La riforma della Rai coinvolge la nomina del consiglio di amministrazione e punta a garantire più indipendenza al servizio pubblico televisivo dal governo. La maggioranza propone di affidare al Parlamento la scelta di 6 membri del cda, mentre infuria la discussione sulle modalità di voto, con la richiesta di una maggioranza assoluta a partire dal terzo scrutinio per eleggere anche il presidente. La proposta nasce per attuare l’European Media Freedom Act e porta tensioni tra i principali schieramenti politici.
La svolta nella nomina del consiglio di amministrazione della Rai e le resistenze politiche
Nel nuovo schema istituzionale per la Rai l’elezione del consiglio di amministrazione passa dal governo a un voto parlamentare diretto. Sei dei sette consiglieri saranno scelti dal Parlamento con una particolare procedura di voto. Nei primi due scrutini sarà possibile ottenere la nomina con una maggioranza semplice, ma dal terzo scrutinio in poi, e per il presidente, servirà una maggioranza assoluta, cioè più della metà degli aventi diritto.
L’idea è stata sviluppata nel comitato ristretto nato per unificare 11 proposte diverse, tutte mirate ad adeguare la Rai alle novità introdotte dall’European Media Freedom Act, una legge dell’Unione Europea in vigore dall’8 agosto 2025 che impone una maggiore indipendenza delle aziende di servizio pubblico dai governi nazionali.
Il tema è diventato rapidamente un motivo di scontro: il centrodestra spinge per una rapida approvazione in Senato tra settembre e ottobre 2025, mentre l’opposizione si mostra molto critica. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha duramente criticato i continui ritardi in Vigilanza Rai, sottolineando il rischio di paralisi istituzionale che danneggia la libertà dell’informazione. L’appello del capo dello Stato ha trovato eco nella presidente della commissione di Vigilanza, Barbara Floridia, che parla di necessità di rafforzare la democrazia e il servizio pubblico attraverso una riforma concreta.
Nonostante le pressioni, la situazione resta bloccata: dopo nove tentativi falliti il voto sul nuovo presidente Rai sembra rinviato almeno a settembre, vista la complessità e il numero di questioni ancora aperte.
Il media freedom act e la nuova cornice giuridica per le aziende pubbliche di informazione
L’8 agosto 2025 è entrato in vigore il Media Freedom Act, regolamento che punta a garantire la libertà e l’indipendenza dei servizi media pubblici nell’Unione Europea. La norma obbliga gli Stati membri a tutelare queste realtà da interferenze politiche dirette e annunciò quindi un cambiamento profondo nel modo in cui si dovranno gestire enti come la Rai.
Nel dettaglio, il testo richiede criteri trasparenti per la nomina dei dirigenti e dei consigli di amministrazione, con meccanismi che assicurino il pluralismo e l’assenza di condizionamenti da parte del governo o di partiti.
Il progetto di riforma della Rai mira proprio a rispettare questi parametri, spostando il potere di nomina su un organo a rappresentanza più ampia e articolata, il Parlamento, e introducendo un meccanismo di maggioranza qualificata nel voto per il presidente, così da evitare nomine imposte da forze politiche minoritarie.
Il meccanismo proposto, infatti, prevede un voto a maggioranza semplice nei primi due scrutini, poi a maggioranza assoluta dal terzo in poi, che dovrebbe ridurre decisioni di parte e migliorare l’equilibrio tra le forze politiche.
L’adeguamento alla nuova legge europea è un tema cruciale per la Rai, che si trova al centro di tensioni politiche da diverso tempo. Proprio per questo il testo base di riforma è risultato complesso da concordare e continua a suscitare dibattito acceso nei lavoratori e negli addetti ai lavori.
Le polemiche politiche sulla nuova legge: accuse, difese e visioni contrapposte
Il testo che propone di spostare la scelta dei consiglieri Rai al Parlamento, con un ruolo dominante della maggioranza, ha suscitato molte reazioni forti da parte dell’opposizione, che accusa la maggioranza di voler occupare politicamente l’azienda pubblica.
Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva, Azione e +Europa definiscono la proposta “irricevibile” e parlano di un rischio molto concreto che la Rai diventi ostaggio della maggioranza di turno.
La presidente della Vigilanza Barbara Floridia rileva che la presenza di 6 membri su 7 nominati dalla politica rischia di riproporre vecchie dinamiche di dipendenza e condizionamenti politici, mettendo in dubbio l’indipendenza del servizio pubblico.
Il capogruppo Pd Stefano Graziano rincara: “se la proposta passa, i partiti al governo potranno controllare tutti i consiglieri e il presidente Rai, rendendo vana qualunque garanzia di autonomia.” Questi punti di vista trovano un netto contrasto nel centrodestra: Francesco Filini di Fratelli d’Italia fa notare come l’ingerenza venga criticata solo a seconda che il proprio schieramento sia al governo o all’opposizione, mentre Maurizio Gasparri e Roberto Rosso di Forza Italia sostengono che la proposta rafforzi la centralità del Parlamento e corregga difetti delle riforme precedenti.
Sono in corso incontri e confronti parlamentari per cercare di trovare un accordo, ma il clima resta teso e non è escluso che altre modifiche arrivino da qui all’inizio dell’autunno.
Altri punti chiave della riforma: risorse, partecipazioni e regolamentazione degli influencer
Oltre alla composizione del consiglio e al nuovo sistema di votazione, il testo base della riforma tocχa altri aspetti concreti della gestione Rai. Tra questi la conferma di un tetto massimo per il canone, che potrà subire un taglio non superiore al 5% rispetto all’anno precedente e solo in casi eccezionali.
Giorgio Maria Bergesio della Lega considera questa una misura insufficiente ma comunque accettabile, mentre nel dibattito continua il confronto sulle risorse necessarie per il servizio pubblico.
La riforma autorizza inoltre la Rai a cedere quote nelle società controllate, mantenendo però il controllo su quelle non quotate in borsa. Questo punto mira a una gestione più flessibile del patrimonio societario dell’azienda.
Un capitolo a parte riguarda la richiesta di un canale Rai dedicato esclusivamente a programmi culturali e rubriche senza pubblicità o televendite, un modo per rafforzare l’offerta culturale senza compromettere la qualità dei contenuti con pubblicità invasive.
Infine la riforma include misure che equiparano gli influencer ai fornitori di servizi media audiovisivi. Questo significa che dovranno rispettare le regole italiane relative a contenuti e pubblicità con maggiore trasparenza e saranno soggetti a giurisdizione nazionale. L’obiettivo è normare un settore in rapida espansione oggi molto monitorato per gli effetti sull’informazione e la comunicazione digitale.
Le discussioni su questi punti sono parte del difficile confronto che accompagnerà il passaggio della riforma Rai nelle prossime settimane. Il gioco politico è aperto e il ruolo parlamentare nel controllo del servizio pubblico diventerà centrale nella stagione che si apre.
Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2025 da Elisa Romano