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Danny boyle rifiutò alien: la clonazione per l’uso massiccio della computer grafica negli anni ‘90

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Danny boyle, all’epoca reduce dal successo di trainspotting, fu corteggiato da Hollywood per dirigere il quarto capitolo della saga alien. La sua decisione di declinare l’offerta segnò una svolta nel suo percorso artistico prima di lanciarsi nel cinema horror con 28 giorni dopo. Questo racconto fa luce su una fase cruciale della carriera del regista britannico, tra scelte creative e tensioni con le nuove tecniche digitali nel cinema di quel periodo.

L’offerta di dirigere alien: la clonazione e il rifiuto di danny boyle

Nella seconda metà degli anni ‘90, con trainspotting come trampolino di lancio, danny boyle si trovò al centro dell’attenzione internazionale. La 20th century fox gli propose di dirigere alien: la clonazione , quarto capitolo della celebre saga creata da ridley scott. Boyle incontrò sigourney weaver e winona ryder, attrici protagoniste già coinvolte nel progetto. Le riprese erano pronte a entrare in una fase che avrebbe segnato il passaggio radicale all’uso estensivo della computer grafica.

Boyle, però, espresse subito perplessità riguardo a questa evoluzione tecnologica. Non si sentiva preparato a gestire un film le cui basi tremavano sull’effetto digitale con cui non aveva ancora familiarità al punto necessario. “Era tutto molto serio. Loro erano splendide. Ma era l’inizio del passaggio alla computer grafica. Quel momento in cui tutto stava cambiando. E io non riuscivo a gestirla”, dichiarò in un’intervista rilasciata a the hollywood reporter.

Rifiutare un progetto così ambizioso in un momento di grande visibilità fu una scelta particolare ma determinata. Lui stesso la definì un “raro momento di lucidità”. Danny boyle sapeva che la gestione degli effetti visivi in alien: la clonazione richiedeva competenze e un approccio in cui non si riconosceva pienamente. Per questo motivo preferì rinunciare, evitando un incarico che avrebbe potuto diventare un vincolo più che un’opportunità.

Il passaggio a “a life less ordinary” e il distacco dal franchise alien

Dopo il rifiuto, la direzione di alien: la clonazione passò a jean-pierre jeunet, che condusse il film nelle sale nel 1997. Boyle raccolse l’eredità sotto un’ottica molto diversa, dedicandosi a “a life less ordinary”, una commedia surreale prodotta dalla stessa casa di distribuzione, la 20th century fox.

Questo film rappresentò per il regista un’esperienza non facile e, come egli stesso ammise, un “mezzo disastro”. Nonostante ciò, l’episodio non intaccò la sua capacità di interpretare con spirito critico il proprio cammino artistico. Ammettere le difficoltà di quel momento mostrò l’autenticità e la presa di coscienza dopo la rinuncia a un progetto così impegnativo come alien.

Boyle mantenne comunque un legame emotivo con la saga. Ammirava l’idea e l’ambientazione di alien, ma capì di non essere la persona giusta per quel film in quel preciso momento. Questa scelta evidenzia l’attenzione del regista alla propria coerenza creativa, piuttosto che all’immediato successo commerciale.

Il rapporto con gli effetti visivi e le sfide nelle produzioni successive

Anche se rifiutò alien per i limiti nell’uso della computer grafica, danny boyle non si allontanò completamente dagli effetti digitali nei suoi lavori successivi. Pellicole come sunshine e 127 hours testimoniano un crescente rapporto con tecniche visive più complesse, integrate in storie ricche di intensità emotiva e realismo.

127 hours rappresenta una sorta di riscatto tecnico e narrativo dopo aver conquistato la vittoria agli oscar con slugdog millionaire. Boyle riconobbe l’importanza di quel momento nella sua carriera, spiegando come la notorietà porti a un certo grado di arroganza da gestire con attenzione. Lui stesso raccontò che quell’arroganza, dopo gli oscar, poteva essere sfruttata in modo positivo, contribuendo alla realizzazione di progetti difficili da finanziare come 127 hours.

Il regista britannico ha dimostrato così un percorso di crescita personale, passando dalla diffidenza verso la digitalizzazione a una consapevolezza più matura nelle scelte registico-tecniche. La sua carriera riflette bene le trasformazioni del cinema degli ultimi trent’anni, fra resistenze iniziali e successiva adesione alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia.

Written by
Serena Fontana

Serena Fontana è una blogger e redattrice digitale specializzata in cronaca, attualità, spettacolo, politica, cultura e salute. Con uno sguardo attento e una scrittura diretta, racconta ogni giorno ciò che accade in Italia e nel mondo, offrendo contenuti informativi pensati per chi vuole capire davvero ciò che succede.

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