Il remake di Biancaneve, in arrivo il 20 marzo, ha suscitato un acceso dibattito per la sua decisione di escludere i sette nani dal titolo e di sostituirli con personaggi generati al computer. Questa scelta ha sollevato preoccupazioni tra attori e membri della comunità delle persone nane, che vedono in essa una mancanza di rappresentanza e un perpetuarsi di stereotipi negativi. La questione si inserisce in un contesto più ampio, che esplora la storia delle persone nane nel cinema e il loro trattamento nel corso degli anni.
La controversia dei sette nani
La nuova versione di Biancaneve ha scelto di omettere i sette nani dal titolo, un cambiamento che ha scatenato reazioni forti tra gli attori e le associazioni che rappresentano le persone con nanismo. Marco Sessa, presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio dell’Acondroplasia, ha definito questa decisione «una fesseria» che rischia di ridurre le persone nane a semplici personaggi caricaturali. La storia dei sette nani, originariamente creata dai Fratelli Grimm e portata al cinema da Disney nel 1937, ha sempre avuto un impatto significativo sulla percezione pubblica delle persone nane. La loro esclusione dal titolo e la sostituzione con creature digitali ha riacceso il dibattito su come il cinema rappresenti questa comunità .
La scelta di utilizzare la CGI per creare i nani ha sollevato interrogativi sulla rappresentanza e sull’opportunità di impiegare attori reali. Gli attori nane hanno espresso il timore che questa decisione possa ridurre ulteriormente le loro già limitate opportunità di lavoro. Dylan Postl, un attore nano, ha lamentato la mancanza di ruoli disponibili per le persone della sua statura, sottolineando come la tecnologia stia sottraendo opportunità di lavoro a chi, per professione, interpreta personaggi come i nani.
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La storia delle persone nane nel cinema
L’immagine delle persone nane nel cinema ha attraversato diverse fasi nel corso della storia. Dall’epoca medievale, quando erano considerati “scherzi della natura”, fino ai giorni nostri, il loro ruolo è stato spesso quello di intrattenitori, relegati a ruoli marginali o caricaturali. Il film “Freaks” del 1932 ha rappresentato un punto di svolta, mostrando attori con disabilità in ruoli autentici, ma ha anche suscitato polemiche per il suo realismo crudo. La rappresentazione delle persone nane è stata spesso limitata a due categorie: come “freak” o come personaggi fantasy.
Nella prima versione di Biancaneve, i sette nani erano caratterizzati da nomi che riflettevano le loro personalità , ma questo approccio ha contribuito a perpetuare stereotipi. Altri film, come “Il Mago di Oz“, hanno utilizzato attori nani in ruoli secondari, alimentando teorie cospirative infondate riguardo a presunti complotti all’interno di Hollywood. Solo negli ultimi anni, grazie a figure come Peter Dinklage, il panorama cinematografico ha iniziato a presentare personaggi con nanismo in modo più complesso e sfumato.
L’impatto della tecnologia e le polemiche attuali
La recente introduzione della tecnologia CGI ha complicato ulteriormente la questione. In “Wonka”, ad esempio, Hugh Grant interpreta un personaggio di bassa statura grazie a effetti digitali, sollevando interrogativi sulla rappresentanza autentica. Mark Povinelli, attore e attivista, ha paragonato l’uso della CGI per rappresentare il nanismo a una forma moderna di “blackface”, in quanto si cerca di mantenere l’aspetto fisico senza la reale autenticità delle persone con nanismo.
Peter Dinklage è stato uno dei primi a criticare il remake di Biancaneve, evidenziando come la storia originale perpetui stereotipi obsoleti. La risposta della Disney ha cercato di giustificare la scelta di escludere i nani, affermando di voler adottare un approccio più inclusivo. Tuttavia, l’uso della CGI ha escluso attori nane, alimentando il malcontento e la frustrazione all’interno della comunità .
La necessità di una rappresentazione autentica
Le preoccupazioni espresse da attori e attivisti evidenziano un problema più ampio legato alla rappresentazione delle persone nane nel cinema. Marco Sessa ha sottolineato che la narrazione attuale tende a ridurre le persone nane a figure di fantasia, contribuendo a una percezione distorta della loro realtà . La mancanza di ruoli significativi in cui le persone nane possano essere rappresentate come individui completi e complessi continua a essere una sfida.
Gioele Torresan, un giovane attore con acondroplasia, ha condiviso la sua esperienza, evidenziando come la rappresentazione autentica possa contribuire a una maggiore comprensione e accettazione del nanismo. La sua speranza è che il cinema possa evolversi verso una rappresentazione più equa e realistica, in modo che le persone nane possano essere viste non solo come personaggi di fantasia, ma anche come protagonisti delle loro storie.
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