Decine di migliaia di cittadini israeliani si sono mobilitati per protestare contro il governo di Benjamin Netanyahu, bloccando l’accesso a Gerusalemme e manifestando anche a Tel Aviv. Le ragioni di queste manifestazioni sono molteplici, ma si concentrano principalmente sulla gestione della sicurezza e sulla ripresa dei combattimenti a Gaza. La tensione è palpabile, con arresti e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.
La manifestazione di Gerusalemme
Mercoledì 19 marzo, migliaia di persone hanno preso parte a una manifestazione antigovernativa a Gerusalemme, bloccando l’ingresso principale della città e dirigendosi verso la residenza del primo ministro Netanyahu. I partecipanti, provenienti da diverse città israeliane, hanno espresso il loro dissenso nei confronti delle politiche governative, in particolare per quanto riguarda la sicurezza nazionale e la guerra a Gaza.
La protesta è stata innescata dalla decisione del governo di licenziare Ronen Bar, capo dello Shin Bet, accusato di non aver gestito adeguatamente le questioni di sicurezza. Tuttavia, il fulcro della contestazione è la ripresa dei combattimenti nella Striscia di Gaza, che ha riacceso un acceso dibattito in tutto il Paese. Shikma Bressler, una delle leader del movimento, ha lanciato un appello alla folla, esprimendo preoccupazione per la vita dei cittadini israeliani e dei palestinesi. Le sue parole hanno risuonato tra i manifestanti, evidenziando un crescente sentimento di paura e frustrazione.
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La situazione è degenerata quando alcuni manifestanti hanno tentato di oltrepassare le barriere di sicurezza, portando a scontri con la polizia. Le forze dell’ordine hanno risposto con fermezza, effettuando diversi arresti. Al contempo, altre manifestazioni si sono svolte in diverse aree di Gerusalemme, dove centinaia di persone hanno lanciato slogan per la liberazione degli ostaggi. Il richiamo a Ron Arad, un ufficiale israeliano scomparso nel 1986, ha sottolineato il timore di una sorte simile per gli ostaggi attualmente nelle mani di Hamas.
Nei pressi della residenza di Netanyahu, un altro gruppo di manifestanti ha bloccato Paris Square, creando disagi al traffico e contribuendo a un clima di crescente tensione. Queste azioni, pur apparendo pacifiche, riflettono un profondo disaccordo all’interno della società israeliana riguardo alla gestione della guerra e alla politica di sicurezza.
Le manifestazioni a Tel Aviv
Le proteste non si sono limitate a Gerusalemme. Martedì 18 marzo, a Tel Aviv, migliaia di persone hanno sceso in piazza per contestare il governo e la figura di Netanyahu. I manifestanti hanno espresso il loro disappunto, accusando il primo ministro di non dare priorità alla sicurezza del Paese, ma piuttosto di proteggere la propria coalizione di governo.
Durante la manifestazione, i partecipanti hanno utilizzato termini forti per descrivere Netanyahu, definendolo “dittatore” e chiedendo la sua rimozione. I media hanno descritto l’evento come una delle manifestazioni più significative degli ultimi mesi, con una partecipazione che ha superato le aspettative degli organizzatori.
La rottura del cessate il fuoco con Hamas
Le manifestazioni si sono svolte in un contesto di crescente tensione, coincidente con la ripresa delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. Lunedì 17 marzo, Israele ha interrotto l’accordo di cessate il fuoco, avviando bombardamenti che hanno causato oltre 400 morti tra i palestinesi. Questo attacco ha sollevato preoccupazioni tra gli israeliani riguardo alla sorte degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
La rottura dell’accordo è avvenuta dopo che Hamas ha rifiutato di liberare metà degli ostaggi israeliani, una condizione posta da Israele per estendere il cessate il fuoco. Le parole di Netanyahu, che ha giustificato la ripresa dei bombardamenti come necessaria per la sicurezza del Paese, hanno alimentato il malcontento. Molti cittadini percepiscono le azioni militari come un tentativo di guadagnare tempo per affrontare una crisi interna legata alla gestione della guerra e agli ostaggi.
Le manifestazioni continuano a crescere in intensità , con un numero crescente di israeliani che chiedono un cambiamento radicale nella politica di sicurezza, invocando la fine della violenza e il rilascio degli ostaggi.
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