Una piccola tutina rosa è diventata un elemento cruciale nelle indagini per la morte della bambina trovata priva di vita a villa pamphili. Il ritrovamento dell’abitino, sistemato con cura e abbandonato in un cestino poco distante dal corpo, ha aperto nuove piste per gli investigatori. Intanto le analisi del DNA confermano la relazione tra la piccola e la donna trovata morta a circa duecento metri dal luogo del ritrovamento della bambina.
Ritrovamento e analisi iniziali: il ruolo dell’abito rosa nel caso
L’abito estivo in cotone rosa, appartenente alla bambina, è stato scoperto in un cestino dei rifiuti vicino al luogo dove il corpo della piccola è stato rinvenuto. L’attenzione dei carabinieri si è concentrata subito su questo dettaglio, considerandolo un possibile indizio lasciato dall’autore del gesto. L’abito, intatto e ben piegato, sembrava quasi abbandonato a fretta. La sua posizione e lo stato di conservazione hanno portato gli investigatori a ipotizzare che fosse stato tolto in modo rapido, forse per cancellare tracce o elementi utili per identificare chi ha compiuto il crimine.
Analisi forensi sull’abito
Gli esperti hanno avviato subito una serie di analisi sulle fibre, sulle impronte digitali e ogni possibile traccia biologica, come capelli o residui, che potessero rivelare indizi sulla dinamica dell’omicidio. La scelta dell’abito e la sua condizione si sono dimostrate fondamentali vista l’assenza di altri elementi riconoscibili nella zona. L’etichetta con la taglia “6-12 mesi”, infatti, ha fornito una prima conferma sulla fascia d’età della bambina, già stimata durante l’autopsia dal medico legale.
Difficoltà e complessità dell’indagine tra vittime senza identità
L’inchiesta si è rivelata particolarmente complicata per via della natura delle vittime e delle circostanze in cui sono state trovate. La madre e la figlia, infatti, non risultano in nessun database nazionale o locale, né risulta essere stata segnalata alcuna scomparsa recente che potesse indirizzare le ricerche. Le autorità hanno dunque un quadro frammentato e senza riferimenti chiari su chi fossero queste persone.
Gli investigatori della squadra mobile, coordinati dal dirigente Giuseppe Cascini e dal pm Antonino Verdi, lavorano senza pause su un caso che definiscono tra i più difficili della loro carriera. La mancanza di documenti, di segnalazioni o di testimonianze dirette rende ogni passo tortuoso e incerto. La natura stessa del ritrovamento, in un parco pubblico, come villa pamphili, un luogo di transito ma anche di rifugio, aggiunge ulteriore complessità nel ricostruire come le vittime abbiano potuto arrivarci e cosa sia successo poco prima che la tragedia si consumasse.
Contesto e ipotesi sulle vittime: possibile fuga e isolamento
Le indagini hanno portato a circoscrivere alcune ipotesi sul background delle vittime. Una delle piste più seguite è la presenza di una donna sola, senza documenti e senza alcun collegamento con la comunità locale, che potrebbe aver cercato rifugio in Italia da poco tempo. Non si esclude che madre e figlia fossero straniere arrivate da altre zone o in fuga da situazioni violente o pericolose.
Il fatto che nessuno abbia denunciato la loro scomparsa suggerisce un isolamento completo, forse dettato da paura o necessità di proteggersi. Questo elemento complica ulteriormente il lavoro degli inquirenti, che restano senza una rete di conoscenti o famigliari a cui rivolgersi per raccogliere informazioni. Ma la scoperta del piccolo abito rosa, scelto con cura dalla madre per la sua bambina, offre un’immagine umana e potente in mezzo all’oscurità del caso.
Quel dettaglio personale emerge come un elemento che prova quanto ci fossero vita e affetto, anche in una situazione segnata da dolore e silenzio.
I prossimi passaggi dell’indagine punteranno a trovare nuove tracce, dalle analisi forensi alla raccolta di testimonianze, per provare a ricostruire quel tragico momento e dare un volto alle vittime ritrovate a villa pamphili.