L’attenzione politica italiana si concentra sull’accordo raggiunto al vertice della Nato riguardo all’impegno del 5% di spesa per la difesa. Giorgia Meloni ha sottolineato il carattere non coercitivo degli obiettivi, la flessibilità concessa agli Stati membri e i tempi dilatati per raggiungere il traguardo. Nel dibattito parlamentare, la premier ha risposto con fermezza alle accuse dell’opposizione che parlano di un governo che sottrae risorse al welfare per finanziare il riarmo. La questione coinvolge anche le relazioni internazionali, in particolare con gli Stati Uniti, e le dinamiche interne all’Unione europea.
Accordo nato: flessibilità e tempi lunghi per l’obiettivo del 5%
Al centro delle discussioni c’è l’impegno a destinare almeno il 5% del Pil alla spesa militare entro un arco temporale esteso. Meloni ha evidenziato come questo traguardo sia stato fissato senza imposizioni rigide o vincoli immediati. La presidente del consiglio ha assicurato che nessun euro verrà sottratto ad altre priorità sociali o assistenziali in Italia, smontando così le accuse mosse da Pd e M5S durante il confronto in Parlamento.
La clausola di salvaguardia prevista dall’Unione europea non sarà attivata nel 2026 secondo quanto annunciato dalla premier stessa. Questo punto rappresenta una garanzia importante per evitare tagli forzati ad altri capitoli di bilancio a favore della difesa nazionale.
Il compromesso ottenuto è stato definito da Meloni come “una vittoria molto italiana”, perché tiene conto delle esigenze economiche interne senza rinunciare a rafforzare la posizione dell’Italia nell’Alleanza Atlantica.
Summit de l’Aja: focus su usa, ucraina e posizione italiana
Il vertice tenutosi all’Aja è stato dominato dalla presenza ingombrante di Donald Trump tra i leader mondiali presenti. Durante la cena organizzata dai reali d’Olanda nella capitale olandese Giorgia Meloni ha avuto modo di confrontarsi direttamente con Trump in uno dei tavoli più importanti della serata.
In quell’occasione la premier ha richiamato l’attenzione sulla necessità di mantenere una linea dura anche nei confronti dei conflitti più complessi come quello tra Israele e Gaza oltre alla guerra in Ucraina. Ha chiesto che gli stessi criteri applicati contro l’Iran vengano adottati nelle crisi attuali ritenute insostenibili dal punto di vista umanitario.
Al summit Nato vero e proprio poi Meloni si è espressa pubblicamente sulla necessità di sostenere Kiev nel lungo periodo insieme ai principali leader europei presenti: Francia, Germania, Gran Bretagna e Polonia hanno partecipato a un incontro con Volodymyr Zelensky dove si è sancito ufficialmente il ritorno dell’Italia nel gruppo dei cosiddetti Volenterosi dopo tensioni precedenti avvenute nei mesi scorsi.
Reazioni politiche italiane: divisioni nella maggioranza sulle spese militari
All’interno della coalizione governativa emergono differenze significative sul tema della difesa comune europea rispetto agli impegni presi nell’ambito Nato. Fratelli d’Italia insieme a Forza Italia mostrano compattezza sulle strategie relative al rafforzamento militare mentre la Lega manifesta posizioni meno convinte sull’aumento delle spese destinate al settore bellico.
Antonio Tajani, ministro degli Esteri ricorda come l’esercito europeo rimanga un progetto lontano ma auspicabile – definendolo “il sogno” portato avanti da figure storiche come De Gasperi prima ancora che Berlusconi – tuttavia conferma che oggi serve chiarire dove collocarsi strategicamente: secondo lui bisogna puntare su una cooperazione efficace tra eserciti nazionali piuttosto che su un unico apparato continentale integrato subito.
Meloni ribadisce questa linea affermando esplicitamente che l’Italia fa parte della Nato quale sistema basico occidentale fondamentalmente composto da forze armate nazionali coordinate fra loro; preferisce parlare quindi non tanto di riarmo europeo ma piuttosto del potenziamento della colonna europea dentro questa struttura atlantica già consolidata – formula gradita soprattutto negli ambienti americani ma meno apprezzata dagli stati membri più grandi dell’Ue o dalle istituzioni comunitarie stesse.
Impatti economici previsti dal rafforzamento delle spese militari italiane
Sul fronte economico Giorgia Meloni indica possibili effetti positivi derivanti dall’incremento degli investimenti nella sicurezza nazionale soprattutto per alcune aziende italiane legate direttamente ai settori industrial-militari. La Borsa milanese nelle ore successive alle dichiarazioni ufficializzate dalla premier mostra segnali incoraggianti con rialzi diffusi soprattutto tra imprese specializzate nella produzione tecnologica applicata alla difesa, Leonardo fra tutte.
La presidente sostiene inoltre che lo sviluppo dello stanziamento sui compartimenti sicurezza potrà includere voci diverse quali digitale, trasporti ed infrastrutture strategiche. In questo senso cita anche esempi concreti proposti dal ministro Tajani: uno riguarda addirittura il Ponte sullo Stretto, ipotesizzato quale progetto inseribile nelle nuove linee finanziarie dedicate alla sicurezza nazionale.
Queste aperture però incontrano fortissime critiche da parte dell’opposizione parlamentare. Elly Schlein, segretaria Pd critica duramente la scelta italiana rispetto ad altri paesi europei considerandola subordinata agli interessi americani legati all’amicizia personale fra Meloni e Trump. Sottolinea inoltre come Spagna abbia rifiutato incrementare lo sforzo fino al 3,5%, facendo scelte diverse pur restando nell’Alleanza atlantica.
Le dichiarazioni ufficializzate dalla premier replicano queste accuse minimizzandole: secondo lei infatti sia Italia sia Spagna hanno firmato lo stesso documento impegnativo senza differenze sostanziali nei contenuti formali sottoscritti dai due governi.