Il film El jockey, presentato al festival di Venezia lo scorso anno, arriva finalmente nelle sale italiane. Diretto da Luis Ortega, racconta una storia complessa e fuori dagli schemi ambientata nel mondo dei fantini. Il regista ha scelto Roma per accompagnare l’uscita del film con un incontro che si è trasformato in una conversazione aperta sulle origini del progetto e sul suo legame personale con la trama.
La trama di El Jockey a Roma: dipendenze, crisi personali e corse clandestine in via veneto
El jockey segue le vicende di Remo, un fantino tormentato da problemi con alcool e droghe. La sua situazione finanziaria è compromessa a causa dei debiti verso il proprietario della scuderia, figura ambigua che aggiunge tensione alla vicenda. Remo scopre inoltre che la sua compagna, anch’essa fantino incinta, cambia ulteriormente le sue prospettive.
Il giorno della gara più importante della stagione segna una svolta drammatica: Remo subisce un incidente durante la corsa ed è ricoverato in ospedale. Da lì decide di fuggire travestito da donna con una vistosa fasciatura intorno alla testa. Questa fuga segna solo uno degli aspetti strani ma significativi del film.
La narrazione procede alternando momenti surreali a sequenze comiche tipiche dello slapstick; si passa dall’atmosfera cupa tipica dei gangster movie a scene quasi melodrammatiche senza soluzione di continuità. L’impianto visivo risulta libero da vincoli formali tradizionali ed esplora nuove forme espressive per raccontare questa storia singolare.
L’ incontro con Luis Ortega a Roma: cinema terapeutico e visioni personali in via veneto
L’incontro con il regista avviene in una stanza d’albergo romana sulla via Veneto dove ancora si respira qualche eco della dolce vita passata ma anche un clima intimo fatto di caffè e sigarette fumate lentamente.
Ortega parla senza filtri delle fonti ispiratrici del suo lavoro cinematografico spiegando come molte immagini nascano dalla sua esperienza personale più che da intenzioni artistiche calcolate. Racconta ad esempio dell’uomo russo vestito da donna incontrato casualmente per strada; quel personaggio reale ha fornito spunti concreti per alcune scene chiave del film.
Il regista descrive inoltre come abbia scoperto il mondo dell’ippica visitando gli ippodromi dove ha osservato i fantini alle prese con ritmi durissimi fatti anche di notti insonni prima delle gare rischiose cui partecipano quotidianamente mettendo a repentaglio la propria vita pur mantenendo rituali religiosi o superstiziosi particolari.
Questi elementi hanno contribuito a costruire un racconto non convenzionale ma radicato nella realtà vissuta dai protagonisti; Ortega sottolinea come ciò che appare strano agli occhi degli altri sia invece parte integrante della sua quotidianità personale.
Cinema ed esistenza a Roma: Jim Jarmusch e l’ urgenza di raccontare storie in via veneto
Luis Ortega ammette apertamente quanto il cinema rappresenti per lui uno strumento indispensabile per mantenere equilibrio mentale davanti alle difficoltà esistenziali affrontate negli anni. Il processo creativo assume valore terapeutico perché permette al regista di mettere ordine nel caos interiore senza rinunciare all’espressione sincera delle proprie esperienze surreali o bizzarre.
Racconta anche i suoi pensieri sulla paternità imminente vissuta tra dubbi su quale tipo padre potrà essere ma anche speranze legate al cambiamento personale necessario affinché possa restare sobrio e presente nella vita familiare oltreché artistica.
Ortega confida infine come abbia superato momenti critici evitando comportamenti autodistruttivi grazie proprio alla consapevolezza acquisita durante le riprese del film; ora guarda Roma non più solo come luogo dove procurarsi sostanze o rifugiarsi nei parchi ma come città capace offrire bellezza malgrado tutto.
La volontà dichiarata resta quella di migliorarsi costantemente sia nel ruolo paterno sia nell’attività cinematografica senza cercare altro scopo se non quello autentico legato all’esperienza umana reale dietro ogni immagine mostrata sullo schermo.
La mia riflessione su El Jockey
La mia riflessione su El Jockey è che questo film rappresenta un esempio potente di come il cinema possa andare oltre l’intrattenimento per diventare un vero e proprio strumento di introspezione e guarigione personale.
l’arte di luis ortega
Secondo me, la capacità di Luis Ortega di fondere realtà e surreale, raccontando una storia così complessa e umana, ci invita a guardare con maggiore empatia le vite segnate da dipendenze, crisi e vulnerabilità.
importanza dell’empatia e della resilienza
Personalmente, trovo che opere come questa ci aiutino a riconoscere la profondità delle battaglie interiori che spesso si celano dietro alle apparenze, ricordandoci l’importanza di coltivare speranza e resilienza, non solo per chi le vive direttamente, ma per tutta la comunità che li circonda.
Ultimo aggiornamento il 16 Luglio 2025 da Giulia Rinaldi