Un episodio di violenza estrema ha scosso la comunità di San Severo, in provincia di Foggia, dove un uomo è stato condannato per tentato omicidio e sequestro. La vicenda risale al marzo 2022 e ha visto una vittima tenuta prigioniera in condizioni disperate dentro un pozzo rurale. Il caso mette in luce dinamiche di vendetta nate da motivi economici e la straordinaria resistenza della persona aggredita.
Il contesto dell’aggressione: rifiuto di prestito e vendetta
Tutto è iniziato nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2022, quando un uomo di 41 anni si è rifiutato di consegnare una somma di denaro richiesta come prestito. Questo rifiuto ha scatenato una reazione violenta da parte del debitore, che lo ha spinto con forza dentro un pozzo profondo circa venti metri, situato nella zona rurale della contrada Sterpanone nelle campagne intorno a San Severo. La vittima era stata legata mani e piedi prima dell’aggressione, rendendo impossibile ogni tentativo immediato di fuga o aiuto.
Allarme e ricerca della vittima
La compagna della vittima si è allarmata per l’assenza prolungata del marito o convivente ed ha dato l’allarme alle autorità locali. Le ricerche sono partite subito ma senza esito immediato; solo dopo molte ore le urla disperate provenienti dal pozzo hanno attirato l’attenzione dei soccorritori.
Le drammatiche ore trascorse nel pozzo: sopravvivenza contro ogni previsione
La vittima è rimasta intrappolata all’interno del pozzo per sedici ore consecutive prima che qualcuno riuscisse ad intervenire efficacemente. Un tecnico impegnato nei lavori nelle vicinanze ha udito le grida ed è riuscito a localizzare il punto esatto dove si trovava l’uomo ferito ma ancora vivo. Durante questo lungo periodo nel buio umido del fondo del pozzo, la persona aggredita si era aggrappata con tutte le forze ai blocchi rocciosi presenti sulle pareti interne per evitare d’essere sommersa dall’acqua stagnante.
Ha utilizzat anche una bottiglia vuota come galleggiante improvvisando così uno strumento che gli permettesse almeno parzialmente d’evitare l’affondamento totale nell’acqua fredda sotto i suoi piedi legati. Quando i soccorsi sono arrivati finalmente sul posto nel pomeriggio del giorno successivo alla sua sparizione hanno trovato l’uomo esausto ma ancora vivo grazie alla sua incredibile volontà e capacità fisica.
Dichiarazioni sulla resistenza della vittima
“La volontà e la presenza di spirito della vittima sono state determinanti per la sua sopravvivenza in quella situazione estreme”, hanno sottolineato gli investigatori.
La sentenza definitiva: sei anni dietro le sbarre per tentativo d’omicidio
Dopo mesi d’indagini coordinate dalla procura locale, il giudice ha emesso la sentenza nei confronti dell’aggressore trentottenne riconoscendolo colpevole dei reati contestati: tentativo d’omicidio aggravato dal sequestro personale volontario con modalità particolarmente crudeli. L’imputazione principale riguarda proprio lo spingere la vittima nel pozzo mentre era immobilizzata dalle corde sulle mani e sui piedi mettendo così seriamente a rischio la sua vita.
Il tribunale gli ha inflitto una pena detentiva pari a sei anni senza possibilità momentanea d’appello o misure alternative alla detenzione carceraria ordinaria. Questa decisione riflette sia la gravità dell’atto compiuto sia il rischio concreto corso dalla persona coinvolta durante quelle lunghe ore passate imprigionata nell’acqua gelida sotto terra fuori dalla vista degli altri abitanti della zona rurale.
Intervento delle forze dell’ordine e giustizia
L’intervento tempestivo delle forze dell’ordine insieme al coraggio dimostratosi dalla vittima hanno evitato conseguenze peggiori in questa triste storia accaduta non lontano da San Severo, portando giustizia su fatti che avrebbero potuto trasformarsi facilmente in tragedia reale.