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Danny boyle rilancia la saga del virus della rabbia con un film girato anche con iphone 15

Danny Boyle torna con “28 anni dopo”, un film innovativo che utilizza l’iPhone 15 per riprese dinamiche, esplorando nuove tecniche e formati per un’esperienza visiva coinvolgente.

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Danny Boyle ritorna con "28 anni dopo", un sequel innovativo che utilizza massicciamente iPhone 15 per riprese dinamiche, combinando tecnologia avanzata e formato panoramico per un thriller coinvolgente e visivamente rivoluzionario. - Unita.tv

Il ritorno di danny boyle nel mondo di 28 giorni dopo porta un nuovo film, 28 anni dopo, che unisce un racconto intenso a tecniche di ripresa innovative. La produzione, partita con un budget di 80 milioni di dollari, ha introdotto l’uso massiccio di iphone 15 per alcune delle scene più complesse, segnando una svolta nel modo di fare cinema su grande scala.

La nuova frontiera della ripresa con iphone 15

Nel 2025, usare uno smartphone per girare sequenze di un grande film non è più solo un esperimento di professionisti indipendenti. Boyle ha portato questa pratica su un palcoscenico più ampio, adottando iphone 15 per catturare diversi piani di alcune scene cruciali di 28 anni dopo. La troupe ha lavorato con rig personalizzati in cui erano sincronizzati da 8 fino a 20 telefoni per ottenere effetti visivi dinamici e angolazioni multiple che difficilmente si raggiungono con le cineprese tradizionali.

Tecnologia e realismo sul set

Secondo il regista, “questa tecnologia ha garantito una maneggevolezza unica sul set e ha permesso di seguire l’azione con un realismo più immediato e fluido.” La scelta di rinunciare alle camere di grande formato in favore degli smartphone non ha ridotto la qualità, anzi, ha ampliato le possibilità creative. Una scena girata con il sistema di 20 iphone promette di essere un punto di svolta nel film, offrendo un’esperienza visiva che sfida le convenzioni dei blockbuster classici.

L’uso di smartphone di ultima generazione ha permesso di puntare su sequenze meno costruite e più istintive, con movimenti di camera rapidi e imprevedibili. Questo approccio riflette una volontà di mantenere alta la tensione narrativa e di far sentire lo spettatore dentro al caos che si sviluppa nel racconto.

Il ritorno al formato panoramico per aumentare suspense e immersione

La pellicola ha scelto un formato panoramico 2.76:1, molto più ampio di quello adottato nel film originale, girato in 4:3. Questa differenza non è solo estetica, ma funziona come elemento narrativo. Boyle ha spiegato che “questa inquadratura larga mette lo spettatore in condizione di aspettarsi minacce che possono arrivare da qualsiasi parte dello schermo.” L’effetto è quello di tenerlo costantemente in allerta, inducendo una sensazione di urgenza e disorientamento.

Protagonista l’ambiente

Questo formato rende le scene più coinvolgenti, poiché lo spazio visivo si amplia, lasciando più dettagli alla vista e spazi dove il movimento imprevedibile degli infetti può sorprendere in qualunque momento. In pratica, l’ambiente diventa protagonista quasi quanto i personaggi stessi, conferendo alla narrazione una forza più palpabile.

L’uso del 2.76:1 costruisce una tensione non scontata perché cattura non solo il primo piano, ma tutta l’ambientazione sottolineando il senso di vulnerabilità di chi è coinvolto nel scenario del virus. Boyle si è concentrato nel richiamare quella prima impressione di inquietudine che aveva caratterizzato 28 giorni dopo, ma ampliandola visivamente.

Collaborazioni tecniche e cast per un thriller che guarda al futuro

Per realizzare 28 anni dopo, danny boyle ha collaborato con il direttore della fotografia anthony dod mantle, già noto per le sue tecniche sperimentali. Insieme hanno creato un set altamente tecnologico, fondendo esperienze di ripresa tradizionali e innovative. L’intento era tornare alle radici del racconto ma aggiornandolo alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie digitali.

Il cast vede la presenza di attori come aaron taylor-johnson, segno che il film punta a un equilibrio tra tematiche intense e interpretazioni solide. L’uso di tecniche come il montaggio di diversi flussi video simultanei ha richiesto una cura particolare in fase di post-produzione, frenando ogni tentazione di effetti digitali troppo invadenti per mantenere il senso di realtà immediata.

Un prodotto con identità originale

Questo mix di tecnologia, attenzione al dettaglio e narrazione restituisce un prodotto che, pur essendo un sequel, si presenta con un’identità originale e complessa. Boyle ha spinto sull’esplorazione di nuove vie per raccontare una storia di sopravvivenza e paura, senza tralasciare la ricerca di un linguaggio visivo potente.

Il significato della scelta di hors-camera convenzionale in un blockbuster

La decisione di abbandonare camere cinematografiche grandi e costose per affidarsi a smartphone ultimo modello in un film con un budget consistente rappresenta un fatto insolito per hollywood. Boyle vuole dimostrare che strumenti non convenzionali possono contribuire a realizzare prodotti di grande impatto visivo e narrativo, mettendo in discussione le convenzioni sulla produzione di blockbuster.

Finora registi indie come sean baker o steven soderbergh avevano usato gli iphone per film di dimensioni più contenute. Solo con 28 anni dopo la tecnologia mobile entra in una produzione dal respiro internazionale e da milioni di dollari, aprendo scenari diversi per il futuro del cinema. La maneggevolezza e l’immediatezza consentite dagli smartphone hanno permesso riprese più libere, meno ingessate, e scene più energiche.

Questo esperimento si inserisce in un contesto di rinnovamento tecnico nel cinema, dove il confine tra le attrezzature professionali e quelle consumer si fa più sottile. Boyle mette così in dubbio l’idea che solo le apparecchiature tradizionali possano garantire risultati à la hauteur degli spettatori. Il progetto invita a considerare l’innovazione tecnica come un mezzo per ampliare il racconto visivo, senza perdere lo spessore emotivo.