Fear street: prom queen, horror anni 80 e balli di fine anno con un killer mascherato in azione
Il capitolo “Prom Queen” di Fear Street su Netflix riporta gli spettatori negli anni ’80, mescolando horror e nostalgia in un ballo scolastico segnato da omicidi e rivalità giovanili.

"Prom Queen" di Netflix è un horror slasher ambientato nel 1988 che unisce estetica anni '80, suspense e sangue, raccontando una notte di terrore durante un ballo scolastico a Shadyside High, ispirato ai romanzi di R.L. Stine. - Unita.tv
La saga di fear street su netflix continua a far parlare, soprattutto con il capitolo prom queen che torna agli anni 80 mescolando estetica, musica e una trama ispirata ai romanzi di r.l. stine. Questo film, ambientato nel 1988, si concentra su un ballo scolastico dove una serie di omicidi scuote la pacifica routine della shadyside high school. Con il mix di nostalgia, suspense e sangue, prom queen cattura l’attenzione e mantiene viva la tradizione degli slasher movie in chiave moderna.
Prom queen: un ritorno agli anni 80 tra estetica e sangue
Il film si muove su una strada ben tracciata, quella degli horror tipici degli anni 80, ma senza perdere freschezza. L’ambientazione è chiara: siamo nel 1988, nella scuola di shadyside, poco prima del ballo di fine anno, evento cruciale per molti studenti. I colori, i vestiti e la colonna sonora richiamano in modo evidente quel decennio, immergendo lo spettatore in un clima che sembra appena uscito da un vecchio videocassetta. C’è quel gusto vintage, che oggi torna costantemente nelle produzioni che cercano di ricreare un’atmosfera precisa, fatta di luci al neon, giacche in pelle e musica synth.
Il cuore della vicenda è la lotta per diventare reginetta del ballo. Le it girls, capeggiate da tiffany , incarnano un gruppo di ragazze forti, ma al contempo spietate. Opposte a loro si trovano lori granger e la sua amica lori , ragazze più timide, meno appariscenti ma protagoniste di un intreccio che presto sfocia nel terrore. Durante la serata, uno a uno, alcuni membri del gruppo vengono uccisi da un killer mascherato. L’elemento sangue, mischiato a movimenti di camera e musica anni 80, ricostruisce la tensione classica degli slasher, senza perdersi in inutili complicazioni.
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Una trama che segue le regole del genere ma lascia spazio a qualche sorpresa
Il film scritto da matt palmer e donald mcleary, basandosi sul romanzo di r.l. stine pubblicato nel 1992, punta principalmente a offrire un’esperienza diretta e intensa. La sceneggiatura mantiene ritmi serrati e una struttura che rispetta i modelli tipici del cinema horror scolastico: l’ambientazione chiusa, il gruppo diviso tra vittime e aguzzini, la tensione palpabile e il twist finale. Ci sono momenti che sembrano richiamare direttamente film come scream o nightmare, con un tocco di mean girls nella rappresentazione delle dinamiche scolastiche.
matt palmer sa bene che non deve confrontarsi con registi come wes craven o george romero, ma riesce a costruire una fiction solida che muove lo spettatore tra paura e curiosità. Non mancano pause dove l’assurdo entra in scena, come la scena del ballo dove il killer fa rotolare una testa tra gli invitati. Questo episodio, quasi esagerato, spezza il clima ed è capace di strappare una risata oltre che senso di disgusto. Pur con qualche ingenuità, il film mantiene un piglio coerente nel raccontare l’ennesima notte di terrore in una scuola americana in fermento.
Il killer mascherato e il ballo: simboli di tensioni sociali e ambizioni giovanili
Il ballo di fine anno è la cornice perfetta per esplorare un mondo fatto di aspettative, rivalità e desideri. La fotografia di márk györi mette in risalto quegli elementi, intrecciando luci e ombre tipiche degli anni 80. L’attesa della proclamazione della reginetta diventa metafora di lotte più profonde, tra promesse di celebrità e paure di fallire. In questa prospettiva, le ragazze sono più di semplici vittime: rappresentano le conseguenze di ambizioni esasperate, di arroganza e gelosia che possono trasformarsi in mostri.
Il killer, nascosto dietro una maschera, diventa simbolo inquietante di una realtà oppressiva, quasi un demone che emerge dal cuore oscuro di una comunità apparentemente normale. La tensione cresce proprio perché tocca temi universali legati al mondo adolescente, anticipando in qualche modo la sfida con il mondo dei social network, oggi protagonista di un confronto altrettanto spietato con l’immagine personale e i giudizi esterni.
Un finale che ridefinisce il concetto di final girl
Il finale, con la sua inquadratura, ridefinisce il concetto di final girl. Non è solo la sopravvissuta, ma un’immagine che parla di forza nascosta e di una realtà più complessa rispetto agli stereotipi del genere. Questo elemento aggiunge un’ulteriore profondità alla trama e lascia lo spettatore con un’impressione duratura, ben oltre il semplice racconto horror.