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Il vescovo di Novara ricorda don Matteo Balzano e invita a prendersi cura dell’anima nel quotidiano

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Il funerale di don Matteo Balzano, sacerdote di 35 anni scomparso sabato scorso, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di dedicare più attenzione all’anima in ogni aspetto della vita. La cerimonia si è svolta nella collegiata di San Vittore a Cannobio, nel Verbano-Cusio-Ossola. Monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo della diocesi di Novara, ha guidato la celebrazione con parole che hanno toccato temi profondi come la compassione e il senso del vivere.

Le parole del vescovo franco giulio brambilla al funerale

Durante la funzione funebre monsignor Brambilla ha sottolineato come oggi sia fondamentale “curare l’anima in tutte le cose che facciamo”, perché rischiamo altrimenti che tutto perda significato e vitalità. Ha esortato i presenti a usare cautela nelle parole in momenti così delicati: “in queste occasioni le parole sono da dire in punta di piedi”. Il vescovo ha invitato tutti a coltivare la compassione verso gli altri e a mantenere vivi i legami umani autentici.

La riflessione ai sacerdoti più giovani

Rivolgendosi ai sacerdoti più giovani ha ricordato l’importanza di non smarrire mai la propria direzione spirituale: “non perdere la bussola” significa preparare ogni persona alla Pasqua del Signore con dedizione e consapevolezza. Ha chiuso il suo intervento con sette parole scritte nei giorni precedenti: “dolce fratello, giovani orfani affranti, pianto infinito”, espressione intensa della sofferenza condivisa per questa perdita improvvisa.

Il ricordo dei giovani dell’oratorio dove don matteo aveva prestato servizio

Nel corso della cerimonia una ragazza dell’oratorio locale – luogo dove don Matteo aveva lavorato per circa due anni – ha letto un messaggio scritto dai ragazzi della comunità giovanile. Questi lo hanno descritto come un “arcobaleno dopo il temporale”, capace di ridare vita all’oratorio stesso. Non lo vedevano solo come un sacerdote ma soprattutto come un amico sincero.

I giovani hanno ricordato con affetto momenti speciali trascorsi insieme, ad esempio le serate del venerdì dedicate allo sviluppo del pensiero critico personale sotto la guida attenta e paziente di don Matteo. Hanno voluto infine rassicurarlo dicendo che anche se lui non è più fisicamente presente tra loro “il nostro rapporto non è finito, si è trasformato”. L’invito finale rivolto idealmente al prete era quello di “buttare ogni tanto un occhio giù”, perché avranno bisogno del suo sostegno invisibile nei tempi futuri.

Contesto umano dietro una tragedia recente nella diocesi

La morte per suicidio di don Matteo Balzano rappresenta una ferita profonda per tutta la comunità religiosa locale ma anche per chi lo conosceva personalmente o attraverso il suo impegno pastorale nell’oratorio cittadino. La scelta dolorosa arriva dopo anni in cui spesso si tendeva a trascurare gli aspetti interiori delle persone coinvolte nelle attività ecclesiali o sociali.

Il messaggio forte inviato dal vescovo Brambilla richiama proprio alla necessità urgente d’ascoltare meglio se stessi e gli altri senza giudizio frettoloso o indifferenza emotiva. È emerso chiaramente durante i funerali quanto sia importante mantenere viva quella parte interiore chiamata anima; curarla significa dare senso alle azioni quotidiane evitando che svaniscano nell’indifferenza o nella solitudine emotiva diffusa oggi.

Il valore del legame umano nel lavoro di don matteo

Le testimonianze raccolte dall’oratorio mostrano inoltre quanto fosse prezioso quel legame umano costruito da don Matteo coi ragazzi; uno spazio protetto dove poter crescere accompagnati da qualcuno pronto ad ascoltare senza imporre risposte preconfezionate ma stimolando riflessioni personali profonde su fede ed esistenza stessa.

Ultimo aggiornamento il 8 Luglio 2025 da Davide Galli

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Davide Galli

Davide Galli scrive per capire, non solo per raccontare. Blogger dallo stile asciutto e riflessivo, attraversa i temi di cronaca, politica, attualità, spettacolo, cultura e salute con uno sguardo mai convenzionale. Nei suoi articoli c’è sempre una domanda aperta, un invito a leggere tra le righe e a non fermarsi alla superficie.

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