Il conclave per l’elezione del nuovo papa ha svelato un retroscena inatteso: i cardinali, chiusi nella Domus Sanctae Marthae, hanno dovuto fare i conti anche con un’altra sfida oltre alla scelta papale, quella della fame e delle condizioni del cibo servito. Le testimonianze di alcuni partecipanti hanno portato alla luce aspetti poco conosciuti della durata e delle modalità delle pause di ristoro all’interno della sede vaticana.
La voce di Joseph Tobin: un pasto solo alla fine, quasi come una ricompensa
Anche il cardinale Joseph Tobin, arcivescovo di Newark, ha condiviso particolari sulle condizioni del cibo durante il conclave. Il suo racconto conferma e amplia le dichiarazioni di Dolan, riferendo di un pasto “incredibile”… ma servito soltanto al termine delle votazioni. Tobin ha parlato con un sorriso accennato, lasciando intendere che la pausa per mangiare sia stata quasi una ricompensa dopo giorni di lavoro intenso e un’alimentazione scarna.
Tobin ha evidenziato come durante tutta la durata della clausura i cardinali abbiano dovuto restare concentrati e spesso non abbiano avuto la possibilità di godere di cibo adeguato o di pause di ristoro davvero rilassanti. Questo aspetto umano svela il lato meno notorio della gestione quotidiana del conclave, uno spazio in cui la pressione e la responsabilità convivono con bisogni concreti come quello di nutrirsi.
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La decisione di aspettare la fine per servire un pasto soddisfacente è apparsa come una scelta non casuale, quasi un modo per mantenere alta la tensione e l’attenzione, evitando distrazioni. Nella Domus Sanctae Marthae, la cucina non era dunque solo un luogo di servizio, ma una componente della strategia e della disciplina interna al conclave.
Il cardinale Dolan racconta: il cibo come spinta per chiudere il conclave
Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, ha parlato con schiettezza appena terminato il conclave. Davanti ai microfoni della Cnn ha espresso la sua impressione sul servizio gastronomico offerto nella Domus Sanctae Marthae. Secondo Dolan, il cibo “è stato un buon stimolo per concludere la questione”, una battuta che ha lanciato tra il serio e il faceto, ma dietro cui si percepisce la difficoltà vissuta durante le sedute. I giorni di clausura per le votazioni si sono infatti protratti senza pause significative o pasti all’altezza delle aspettative, in base al racconto del porporato.
La cucina all’interno del conclave appare così come un elemento secondario rispetto alla gravità dell’impegno ecclesiale, ma allo stesso tempo ha inciso sul morale e forse anche sul rendimento dei votanti. Dolan ha sottolineato come l’assenza di un vero ristoro abbia creato una tensione ulteriore in un momento già carico di responsabilità, suggerendo che la fame sarebbe stata in qualche modo un motore per accelerare la decisione finale.
Questa testimonianza dà un volto umano a quello che per molti è solo un evento rituale e formale. Il cardinale Dolan non si è limitato a commentare la spiritualità o le procedure canoniche, ma ha evidenziato l’aspetto pratico della vita quotidiana, fatto di attese e di necessità fisiche dentro le mura del Vaticano.
Il clima dentro la Domus Sanctae Marthae: tra sacro e quotidiano
Qualche giorno dopo l’inizio delle votazioni, è emerso che i giorni di clausura trascorsi nella Domus Sanctae Marthae sono stati segnati non solo dalla solennità e dal mistero della scelta papale ma anche da momenti di disagio fisico. La fame è diventata un elemento palpabile tra i cardinali, evidenziando la tensione che si accumula non solo sul piano spirituale ma anche corporeo.
Il racconto di Dolan e Tobin svela una realtà fatta di limiti materiali, dove l’attenzione agli aspetti rituali ha avuto la precedenza rispetto al benessere fisico dei partecipanti. Il cibo, elemento normalmente in grado di portare conforto, qui è apparso raro e forse poco curato. L’assenza del “profumo” e del “gusto” si è trasformata nel segno di quanto la clausura sia stata dura.
Questa difficoltà concreta, quasi una prova ulteriore, si intreccia con il senso di responsabilità e l’ambiente rarefatto del conclave, facendo emergere una quotidianità fatta di attese, tensioni e piccoli privilegi concessi solo dopo lunghe ore di lavoro e preghiera. La clausura, dunque, non riguarda solo il segreto e il mistero, ma la gestione di bisogni umani di base.
Le testimonianze raccolte indicano come anche aspetti apparentemente secondari – come il pasto – possano assumere un peso simbolico all’interno di momenti storici e rituali come quelli vissuti dal Corpo cardinalizio durante le votazioni. Il rapporto tra bisogno fisico e responsabilità spirituale emerge così in tutta la sua concretezza, rivelando un lato inedito del conclave 2025.