
La vertenza dell’ex Ilva di Taranto resta centrale nel dibattito politico nazionale, con il governo che prepara un tavolo con i sindacati per gestire le conseguenze del blocco dell’altoforno Afo1, la richiesta di cassa integrazione per 4.000 lavoratori e le sfide industriali, ambientali e sociali legate al futuro dello stabilimento. - Unita.tv
La vertenza dell’ex Ilva di Taranto resta al centro dell’attenzione politica nazionale. A Palazzo Chigi si è svolta una riunione chiave con i ministri coinvolti nella gestione della crisi dell’acciaieria, per discutere le prossime mosse dopo lo stop dell’altoforno Afo1. L’incontro prepara il tavolo con i sindacati previsto per lunedì pomeriggio, dove dovrebbero emergere i dettagli della linea del governo.
Il vertice a palazzo chigi e i protagonisti della riunione
L’incontro si è svolto a porte chiuse, con la partecipazione di tutti i ministri maggiormente coinvolti nella vertenza Ilva. Dal ministero dell’Industria e del Made in Italy era presente Adolfo Urso, che sta seguendo da vicino il passaggio difficile della siderurgia tarantina dalla gestione commissariale a quella privata, dopo il fallimento dell’accordo con Arcelor Mittal. Accanto a lui, anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, responsabile della supervisione del percorso di decarbonizzazione. L’ex Ilva, un tempo il più grande complesso siderurgico europeo, affronta infatti il nodo ambientale che incide fortemente sulle scelte industriali future.
In rappresentanza dell’Economia era presente Giancarlo Giorgetti, da cui deriva Invitalia, l’ente che gestisce la fase di commissariamento. Presente anche la ministra del Lavoro Marina Calderone, chiamata a occuparsi sia degli aspetti di sicurezza sul lavoro, sia della richiesta di cassa integrazione per circa 4.000 lavoratori. Al tavolo c’era inoltre il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’ampiezza della delegazione ministeriale riflette la complessità dei problemi aperti nella gestione dell’ex Ilva, tra esigenze industriali, sociali e ambientali.
La situazione politica locale e il ruolo del comune di taranto
Prima della riunione a Palazzo Chigi, il ministro Urso ha sottolineato l’importanza delle elezioni comunali a Taranto per definire il futuro dell’impianto. Il consenso del Comune appare cruciale, perché è uno dei soggetti coinvolti nella riconversione e nella decarbonizzazione dello stabilimento. Le amministrazioni locali detengono infatti poteri decisivi sulle autorizzazioni ambientali, e il nuovo assetto politico della città potrebbe influenzare in modo diretto i progetti sul sito siderurgico.
L’esito del ballottaggio previsto domenica pesa quindi non poco sulle scelte del governo, in particolare sulla possibilità di avanzare piani di rilancio o modifiche sostanziali rispetto agli obiettivi iniziali. La relazione tra istituzioni locali e governo centrale si fa delicata in un momento nel quale la tenuta occupazionale e le condizioni ambientali si intrecciano. Il Comune di Taranto ha dimostrato in passato una forte attenzione alle tematiche ambientali, e ogni intervento sullo stabilimento dovrà tenere conto di questo quadro.
Blocco dell’altoforno e ripercussioni sul piano industriale
Il blocco dell’altoforno Afo1 ha rappresentato una svolta nel quadro industriale e politico. L’impianto, strategico per la produzione, è fermo a causa di problemi tecnici o ambientali che hanno causato rallentamenti significativi. Secondo il ministro Urso, questo episodio ha fortemente compromesso il piano industriale elaborato per l’ex Ilva, riducendo le prospettive produttive. L’obiettivo originario di arrivare a 6 milioni di tonnellate di acciaio prodotte ogni anno appare ormai irraggiungibile. Al momento si ipotizza una capacità massima intorno a 4 milioni di tonnellate.
Il crollo della produzione ha riflessi sul valore stesso dell’azienda, che scende giorno dopo giorno. Il blocco ha reso più incerta anche la possibile cessione a investitori esteri. Il governo, dopo un lungo periodo in cui l’opzione preferenziale era rivolta agli azeri di Baku Steel, sta valutando di coinvolgere nuovamente i concorrenti provenienti da India e Stati Uniti, che erano rimasti in secondo piano. L’operazione resta comunque complessa, con il mercato siderurgico internazionale che presenta molte difficoltà.
La richiesta di cassa integrazione per migliaia di lavoratori
In parallelo alla gestione industriale, pesa la crisi sociale legata all’azienda. Acciaierie Italia, la società che amministra l’ex Ilva, ha richiesto la cassa integrazione per circa 4.000 dipendenti, di cui 3.400 nello stabilimento di Taranto. Questa misura è necessaria per fronteggiare il blocco produttivo e l’incertezza sullo sviluppo industriale.
La richiesta coinvolge un numero elevato di lavoratori e ha già acceso il dibattito tra sindacati e governo. Le difficoltà occupazionali potrebbero aggravarsi se non si troverà una via d’uscita rapida e condivisa per l’attività produttiva. Il ministero del Lavoro segue con attenzione questa fase, bilanciando la tutela dei diritti dei lavoratori con le necessità di contenere i costi e gestire la transizione.
Sul fronte sindacale, il tavolo di lunedì sarà cruciale per definire modalità e tempistiche. La cassa integrazione temporanea può essere un contenimento nell’immediato, ma non rappresenta una soluzione strutturale per il rilancio. La sfida resta quella di mettere a punto un modello industriale che tenga conto delle innovazioni necessarie e delle condizioni di lavoro in un impianto complesso come quello di Taranto.
Il governo rimane impegnato a gestire il dossier in una fase delicata, dove le scelte future sull’ex Ilva avranno impatti significativi sul tessuto economico e sociale della città. Il confronto con sindacati e istituzioni locali sarà determinante per chiarire la direzione che verrà intrapresa nei prossimi mesi.