Quella di Pistì è una storia di impresa che parte da Bronte, un piccolo comune ai piedi dell’Etna, e si estende a 71 paesi nel mondo. Un percorso iniziato 27 anni fa, quando due giovani siciliani hanno deciso di puntare su un prodotto locale poco conosciuto, il pistacchio di Bronte, e trasformarlo in un simbolo riconosciuto ovunque. Oggi l’azienda dà lavoro a 350 persone e fattura 200 milioni di euro. L’intervista al CEO Nino Marino racconta questa crescita partita dal nulla e fatta di passione, sacrifici e voglia di restare legati alla propria terra.
Nascita di un sogno imprenditoriale nella Sicilia poco valorizzata
Nel 1998 Nino Marino e Vincenzo Longhitano, entrambi poco più che ventenni, si sono incontrati casualmente e hanno scoperto di condividere lo stesso desiderio: costruire qualcosa di proprio in Sicilia. In quegli anni molti coetanei sognavano di emigrare verso grandi città italiane o all’estero, ma loro invece volevano rimanere e trasformare il territorio in cui erano nati. Bronte, con i suoi 18 mila abitanti, non offriva molte opportunità e il tasso di occupazione era basso, ma i due imprenditori hanno deciso di scommettere sul pistacchio locale, allora quasi ignoto fuori dalla provincia.
Con le loro radici ben piantate in Sicilia, hanno iniziato a lavorare «anema e core», portandosi dietro solo passione e molta determinazione. A Bronte la tradizione del pistacchio era antica, ma poco sfruttata, spesso relegata a un consumo locale non strutturato. Nessuno immaginava che quel piccolo frutto verde avrebbe potuto girare il mondo, diventare ingrediente principale di dolci, creme, torroni e prodotti innovativi in chiave anche stagionale.
Dai primi passi incerti alla crescita internazionale di pistì
La partenza è stata dura: senza aiuti esterni, senza credito bancario. Nino e Vincenzo hanno affrontato anni di debiti, cambiali e assegni post datati per sostenere le prime produzioni. Le banche in un primo momento hanno negato ogni sostegno finanziario, definendo il loro progetto quasi impossibile. I veri alleati durante quei periodi sono stati i fornitori locali che hanno creduto nel loro entusiasmo e nella loro tenacia.
Per conquistare i mercati più importanti, il CEO di Pistì ha intrapreso viaggi continui con una valigia piena di campioni. A Milano si sono aperte le prime porte nel mondo della distribuzione, ma è stato quando sono riusciti a esportare all’estero che tutto ha preso forma. New York, Australia, Inghilterra, Francia sono diventate tappe obbligate per presentare un prodotto che all’epoca veniva quasi ignorato: crema di pistacchio, pesto, torrone. Oggi che la fama del pistacchio è globale, si fatica a immaginare un tempo in cui quelle creazioni erano ignote al mondo.
Impatto sociale e legame con la terra nella filosofia di pistì
Oggi l’azienda conta 350 dipendenti, i cui stipendi sostengono molte famiglie non solo di Bronte ma anche di altre zone della Sicilia. Una realtà così importante da rappresentare un modello virtuoso in un territorio con difficoltà economiche strutturali. Per Nino e Vincenzo il legame con la Sicilia non è solo commerciale o produttivo, ma una questione di orgoglio e responsabilità.
Entrambi provengono da famiglie di lavoratori con un forte attaccamento alla fatica e alla famiglia. Questa esperienza personale ha influenzato la gestione del gruppo, mantenendo un equilibrio solido anche negli anni di maggiore crescita. Il rispetto per la tradizione, unito alla capacità di adattarsi e innovare, ha permesso a Pistì di mantenere un’identità radicata e, allo stesso tempo, aperta al mondo.
Una storia di famiglie, impegno e nuove generazioni
Tra i dettagli che emergono dall’intervista c’è la vita privata dei due soci, entrambi genitori di quattro figli. Mentre costruivano un’impresa solida, coltivavano anche la loro famiglia con pari dedizione. Il più grande segno di impegno verso il futuro, oltre ai risultati economici, è infatti la continuità che rappresentano le nuove generazioni cresciute in casa Pistì.
Nino ricorda come la sua prima figlia sia nata proprio negli anni in cui lui e Vincenzo accumulavano debiti per far partire la loro impresa. Quel momento resta un segnale simbolico: il rischio, la passione e la dedizione si intrecciano con la quotidianità. Alla base della loro esperienza c’è la convinzione che seguire la propria passione, anche senza grandi sostegni, sia la strada per costruire qualcosa di duraturo. Pistì non è solo un’azienda di successo ma la testimonianza concreta di un sogno alimentato da volontà e lavoro sul territorio.
Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2025 da Giulia Rinaldi