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La nuova riprogettazione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere nell’unione europea

L’Unione europea rivede il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) per contrastare il “carbon leakage”, concentrandosi sui grandi emettitori e semplificando le norme per le PMI.

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L'Unione Europea sta rivedendo il meccanismo CBAM per limitare le emissioni di carbonio importate, concentrandosi sui grandi emettitori e posticipando l'entrata in vigore al 2027, con l'obiettivo di bilanciare tutela ambientale e competitività economica. - Unita.tv

L’Unione europea continua a rivedere con attenzione il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere , un sistema pensato per contrastare il fenomeno noto come “carbon leakage”. Questo fenomeno si verifica quando le aziende trasferiscono la produzione fuori dall’Europa verso Paesi con regole meno rigide sull’ambiente, spostando così l’inquinamento altrove senza ridurre le emissioni globali. Ad oggi, il Parlamento europeo ha approvato alcune semplificazioni delle norme sul CBAM per alleggerire i costi e facilitare la gestione delle regole da parte delle imprese. Le modifiche puntano a concentrare l’azione sui grandi emettitori, esentando numerosi operatori più piccoli, in attesa del pieno avvio del meccanismo che potrebbe slittare al 2027.

Il meccanismo cbam: finalità e funzionamento

Il CBAM si inserisce all’interno del Green deal europeo, un programma che mira a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra entro il 2050. Lo strumento impone un costo per le emissioni di carbonio incorporate nei prodotti importati da determinati Paesi. Questo dovrebbe mettere sullo stesso piano i prodotti europei e quelli provenienti da Stati con regole ambientali meno rigorose, evitando così che le industrie continentali subiscano svantaggi competitivi. Nel dettaglio, riguarda beni come cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno.

Fase transitoria e tempistiche

Attualmente il CBAM è in fase transitoria: le aziende devono comunicare le emissioni legate ai prodotti importati, ma non sono ancora tenute a pagare certificati. Questo periodo serve a mettere a punto il sistema e raccogliere dati utili. La scadenza per l’entrata in vigore effettiva, inizialmente fissata al 2026, potrebbe essere spostata al 2027. Intanto, la Commissione europea propone di esentare dal pagamento più dell’80% delle aziende interessate, dato che la gran parte delle emissioni è attribuibile a pochi grandi operatori.

Proposte di revisione e semplificazione delle norme europee

Di fronte alle difficoltà e alle critiche sollevate dalle imprese, il Parlamento e la Commissione stanno lavorando per snellire le procedure. Si propone di concentrarsi sui principali responsabili delle emissioni, cioè meno del 20% delle aziende, che producono oltre il 95% dell’impronta carbonica del settore interessato. Questo ridurrà il carico amministrativo e i costi, soprattutto per le piccole e medie imprese.

La revisione prevista nel 2025, contenuta nella cosiddetta “Bussola della competitività”, mira a risolvere alcune problematiche operative e a rendere più uniforme l’applicazione del meccanismo fra i Paesi membri. Alcuni analisti esprimono cautela, ipotizzando che le modifiche possano ridurre l’efficacia del CBAM nel tenere sotto controllo le emissioni, ma Bruxelles insiste sull’obiettivo di un sistema più gestibile e trasparente. L’attenzione resta alta per evitare distorsioni di mercato o indebiti vantaggi competitivi.

Effetti economici e ambientali del meccanismo cbam

L’impatto sugli equilibri economici è rilevante. Il CBAM dovrebbe impedire che le aziende europee spostino produzioni fuori dai confini UE per evadere i costi ambientali. Se la tariffa viene applicata correttamente, dovrebbe rendere meno conveniente questa strategia, mantenendo la produzione e l’occupazione all’interno dell’Unione. C’è il rischio però che le esenzioni numerose rendano il sistema meno efficace dal punto di vista ambientale.

Dal lato ecologico, il CBAM è uno strumento per ridurre le emissioni, premiando chi investe in tecnologie più pulite e penalizzando chi inquina di più. Si inserisce nei piani europei che prevedono una riduzione di almeno il 55% delle emissioni entro il 2030 rispetto al 1990 e la neutralità climatica entro il 2050. Un risultato ambizioso che richiede un’applicazione rigorosa delle norme, a cui il meccanismo dovrebbe contribuire senza però creare effetti collaterali indesiderati.

Commenti e preoccupazioni

“Le esenzioni rischiano di compromettere la lotta contro il cambiamento climatico,” sostengono alcune associazioni ambientaliste, mentre molte aziende guardano favorevolmente alla riduzione degli obblighi prevista nelle revisioni. “Le PMI lamentano i costi e le procedure complesse,” spiegano fonti del settore.

Dibattito e reazioni delle parti coinvolte

Il tema del CBAM ha generato opinioni contrastanti. Molte aziende sono favorevoli alle semplificazioni, mentre alcune associazioni ambientaliste sottolineano i rischi delle esenzioni troppo ampie. Le lobby industriali hanno svolto un ruolo centrale nella definizione delle nuove proposte. Secondo esperti, l’influenza esercitata può aver contribuito a indebolire alcune parti del disegno iniziale. Le forze politiche europee si trovano quindi a bilanciare esigenze concorrenti: salvaguardare l’ambiente senza danneggiare la competitività delle imprese europee.

Il contributo e le posizioni dell’Italia e di altri paesi europei

L’Italia ha avanzato proposte specifiche durante le trattative per modificare il CBAM. Con altri Stati come Francia e Slovacchia, il nostro Paese ha chiesto un equilibrio fra tutela ambientale e sostenibilità economica per le aziende. L’attenzione italiana si concentra principalmente sul fare in modo che le norme non appesantiscano eccessivamente le imprese manifatturiere, soprattutto quelle di dimensioni medie.

La posizione italiana riflette un timore diffuso in Europa: evitare che norme troppo dure spingano l’industria a spostarsi in altre zone meno rigorose, vanificando così gli sforzi climatici. Il confronto fra Stati membri resta aperto. Alcuni chiedono misure più severe, altri difendono la necessità di tutela economica per evitare conseguenze pesanti sul lavoro e sulla produzione.

Focus sulle trattative

Il dialogo europeo rimane acceso tra chi sostiene un approccio più rigido e chi punta a salvaguardare competitività e occupazione, in un equilibrio delicato da mantenere.

Dati chiave sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere

Il CBAM, originariamente previsto per entrare in funzione nel 2026, sembra destinato a partire nel 2027. Colpisce beni come cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. Oltre l’80% delle aziende potrebbe essere escluso dagli obblighi, concentrando l’attenzione sui grandi emettitori.

Gli obiettivi ambientali fissati dall’UE prevedono una diminuzione delle emissioni entro il 2030 del 55% rispetto ai livelli del 1990 e la neutralità climatica totale entro il 2050. Il CBAM è parte integrante di questo impegno, uno strumento che, se applicato con rigore, può contribuire a contenere le emissioni importate e a incentivare pratiche produttive più pulite in tutto il mondo.