 2025 conferma l’importanza di un cinema capace di raccontare il passato con uno sguardo rivolto al presente.

Ultimo aggiornamento il 3 Settembre 2025 da Giulia Rinaldi