Il governo italiano ha stretto un’intesa con l’Albania per rendere più efficiente il rimpatrio dei cittadini stranieri irregolari. L’obiettivo è contenere le spese dei centri di rimpatrio e adeguarsi alle nuove regole europee che entreranno in vigore nel 2025. Ma la questione ha acceso il dibattito, soprattutto per i costi del centro di Gjader, finito sotto la lente di organizzazioni come ActionAid e di uno studio dell’Università di Bari.
Più velocità e meno burocrazia: cosa prevede il protocollo italo-albanese
Il protocollo firmato punta a snellire le procedure per riportare in Albania chi si trova irregolarmente in Italia. L’idea è accelerare i tempi, evitando così lunghe attese che pesano sulle casse dello Stato e tengono le persone in condizioni spesso criticate.
Dal ministero dell’Interno arrivano parole che definiscono l’accordo un investimento strategico, capace di fare da modello anche in Europa. Grazie a questo, si punta a ridurre drasticamente i costi di gestione dei centri, come quello di Gjader, e a rispettare i nuovi standard europei in arrivo.
Il protocollo si basa su controlli più stretti e una collaborazione più stretta tra Italia e Albania. Si condivideranno dati e si organizzeranno voli di rimpatrio dedicati, così da aumentare i rientri, sia volontari sia forzati, riducendo i tempi di permanenza nei centri e abbattendo i costi.
Gjader sotto accusa: i dubbi di Actionaid e dell’Università Di Bari
Le spese per il centro di Gjader sono finite sotto la lente di ActionAid e di uno studio dell’Università di Bari. Secondo le loro analisi, il costo per ogni persona trattenuta è molto alto, mettendo in dubbio l’efficacia e la sostenibilità di questo sistema.
ActionAid sostiene che si potrebbe risparmiare molto con una gestione più attenta delle risorse e puntando su procedure di rimpatrio più rapide. Le organizzazioni chiedono anche più trasparenza su come vengono spesi i soldi e su come funzionano i centri, sollevando preoccupazioni su possibili problemi nella gestione e sul rispetto dei diritti umani.
Lo studio dell’Università di Bari va oltre, analizzando anche l’impatto delle politiche di rimpatrio sull’integrazione e sul controllo dei flussi migratori. Si sottolinea la necessità di trovare un equilibrio tra rigore amministrativo e rispetto delle norme internazionali, con uno sguardo attento alle conseguenze sociali oltre che economiche.
Le nuove regole europee e la sfida che ci aspetta
Dal 2025 cambieranno le regole europee sull’immigrazione e i rimpatri. L’Italia si sta preparando a rivedere le sue procedure per rispettare le nuove direttive, che puntano soprattutto a velocizzare i rimpatri e a ridurre i tempi di permanenza nei centri.
Il protocollo con l’Albania sarà fondamentale in questa fase di transizione. Dovrà dimostrare di saper tagliare i costi e migliorare l’efficienza. Ma le autorità europee controlleranno con attenzione che siano rispettati i diritti dei trattenuti e le condizioni di accoglienza.
Non mancano le sfide: serve allargare la collaborazione anche ad altri Paesi per frenare l’immigrazione irregolare e aumentare la sicurezza delle rotte. La capacità di rispondere in modo rapido e coordinato sarà un banco di prova per le politiche migratorie italiane nei prossimi mesi.
L’accordo tra Italia e Albania sarà osservato da vicino, soprattutto alla luce delle critiche sui costi e sulle condizioni dei centri, temi che restano al centro del dibattito pubblico.
Ultimo aggiornamento il 24 Luglio 2025 da Davide Galli