Mobilitazione a Milano dopo lo sgombero del Leoncavallo: assemblee e cortei in città

Proteste a Milano dopo lo sgombero del Leoncavallo, assemblee e manifestazioni in corso. - Unita.tv

Davide Galli

2 Settembre 2025

A Milano la tensione resta alta dopo lo sgombero forzato del centro sociale Leoncavallo, avvenuto il 21 agosto 2025. Attivisti e realtà democratiche e antifasciste della città hanno risposto con un’ampia mobilitazione che ha coinvolto centinaia di persone riunite in assemblee pubbliche per organizzare una manifestazione prevista per il 6 settembre. Le iniziative denunciano le politiche di sicurezza del governo centrale e la progressiva chiusura di spazi sociali storici.

L’assemblea alla Camera Del Lavoro: una risposta collettiva allo sgombero del Leoncavallo

La sala Giuseppe Di Vittorio della Camera del Lavoro a Milano ha ospitato un’assemblea pubblica convocata dal Leoncavallo. Circa 500 persone, secondo gli organizzatori, hanno partecipato all’incontro aperto per coordinare le mobilitazioni contro lo svuotamento del centro sociale. Tra i primi interventi, Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, ha raccontato come le modalità dello sgombero abbiano spinto l’associazione a uscire dai confini del centro per cercare un dialogo più ampio con la città.

Boer ha sottolineato che il Leoncavallo ha sempre lavorato con apertura verso la comunità, un approccio che ora si traduce nell’obiettivo di coinvolgere forze esterne e creare un fronte unito in risposta a quanto accaduto. La manifestazione programmata vuole raccogliere solidarietà e consensi, estendendo il dibattito a realtà sociali, culturali e politiche della metropoli. A ribadire questo spirito, Primo Minelli, presidente di Anpi Milano, ha invitato tutte le realtà antifasciste della città a partecipare a un corteo pacifico e compatto. Minelli ha ricordato la presenza di minacce politiche autoritarie ancora attive e la necessità di una risposta decisa ma non violenta.

Il ruolo del Pd e la frammentazione delle mobilitazioni a Milano

Il Partito Democratico di Milano ha confermato la propria partecipazione al corteo del 6 settembre, con il segretario cittadino Alessandro Capelli. Capelli ha preso parte all’assemblea e ha invitato i militanti del partito a sostenere la manifestazione, confermando così il sostegno politico alle istanze in difesa dei centri sociali.

Non tutte le realtà coinvolte hanno però scelto di muoversi in modo unitario. I militanti del centro sociale Cantiere hanno deciso di organizzare un corteo parallelo, con partenza alle 12 dal piazzale davanti alla stazione Centrale, con l’obiettivo di raggiungere Porta Venezia, dove si uniranno al corteo principale diretto verso il Leoncavallo. Questa scelta riflette una linea di protesta più netta e la volontà di rappresentare altri segmenti della città legati all’occupazione degli spazi sociali.

Una portavoce del Cantiere ha denunciato come lo sgombero faccia parte di una strategia più ampia che favorisce la speculazione immobiliare, rendendo sempre più difficile per molte persone vivere in città a causa degli affitti elevati. Dal centro sociale Lambretta è arrivato un appello a lasciare la guida del corteo alle Mamme del Leoncavallo e non ai rappresentanti politici, segnalando una tensione tra associazioni e politica tradizionale sul modo migliore di rappresentare la protesta.

Le conseguenze dello sgombero e le prospettive per il Leoncavallo

Lo sgombero del Leoncavallo, disposto dal Ministero dell’Interno guidato da Piantedosi, è stato anticipato rispetto alle tempistiche previste e si è svolto senza il coinvolgimento del Comune di Milano. Questo ha provocato uno scontro istituzionale e una mobilitazione sociale significativa in città. L’operazione è stata interpretata come un rafforzamento delle politiche di sicurezza del governo centrale, viste da molte realtà come una limitazione autoritaria di forme di partecipazione e aggregazione sociale alternative.

Nei giorni successivi, il Comune di Milano ha avviato le procedure per assegnare al Leoncavallo una nuova sede in via San Dionigi, nella periferia sud-est della città. L’immobile individuato dovrà ospitare attività culturali, sociali e formative e sarà concesso con diritto di superficie per un periodo fino a 90 anni. La struttura presenta però problemi rilevanti: la presenza di amianto e una rete fognaria insufficiente comportano costi di ristrutturazione stimati intorno ai due milioni di euro. Queste difficoltà rendono incerta la futura operatività del centro sociale e aprono il dibattito sulle modalità per proseguire le attività che da sempre lo caratterizzano.

La mobilitazione delle realtà antifasciste e sociali di Milano resta viva e determinata a non abbandonare gli spazi cancellati dallo sgombero. La manifestazione del 6 settembre sarà un momento importante per valutare la capacità di coesione della città su temi di partecipazione e difesa del tessuto sociale urbano.

Ultimo aggiornamento il 2 Settembre 2025 da Davide Galli