Endometriosi: la malattia invisibile che colpisce il 10% delle donne in età fertile
In occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi, la Professoressa Flaminia Coluzzi dell’Università Sapienza di Roma evidenzia l’importanza della diagnosi precoce e del trattamento per migliorare la qualità di vita delle pazienti.

Endometriosi: la malattia invisibile che colpisce il 10% delle donne in età fertile - unita.tv
L’endometriosi è una condizione medica complessa e spesso sottovalutata, che interessa circa il 10% delle donne in età fertile. Questo dato, tuttavia, potrebbe essere inferiore alla realtà, poiché la diagnosi di endometriosi è frequentemente ritardata a causa della difficoltà di riconoscere i sintomi. In occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi, che si celebra il 28 marzo, è fondamentale approfondire i segnali da monitorare e le implicazioni di questa patologia, con l’aiuto di esperti del settore.
I segnali d’allerta dell’endometriosi
Recenti ricerche hanno evidenziato che una risposta neuro-infiammatoria potrebbe essere alla base dei sintomi dolorosi associati all’endometriosi. Tra i principali segnali d’allerta, la dismenorrea, ovvero le mestruazioni dolorose, emerge come un indicatore cruciale. Questo disturbo colpisce oltre il 65% delle donne affette da endometriosi durante l’adolescenza. Il dolore può manifestarsi non solo durante il ciclo mestruale, ma anche nei periodi intermestruali, nei rapporti sessuali e durante l’evacuazione, spesso accompagnato da disturbi gastrointestinali.
La Professoressa Flaminia Coluzzi, docente di Anestesiologia e Terapia del Dolore presso l’Università Sapienza di Roma e presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea, sottolinea che il dolore è la motivazione principale che spinge le donne a consultare il medico. Tuttavia, il ritardo medio nella diagnosi di endometriosi è stimato in oltre sei anni dall’insorgere dei sintomi. Questo ritardo è preoccupante, considerando l’impatto significativo che la malattia ha sulla qualità della vita delle pazienti.
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L’endometriosi e il dolore cronico
Per molte donne, la percezione del dolore associato all’endometriosi è spesso considerata una condizione normale, anche quando l’intensità è tale da compromettere le attività quotidiane. La presenza di giovani donne nei centri di medicina del dolore evidenzia un problema di consapevolezza e diagnosi tardiva. Quando l’endometriosi evolve in dolore pelvico cronico, la situazione diventa più complessa da gestire.
La terapia ormonale rappresenta la prima linea di trattamento, ma negli ultimi anni si è registrato un crescente interesse per il ruolo della neuroinfiammazione, sia a livello periferico che nel sistema nervoso centrale. La Professoressa Coluzzi evidenzia che, per le adolescenti, è spesso difficile distinguere tra dismenorrea fisiologica e forme patologiche. La diagnosi è ulteriormente complicata dalla precoce insorgenza del menarca, che può portare a una scarsa consapevolezza della necessità di consulti ginecologici specialistici anche in giovane età.
L’adolescenza, infatti, rappresenta una fase di transizione delicata, durante la quale è possibile che si verifichino lacune nei servizi di assistenza sanitaria. È quindi cruciale promuovere una collaborazione interdisciplinare tra pediatri e specialisti per garantire un supporto adeguato alle giovani pazienti.
Le implicazioni neurologiche dell’endometriosi
Le fluttuazioni ormonali che si verificano durante il ciclo ovarico possono innescare reazioni infiammatorie e dolore pelvico ciclico, noto come dismenorrea primaria, che può essere trattato efficacemente con analgesici comuni. Tuttavia, nel tessuto pelvico sono presenti anche cellule del sistema immunitario, chiamate mastociti, che, se iperattivate, possono contribuire a fenomeni di sensibilizzazione centrale. Questo porta a un’amplificazione dei segnali dolorosi provenienti dalle strutture pelviche, un processo noto come neuro-infiammazione, che può evolvere in dolore pelvico cronico.
È fondamentale intervenire tempestivamente per controllare la neuro-infiammazione, riducendo così il rischio di sviluppare dolore pelvico cronico in età adulta. Tra le opzioni terapeutiche disponibili, le molecole note come ALIAmidi possono ripristinare i livelli di neuroinfiammazione a uno stato fisiologico protettivo per l’organismo. La Professoressa Coluzzi conclude affermando che le pazienti hanno diritto a un trattamento che permetta loro di recuperare una qualità di vita ottimale, evidenziando l’importanza di una diagnosi precoce e di un approccio terapeutico mirato.