La vicenda di Enzo Tortora, conduttore televisivo tra i volti più amati dell’Italia degli anni ’80, resta uno dei casi giudiziari più controversi del Paese. Arrestato nel 1983 con accuse pesanti e infondate, la sua storia è al centro di “Portobello“, miniserie diretta da Marco Bellocchio che debutterà nel 2026 sulla piattaforma HBO Max con sei episodi. Lo show vuole riesaminare non solo quel processo clamoroso ma anche il periodo di grande trasformazione sociale e mediatica che attraversava il Paese.
La cronaca di un errore giudiziario senza precedenti nell’Italia degli anni ’80
Nel giugno del 1983, Enzo Tortora venne prelevato in piena notte dai carabinieri con l’accusa di associazione mafiosa e traffico di droghe. La notizia, che sconvolse non solo il mondo della televisione ma l’intera opinione pubblica, ebbe un’immediata eco mediatica. Tortora era il conduttore di Portobello, programma molto seguito su Rai2, simbolo di un’Italia popolare e ancora ancorata a gesti semplici come la televisione analogica. La sua immagine di volto moderato, ironico e controcorrente apparve in poco tempo in manette e sotto accusa, a causa di dichiarazioni di un pentito, Giovanni Pandico, che lo indicava senza prove concrete. Nella narrazione della serie, questa vicenda riporta in primo piano il conflitto tra verità e spettacolo mediatico, e mette a nudo la fragilità di un sistema giudiziario incapace di proteggere un innocente che si trova invece schiacciato da accuse gravi e pretestuose.
Il caso rappresenta non soltanto il dramma personale di Tortora ma una critica al modo in cui la colpa viene spesso decretata dai media e dalla politica. L’arresto e l’accusa contro Tortora si basano su frammenti di informazioni sbagliate o manipolate, fraintendimenti e vendette personali, elementi che la serie racconta attraverso l’interpretazione di Fabrizio Gifuni, che dà nuova forza a questo personaggio martoriato.
“portobello”: la serie tv che racconta un’Italia tra costume, televisione e ingiustizia
Diretta da Marco Bellocchio, “Portobello” prende le mosse dalla notte del 17 giugno 1983, ma si estende ben oltre il processo per raccontare la società italiana di allora. Bellocchio, noto per film e lavori che scavano nelle contraddizioni nazionali, utilizza la serialità per ritagliare un ritratto ampio e stratificato di una nazione che si confrontava con nuovi media, come la televisione commerciale, e con un sistema giudiziario spesso rigido o cieco. Sei episodi daranno spazio a questo intreccio di storie, dove il ruolo di Tortora si fa simbolo del rapporto complicato fra uomo, pubblico, giustizia e politica.
La serie raccoglie la sceneggiatura scritta dallo stesso Bellocchio insieme a Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore, e vuole evitare giudizi netti o schematismi. Anziché presentare accuse schematiche contro il sistema, viene affidata particolare attenzione alle sfumature dei personaggi, al loro percorso umano e al contesto. Così, Portobello diventa un racconto che induce a riflettere sulla responsabilità individuale e collettiva, su chi detiene il potere di condannare o assolvere e sul linguaggio usato per parlare di giustizia.
L’ambientazione televisiva serve da sfondo a un’epoca in cui la parola di un conduttore era equivalente a quella di un rappresentante del popolo; Tortora incarna l’italiano medio ma anche un uomo che ha sfidato regole vecchie, entrando in conflitto con l’establishment – una televisione italiana ancora tutta da definire.
Hbo Max e il debutto nel mercato italiano con un progetto di rilievo internazionale
Portobello segna l’ingresso ufficiale di HBO Max nel mercato italiano, con una produzione pensata per sfidare le aspettative e portare una storia storica e drammatica al pubblico nazionalpopolare e non solo. La piattaforma streaming sceglie di affidarsi a un regista di peso come Marco Bellocchio per mostrare un lato rilevante della nostra recente memoria collettiva.
Il progetto è stato girato in diverse location italiane, puntando a rendere credibile e immersivo un periodo dove l’Italia si stava rapidamente trasformando sotto vari aspetti, compresi quelli culturali e politici. Dopo la presentazione parziale alla Mostra del Cinema di Venezia 2025 e l’anteprima al Toronto International Film Festival, la serie verrà distribuita su HBO Max nel 2026, promettendo di introdurre un pubblico nuovo e di consolidare la piattaforma nel settore seriale italiano.
Questo debutto dimostra come i servizi di streaming internazionali puntino a raccontare storie italiane autentiche e profonde, utilizzando interpreti noti come Gifuni e firme autoriali di rilievo. Portobello si inserisce così in un tessuto di narrazioni che portano a riflettere sulle vicende sociali, politiche e culturali della Penisola, restituendo spessore a figure come Tortora, fino ad ora legate quasi esclusivamente a un fatto di cronaca.
La crisi di identità italiana e la fragilità della giustizia raccontate sullo schermo
La serie mostra come il processo a Tortora abbia messo in luce le contraddizioni profonde di un Paese che da un lato cercava di modernizzarsi, dall’altro rimaneva ancorato a vecchi schemi, fra giustizia sommaria e propaganda politica. Marco Bellocchio non sceglie il racconto neutro o distaccato. Anzi, mette in piazza quell’errore giudiziario come metafora di un’Italia divisa, una nazione in bilico tra due mondi: quello della gente comune e quello dei politici, distanti e separati da un sistema mediatico che spesso ribalta i ruoli.
Nel racconto emerge un Tortora fragile e solo, che affronta una serie di accuse di cui non riesce a capire l’origine né l’entità, immerso in un universo che giudica senza lasciar spazio alla difesa. La stampa e le televisioni seguono la vicenda con ossessione, spesso costruendo narrative più basate sull’emozione che sulla verità. Questa dimensione popolare del processo diventa parte della narrazione generale, sottolineando come l’errore giudiziario abbia avuto conseguenze pesanti non solo sulla vita di Tortora ma su tutta la cultura italiana.
Bellocchio si avvale di un linguaggio diretto e scorrevole, inserendo nella storia elementi simbolici come le maschere napoletane e il ruolo del pappagallo in Portobello, punti di riferimento che avvicinano lo spettatore all’atmosfera del tempo. La sua regia evita ideologie rigide e permette di osservare una società incerta e attraversata da tensioni irrisolte.
Portobello è così un affresco umano e culturale di quando l’Italia si confrontava con la giustizia e la televisione, segnando quel momento di svolta in cui l’ingiustizia può diventare pubblico spettacolo, e la verità rimane sempre parziale e da scoprire.
Ultimo aggiornamento il 1 Settembre 2025 da Luca Moretti