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Mozione di sfiducia contro Von Der Leyen, la Commissione Europea accusa la Russia di manipolazioni

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Mozione contro Von Der Leyen, Bruxelles punta il dito sulla Russia. - Unita.tv
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La Commissione europea ha puntato il dito contro la Russia, ritenuta dietro la mozione di sfiducia bocciata contro Ursula von der Leyen, avvenuta dieci giorni fa al Parlamento europeo. La denuncia arriva dopo approfondimenti svolti da organizzazioni indipendenti specializzate nella verifica delle informazioni, che avrebbero identificato una campagna mirata a influenzare i processi democratici europei. La questione ha scatenato reazioni politiche molto nette, con aperture al dibattito sul legame tra attacchi esterni e libertà di espressione all’interno delle istituzioni europee.

La campagna russa dietro la mozione: dati e provenienza delle operazioni

Secondo un portavoce della Commissione, Thomas Regnier, diversi report confermano che la campagna che ha sponsorizzato la mozione contro Von der Leyen ha origine e sostegno da Mosca. Tra i documenti citati ci sono quelli di Debunk e Check First, due società specializzate nella lotta alla disinformazione, le quali hanno monitorato attentamente i messaggi divulgati dall’esterno e i loro meccanismi. Questi studi hanno evidenziato una serie di contenuti pubblicati da un gruppo russo, Pravda Network, che ha diffuso un racconto fortemente critico e caricaturale della presidente della Commissione.

L’azione di disinformazione ha interessato numerosi Paesi, tra cui Romania, Polonia, Germania, Francia, Stati Uniti e Paesi baltici. Il linguaggio usato negli articoli dipinge Von der Leyen come una figura antidemocratica, corrotta e vicina a interessi elitari come quelli delle grandi aziende farmaceutiche. In modi diversi, nei post online il suo nome è stato alterato per evocare legami storici negativi, come la deformazione in “UrSula von der Führer”. La mozione di sfiducia è stata raccontata come una battaglia tra i piccoli Stati europei e un blocco consolidato di potere rappresentato dall’asse franco-tedesco.

Analisi dettagliata del report check first e la struttura della disinformazione

Il rapporto firmato da Check First, azienda finlandese leader nei sistemi di analisi delle comunicazioni digitali, ha ricostruito l’andamento della campagna di discredito da marzo fino ai giorni immediatamente precedenti al voto di Strasburgo, i primi di luglio. Sono oltre 20 mila i post pubblicati tramite i canali russi monitorati. Il report sottolinea che questa serie di contenuti si è evoluta da semplici messaggi critici a un’iniziativa coordinata che ha sfruttato più di trenta domini internet per amplificare la narrazione.

L’obiettivo strategico sarebbe stato mettere in dubbio la legittimità di una mozione ufficiale trasformandola in un evento polarizzante, capace di dividere l’opinione pubblica all’interno dell’Unione europea. La campagna ha usato un linguaggio provocatorio e immagini che sottolineavano la presunta natura autoritaria della presidente, facendo leva su teorie complottiste e sospetti verso decisioni politiche europee.

Check First descrive come la copertura del Pravda Network abbia sfruttato deliberatamente i meccanismi democratici per mettere in crisi le istituzioni, consegnando alla propaganda russa uno strumento valido per indebolire la fiducia nelle istituzioni europee.

La posizione dei politici italiani e i loro commenti sulla vicenda

Duro il commento del vicesegretario della Lega, Roberto Vannacci, noto per essersi opposto al voto su Ursula von der Leyen. Vannacci ha parlato di tentativo della sinistra di attribuire ingiustamente alla Russia responsabilità, liquidando le accuse come mosse per alimentare una narrativa complottista. L’eurodeputato ha fatto riferimento a scandali come il Qatar gate, il Pfizer gate e il green gate per contestare la versione dell’ingerenza russa, esprimendo scetticismo sulle accuse di Mosca e con una nota sarcastica sul fatto che qualsiasi evento negativo nel paese sarà presto spiegato come colpa del Cremlino.

Il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, non ha preso parte al voto sulla mozione e ha manifestato una posizione più articolata. Ha respinto sia le ingerenze esterne, sia le accuse della Commissione, ribadendo la necessità di tutelare la libertà di espressione, la possibilità di dissenso e la limpidezza del dibattito politico all’interno delle istituzioni europee. Fidanza ha voluto separare la difesa dell’Europa dalla difesa acritica delle scelte della Commissione, sottolineando la sua intenzione di parlare a nome di cittadini italiani ed europei, senza condizionamenti di poteri esterni.

Il confronto sui legami tra campagne di disinformazione e libertà politica resta aperto, segnalando tensioni che coinvolgono attori nazionali ed europei in un contesto segnato da pressioni internazionali e sfide democratiche.

Ultimo aggiornamento il 20 Luglio 2025 da Matteo Bernardi

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Matteo Bernardi

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