Il tema dei referendum costituzionali torna al centro del dibattito parlamentare con proposte che cercano di modificare l’articolo 75, relativo alle modalità di svolgimento di queste consultazioni popolari. Forza Italia e il Movimento 5 stelle presentano idee agli antipodi per adeguare il sistema alle nuove condizioni politiche e sociali italiane. La questione arriva mentre la partecipazione alle recenti votazioni appare sempre più bassa, scatenando riflessioni sul funzionamento e l’efficacia dei referendum.
Le proposte di forza italia per aumentare le firme e i consigli regionali necessari
La proposta di legge presentata da Forza Italia, con firmatari come Maurizio Gasparri e Adriano Paroli, punta a rendere più difficile indire un referendum abrogativo. L’obiettivo è raddoppiare il numero minimo di firme da 500.000 a un milione e aumentare da cinque a dieci il numero di consigli regionali che devono approvare una proposta. Questa iniziativa nasce dall’analisi del risultato del referendum di giugno 2023 su lavoro e cittadinanza, che ha registrato una bassa affluenza. Forza Italia giustifica così l’intervento come una necessità per evitare un’eccessiva frammentazione di quesiti referendari e per dare a questi strumenti una maggiore solidità e rappresentatività. Nel testo si parla esplicitamente di un “esito negativo” della consultazione, che testimonierebbe una disaffezione degli elettori e imporrebbe una riflessione sull’opportunità di cambiare le regole per salvaguardare la democrazia diretta.
Una linea rigida contro le proposte fragili
Questa linea segue un ragionamento piuttosto rigido: a parere degli azzurri serve limitare l’accesso ai referendum per evitare “proposte fragili” e numerose che si traducono in una scarsa partecipazione e in risultati poco rappresentativi. Il raddoppio delle firme richieste rappresenta un filtro importante, mentre l’incremento del numero di consigli regionali invece di cinque a dieci punta a coinvolgere maggiormente il territorio nelle scelte di referendum. Da un lato questa proposta potrebbe rallentare l’avvio di quesiti referendari anche per temi forti, dall’altro punta a garantire un livello di consenso più alto e una partecipazione più estesa.
La proposta del movimento 5 stelle per abbassare il quorum alla metà degli aventi diritto
In netto contrasto, il Movimento 5 stelle ha presentato una proposta molto diversa, firmata dalla senatrice Alessandra Maiorino. Qui l’intento è abbassare drasticamente il quorum per la validità dei referendum abrogativi, portando il limite dalla maggioranza degli aventi diritto a un terzo. Il M5s si basa su dati storici che mostrano una tendenza consolidata: la partecipazione alle consultazioni è sempre bassa, indipendentemente dai temi trattati. Il mancato raggiungimento del quorum appare sempre più frequente, delegittimando di fatto gli sforzi di milioni di cittadini che partecipano attivamente. Secondo questa proposta, il quorum attuale appare un ostacolo insormontabile, che consente a chi preferisce boicottare il referendum di farlo con facilità.
Più referendum validi con quorum ridotto
La scheda del disegno di legge mette in rilievo come la riduzione del quorum non solo renderebbe validi più referendum ma eviterebbe anche situazioni in cui l’assenza di votanti produce risultati distorti, con esultanze sessate da chi ha boicottato la votazione. Il Movimento 5 stelle spinge per una riforma che renda più accessibile e attuabile questo strumento di partecipazione diretta, che in passato ha spesso fallito nel coinvolgere un numero soddisfacente di cittadini. Questa linea mette in crisi chi vede nel quorum uno scudo necessario per evitare referendum impulsivi o strumentali.
Gli schieramenti contrari e le reazioni politiche sul quorum e le firme elettroniche
Il dibattito si infiamma sulle conseguenze delle proposte e sulle pratiche da adottare per la raccolta delle firme. Maurizio Gasparri, tra i proponenti della stretta, ha definito “fuori dal mondo” l’idea di ridurre il quorum così drasticamente, invitando a riflettere con attenzione su strumenti come le firme elettroniche. A questo proposito, il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli, ha recentemente affermato di voler abolire la raccolta digitale delle sottoscrizioni, ritenendola un rischio per la democrazia. Queste dichiarazioni hanno scatenato polemiche nel panorama politico. Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ha annunciato che il suo partito presenterà presto una proposta che non solo cambia il quorum, ma riguarda anche il ruolo della Corte costituzionale nel giudicare l’ammissibilità dei quesiti referendari.
La società civile si muove: il comitato basta quorum!
Parallelamente, si muove la società civile con il comitato “Basta Quorum!” che ha raccolto 50 mila firme in 24 ore per una legge popolare che elimina il quorum. Dietro a queste iniziative si percepisce la volontà diffusa di rivedere in profondità le regole che regolano i referendum abrogativi, considerati strumento essenziale per la democrazia ma svilito da regole che ne limitano la diffusione e l’efficacia.
L’opinione pubblica e il sondaggio izi sulle modifiche al quorum e alle sottoscrizioni
Un sondaggio condotto da Izi ha fotografato le opinioni degli italiani sulle riforme in discussione. Il 60% degli intervistati si è detto favorevole a ridurre il quorum almeno al 40% degli aventi diritto. Questo sentimento appare ancora più forte tra gli elettori di opposizione, dove fino all’80% sostiene l’abbassamento del quorum. Al contrario, tra gli elettori della maggioranza solo il 38,5% appoggia questa soluzione. Su un altro fronte, più del 60% degli intervistati ha bocciato l’idea di aumentare a un milione il gruppo minimo di firme necessarie a indire un referendum. Qui però sussiste una netta divisione politica, con i sostenitori del centrodestra più favorevoli al rafforzamento dei requisiti.
Questi risultati mostrano come il tema referendum resti divisivo e riflettano una frattura tra la base elettorale dei vari partiti che si traduce poi nelle proposte legislative molto diverse presentate a Senato e Camera. Il confronto si preannuncia lungo, visto che interesse pubblico e l’effettiva partecipazione popolare restano al centro del dibattito democratico.