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La riforma della giustizia tra separazione delle carriere e nuovi scontri sulle impugnazioni

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Riforma della giustizia, tensioni su separazione carriere e impugnazioni. - Unita.tv
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Il dibattito sulla riforma della giustizia italiana resta acceso a poche settimane dal voto in Senato, previsto per il 22 luglio, sulla separazione delle carriere dei magistrati. Al centro delle discussioni c’è anche l’ipotesi di limitare l’impugnabilità delle sentenze di assoluzione. La proposta, avanzata da alcuni esponenti di maggioranza, scatena reazioni forti da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, segnando nuovi contrasti con il Governo.

Il voto in Senato sulla separazione delle carriere dei magistrati e i possibili sviluppi

Il voto di Palazzo Madama, originariamente fissato per il 22 luglio, riguarda la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, un tema chiave della riforma voluta dall’Esecutivo. Questo passaggio dovrebbe definire meglio ruoli e responsabilità all’interno della magistratura, con l’obiettivo di distinguere nettamente le funzioni di chi giudica e di chi accusa.

Nei giorni che precedono il voto emergono però nuovi spunti di confronto. Aumenta, ad esempio, il dibattito sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione: una misura che limiterebbe la possibilità di impugnare certe sentenze, specialmente quando si tratta di assoluzioni confermate nei primi due gradi di giudizio. Nell’ambito della maggioranza, figure come il deputato di Forza Italia Enrico Costa hanno proposto una legge che introduca anche sanzioni per i magistrati che confermerebbero queste assoluzioni, definendole “conforme”.

Questa idea, tuttavia, non è accompagnata da un testo ufficiale né da una calendarizzazione precisa. Viene piuttosto lungamente discussa come ipotesi. L’intento sembra quello di scoraggiare l’impiego di appelli considerati “temerari” da parte del pubblico ministero. Il Governo lavora allo stesso tempo su una possibile estensione dei reati per cui intervenire sulle impugnazioni, andando oltre la soglia già modificata dal Decreto Nordio del 2024, che limitava impugnazioni per reati con pene inferiori ai quattro anni.

Il clima nel Parlamento resta quindi teso e gli eventuali sviluppi su questi punti sono rimandati dopo l’esito della votazione sulla separazione delle carriere.

La reazione dell’Associazione Nazionale Magistrati contro le proposte sulle impugnazioni

L’Associazione Nazionale Magistrati ha reagito con fermezza alle ipotesi di limitare l’impugnabilità delle sentenze di assoluzione e di introdurre sanzioni ai magistrati. Il segretario Rocco Maruotti ha definito la proposta “legge ad personam”. Dal suo punto di vista, si tratta di una mossa per ostacolare i magistrati che non si allineano alla linea politica, attraverso pressioni sul loro percorso professionale e la loro indipendenza.

Secondo Maruotti, riproporre sanzioni per il pubblico ministero che porta avanti appelli su assoluzioni involge un meccanismo di intimidazione, soprattutto dopo che una simile restrizione del potere di impugnazione era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale nel 2007. Il sindacato delle toghe segnala così un tentativo di limitare il diritto di ricorso non attraverso il divieto diretto, ma tramite casi concreti di penalizzazione personale.

A rincarare la dose si è espresso anche Stefano Celli, vicesegretario dell’Anm. Ha sottolineato che la funzione del ricorso per Cassazione è quella di uniformare l’applicazione delle leggi, garantendo parità di trattamento, e non va confusa con un giudizio basato sul “ragionevole dubbio”, come invece avrebbe interpretato il ministro della Giustizia. Per Celli, ogni tentativo di restringere questo diritto fa leva su un’interpretazione distorta della Costituzione.

Paola Cervo, altro membro della giunta Anm, ha messo in evidenza come la proposta, pur sembrando distante dal progetto di riforma costituzionale in corso, porti con sé un messaggio chiaro: intimidire la magistratura che esercita i propri doveri senza subire ingerenze politiche. La tensione tra toghe e Governo resta alta dopo settimane di scontri.

