Il mistero che avvolge l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella sua abitazione di via Pascoli a Garlasco, resta ancora aperto. Tra gli interrogativi principali dell’inchiesta, l’identificazione dell’arma del delitto occupa un posto centrale. Nonostante varie indagini, comprese ispezioni recenti nel canale di scolo a Tromello, il corpo contundente utilizzato per uccidere non è mai stato trovato. Un’analisi forense aggiornata propone una svolta: forse l’arma non è mai uscita dalla casa della vittima.
L’analisi forense che mette in discussione le ferite singole
Enrico Manieri, 63 anni, specialista in balistica e scienze forensi, ha riesaminato le prove del caso portando una visione complessiva delle ferite. La sua osservazione chiave è che le lesioni vanno considerate nel loro insieme, non divise in modo isolato. Manieri avverte che concentrarsi su singoli segni può portare a interpretazioni scorrette, lontane dal reale svolgimento dei fatti. Il medico legale Marco Ballardini, con il suo referto autoptico, aveva descritto una distribuzione delle lesioni fuori dal comune: la nuca presenta contusioni evidenti, mentre il volto mostra abrasioni e graffi, più simili a un contatto con una superficie tagliente che a colpi diretti.
Il parere di Manieri si basa su una lettura approfondita di quei dati. Le contusioni alla nuca indicano colpi ricevuti con forza, probabilmente da un oggetto pesante, ma il volto non presenta segnali di impatto tipici di un corpo contundente. Le lesioni facciali sarebbero quindi il risultato dello sfregamento contro un elemento rigido e forse tagliente, piuttosto che di botte dirette.
Ricostruzione dei movimenti e delle azioni durante l’aggressione
Manieri sceglie un punto chiave per spiegare la dinamica dell’aggressione: secondo lui, Chiara Poggi non è stata colpita al volto da un’arma, ma sarebbe caduta con la faccia contro una superficie solida mentre veniva aggredita alla nuca. Questo spiega la distribuzione insolita delle ferite. Ad avvalorare questa ipotesi vi sono anche le abrasioni, compatibili con un oggetto tagliente e stabile che ha esercitato pressione sul volto durante la caduta.
Prima di questa caduta, sempre secondo Manieri, la vittima avrebbe subìto un calcio molto violento alla coscia sinistra. La natura del calcio, forse inferto con il tacco o la punta di una scarpa, non corrisponde alle scarpe con pallini ritrovate nella casa. Questo fatto suggerisce la presenza di almeno un’altra persona nell’appartamento al momento dell’aggressione. Manieri sottolinea la possibilità di più partecipanti: anche l’enfisema polmonare riscontrato al momento dell’autopsia sarebbe indicativo di una situazione in cui Chiara è stata bloccata e maltrattata da più individui.
Questo quadro mette in discussione alcune delle ipotesi precedenti che avevano circoscritto il caso a pochi elementi o a una singola persona. L’arma del delitto potrebbe essere un oggetto contuso presente in casa e mai trovato all’esterno, mentre gli indizi sulle lesioni lasciano intendere una colluttazione complessa e l’intervento di più aggressori.
La verità sull’arma e sulla dinamica del fatto potrebbe aprire nuovi spiragli nelle indagini, ancora in cerca di risposte definitive a quasi due decenni dall’omicidio.
Ultimo aggiornamento il 3 Agosto 2025 da Andrea Ricci