A pochi passi dal summit della Nato, a l’Aja si è costituito un nuovo gruppo politico europeo che si oppone all’aumento delle spese militari e punta a riportare al centro il tema della pace nel continente. L’iniziativa è stata presentata durante la conferenza ‘No Rearm, No War‘, organizzata da Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle. Hanno aderito quindici partiti e movimenti provenienti da undici paesi europei, con la partecipazione di figure di spicco della sinistra continentale e di formazioni euroscettiche.
Il contesto politico dietro la conferenza no rearm, no war
La conferenza ha avuto luogo in concomitanza con il vertice Nato che si teneva proprio nella stessa città olandese. Questo momento ha segnato una risposta diretta alle decisioni prese dagli stati membri dell’alleanza atlantica riguardo all’aumento delle spese militari in Europa. I promotori del fronte alternativo hanno espresso forte preoccupazione per quella che definiscono una “corsa agli armamenti” che rischia di mettere in secondo piano gli obiettivi fondanti dell’Unione europea.
Tra i partecipanti più noti ci sono Yolanda Díaz, ministra del Lavoro spagnola e leader del movimento Sumar; Jeremy Corbyn, ex capo dei laburisti britannici; Jimmy Dijk, guida del Partito Socialista olandese; Zoe Konstantoupolou, ex presidente della Camera greca ed esponente di Course of Freedom; Manon Aubry della France Insoumise ed eurodeputata co-presidente del gruppo The Left al Parlamento europeo; Fabio De Masi europarlamentare italo-tedesco vicino ai rosso-bruni guidati da Sahra Wagenknecht.
Questi rappresentanti politici provengono da schieramenti diversi ma condividono un’opposizione netta alla priorità data dalla Nato alla crescita degli investimenti militari nel vecchio continente.
Le critiche al piano rearm eu: cosa dicono i promotori
Nel documento finale diffuso dalla conferenza viene sottolineato come l’annuncio del piano ReArm Eu abbia suscitato reazioni immediate in tutta Europa: “un grido di allarme”, scrivono Conte e colleghi. La loro critica riguarda soprattutto l’insistenza sul tema bellico come questione centrale quotidiana nelle politiche europee attuali. Questa focalizzazione rischierebbe secondo loro di cancellare gli scopi originari dell’Ue basati sulla cooperazione pacifica tra Stati membri.
Il messaggio rivolto ai cittadini europei evidenzia anche una dimensione umana oltre che politica: chi partecipa a questo movimento si sente chiamato ad agire non solo come rappresentante istituzionale ma anche come cittadino consapevole dei rischi legati alla militarizzazione crescente.
I firmatari chiedono quindi un cambio netto nelle priorità politiche europee affinché non prevalga più la logica degli armamenti ma quella della convivenza pacifica fondata su diritti sociali fondamentali.
Impegni concreti per promuovere modelli alternativi centrati sui diritti sociali
Oltre alla condanna esplicita delle strategie militari attuali viene proposta una visione alternativa fondata su temi concreti legati al benessere dei cittadini europei. Tra questi figurano istruzione pubblica accessibile a tutti, assistenza sanitaria universale, tutela ambientale, giustizia sociale, lotta contro corruzione, difesa dei diritti fondamentali, ricerca scientifica avanzata.
Gli esponenti politici coinvolti vogliono costruire un modello sociale diverso dove le risorse vengano destinate prioritariamente allo sviluppo umano piuttosto che alle armi o agli apparati bellicosi. Questo approccio mira anche ad abbattere le divisioni linguistiche o nazionali per creare uno spazio comune dove prevalga sempre il principio “se vuoi la pace preparati alla pace”.
Una dichiarazione finale che unisce diversi fronti
La dichiarazione finale ribadisce così l’intenzione ferma di mettere insieme voci diverse ma unite nella richiesta urgente di fermare ogni escalation militare nell’Europa contemporanea.