Il governo italiano ha avviato una riforma significativa sulla cittadinanza, introducendo nuove regole e limitazioni sullo ius sanguinis. Questa iniziativa arriva in un periodo di dibattito intenso, in particolare in vista del referendum proposto dal centrosinistra. La riforma mira a rendere più rigorosi i criteri per l’acquisizione della cittadinanza, mantenendo comunque il principio dello ius sanguinis, ma con importanti modifiche.
Modifiche allo ius sanguinis
La riforma della cittadinanza si compone di tre provvedimenti distinti. Il primo è un decreto-legge che stabilisce disposizioni urgenti in materia di cittadinanza, seguito da un disegno di legge che affronta ulteriori disposizioni e da un terzo disegno di legge volto a migliorare i servizi per gli italiani residenti all’estero. Tra le novità più significative, emerge la limitazione della trasmissione automatica della cittadinanza iure sanguinis alle prime due generazioni. Questo significa che solo le persone con un genitore o un nonno nato in Italia potranno ottenere la cittadinanza in modo diretto. Inoltre, per i figli di cittadini italiani nati all’estero, è stato stabilito che la registrazione dell’atto di nascita deve avvenire prima del compimento dei 25 anni.
Un altro aspetto innovativo è l’introduzione del concetto di “cittadinanza persa per desuetudine”. Questa norma prevede che chi non mantenga alcun legame effettivo con l’Italia per un periodo di almeno 25 anni possa perdere la cittadinanza. Questa modifica è stata pensata per evitare abusi e per garantire che la cittadinanza italiana sia legata a un effettivo legame con il Paese.
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Nuove opportunità e implicazioni
La riforma ha come obiettivo principale quello di ridurre il numero di richieste di cittadinanza basate su legami anagrafici, favorendo invece coloro che desiderano integrarsi attivamente nella società italiana. Tuttavia, l’esecutivo ha previsto alcune facilitazioni per l’immigrazione “di ritorno”. I figli minorenni di cittadini italiani potranno acquisire la cittadinanza se nati in Italia o se residenti nel Paese per almeno due anni.
Un altro punto importante riguarda la possibilità di riacquistare la cittadinanza per coloro che l’hanno persa, che potranno farlo dopo due anni di residenza in Italia. Per i discendenti di italiani, le tempistiche per la residenza si riducono a tre anni. Inoltre, le persone che hanno sposato un cittadino italiano potranno accedere alla naturalizzazione solo se residenti in Italia, una misura pensata per contrastare i matrimoni di convenienza. Infine, la riforma chiarisce la trasmissione della cittadinanza materna per i nati dopo il 1927, risolvendo una questione che era rimasta irrisolta per anni.
Prospettive e numeri della riforma
Secondo le stime del Ministero, oltre 60 milioni di persone nel mondo discendono da italiani e potrebbero richiedere la cittadinanza. Paesi come Argentina e Brasile ospitano una significativa popolazione con origini italiane. Recentemente, il presidente argentino Javier Milei ha ottenuto la cittadinanza italiana, evidenziando l’interesse crescente per questo diritto.
La riforma si propone di stabilire un filtro più rigoroso per le richieste di cittadinanza, garantendo che questo diritto rimanga legato a un legame concreto con l’Italia. Attualmente, circa il 3% della popolazione argentina possiede un passaporto italiano, una percentuale in aumento. Tuttavia, la riforma ha suscitato polemiche, in particolare perché arriva in un momento di cambiamenti significativi nelle leggi sulla cittadinanza, con un referendum previsto per giugno sul tema della residenza in Italia per ottenere la cittadinanza. Questa riforma potrebbe indebolire le proposte delle associazioni civili e dell’opposizione, rendendo il dibattito ancora più acceso.