L’ampliamento delle soglie per le impugnazioni e il contesto del ricorso della procura di Palermo

Il Governo, dopo il ricorso ‘per saltum’ presentato dalla Procura di Palermo nella vicenda Open Arms, sembra intenzionato a rendere più selettive le impugnazioni. L’attuale limite previsto nel Decreto Nordio interviene solo sui reati con pene inferiori a quattro anni di carcere, ma da fonti dell’Esecutivo emerge la volontà di aggiungere altre fattispecie penali a questa disciplina.

L’idea sarebbe quella di mettere un freno alle cosiddette azioni “temerarie” dei magistrati, in particolare dei pubblici ministeri, che proporrebbero appelli anche quando ritengono di non avere solide basi. Non c’è ancora un testo ufficiale né un calendario per questo intervento, che dovrebbe aggiornare alcune parti del sistema penale. Tutto pare rimandato a dopo il voto in Senato sulla riforma principale.

L’iniziativa della Procura di Palermo ha però accentuato il clima di sfida tra Governo e Magistratura. La vicenda Open Arms, che ha avuto ampia risonanza, mette in luce la difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra tutela dei diritti e la volontà dell’Esecutivo di intervenire sulla giustizia.

Le limitazioni costituzionali e la storia delle tentate restrizioni alle impugnazioni

I tentativi di limitare il potere di impugnazione da parte del pubblico ministero non sono nuovi nella storia recente della magistratura italiana. Già nel 2007 la Corte Costituzionale bocciò un progetto analogo previsto dalla legge Pecorella, che voleva azzerare quasi del tutto i ricorsi sulle sentenze di assoluzione.

Quella sentenza rappresenta un punto di riferimento, perché stabilì che bloccare le impugnazioni del pm in modo così netto sarebbe stato contrario ai principi di giusto processo e parità delle parti. Di conseguenza, idee simili a quelle che si stanno discutendo oggi si scontrano con ostacoli giuridici forti.

In più, l’attuale Costituzione tutela il diritto di ricorrere, anche in Cassazione, come strumento per assicurare che l’applicazione della legge sia uguale per tutti i cittadini. Il Governo non ha mostrato intenzioni concrete di modificarlo su questo punto, ma talvolta alcuni interventi parlamentari provano a aggirare tecnicamente questi limiti con norme che sortiscono effetti simili.

Nel contesto attuale, perciò, ogni proposta che limiti in maniera pesante le impugnazioni rischia di incontrare nuove bocciature e di alimentare tensioni istituzionali profonde.

Il confronto con il Governo e la maggiore frammentazione nel dibattito parlamentare

Il confronto tra Magistratura e Governo si muove in un clima difficile, con divisioni sia dentro la maggioranza sia all’interno delle toghe. Da un lato c’è chi, come Enrico Costa, spinge per misure più rigide contro le impugnazioni di sentenze assolutorie. Dall’altro, la base dell’Anm mostra compattezza nei rifiutare misure che considerano un attacco all’autonomia giudiziaria.

In Parlamento, il dibattito si incrocia con piani più ampi di riforma che coinvolgono la giustizia penale e il funzionamento delle procure. La separazione delle carriere resta un nodo centrale, con conseguenze sull’autorevolezza dei magistrati e sui rapporti interni al sistema giudiziario.

Molti osservatori rilevano che il salto tra la legge attuale, la Consulta, e i tentativi di innovazione produce uno scontro istituzionale che rischia di rallentare l’intero iter della riforma. Ogni passo deve fare i conti con vincoli di legittimità costituzionale, posizioni di forza dei sindacati delle toghe e sensibilità dell’opinione pubblica.

Il voto in Senato del 22 luglio sarà determinante per vedere la direzione che prenderà questa fase di riforma, con l’attenzione puntata sulle questioni legate al potere di impugnazione e sulle possibili conseguenze per i magistrati coinvolti.

L’Italia si trova così in un passaggio delicato, con la necessità di bilanciare la rapidità nelle decisioni con il rispetto delle garanzie costituzionali e l’autonomia del sistema giudiziario. La partita resta aperta e segue passo passo gli sviluppi politici e giudiziari del Paese.

Ultimo aggiornamento il 20 Luglio 2025 da Elisa Romano

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Elisa Romano

Elisa Romano è una blogger italiana che si occupa di cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute. Con uno stile chiaro e coinvolgente, racconta i fatti e le storie del momento, offrendo riflessioni e approfondimenti per un pubblico sempre più attento e informato.

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