Il papa ricorda le chiese orientali e l’appello di pace di cristoe in mezzo agli orrori della guerra
Il papa, nel suo discorso alle chiese orientali, denuncia la sofferenza causata da conflitti in diverse regioni e invita a costruire pace e riconciliazione per le comunità martiriali.

Il papa denuncia le sofferenze delle chiese orientali nei conflitti attuali, invitando a una pace autentica basata su riconciliazione, dignità e ricostruzione delle società devastate dalla guerra. - Unita.tv
Le parole pronunciate dal papa durante il suo discorso rivolto alle chiese orientali mettono in luce una realtà di sofferenza e violenza che non riguarda solo un’area geografica, ma diverse zone martoriate da conflitti. Il suo richiamo al messaggio di pace di Cristo arriva in un momento segnato da guerre e massacri, con particolare riferimento a regioni come la terra santa, l’ucraina, il libano, la siria, il medio oriente, il tigray e il caucaso. In questa cornice, le chiese che vivono quotidianamente la guerra sono definite ‘martiriali’, un termine che esprime la loro condizione di comunità provate e resilienti.
Le chiese orientali e la loro esperienza diretta della guerra
Il papa descrive le comunità cristiane orientali come testimoni d’eccezione della brutalità dei conflitti armati. Sono le chiese più vicine ai luoghi dove si consuma la violenza e la perdita di innumerevoli vite. Quando pronuncia l’espressione “chiese martiriali”, sottolinea come queste realtà religiose siano segnate da un senso di dolore profondo e da una storia di sacrifici, dovuti ai ripetuti attacchi e alle violenze subite. La loro esperienza diretta delle guerre non è solo una questione storica, ma una condizione presente e che condiziona la vita quotidiana di fedeli e comunità intere.
Il valore della testimonianza
Questo punto di vista è fondamentale per comprendere il valore aggiunto che queste chiese portano nel dialogo sulla pace. Sono parte integrante delle regioni in conflitto e portano un messaggio che nasce dall’interno della sofferenza stessa. Il papa richiama queste realtà per rafforzare il valore della loro testimonianza e per raccontare al mondo il volto autentico di chi sopporta la guerra giorno dopo giorno.
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Ordire la pace di cristoe l’appello che supera la violenza
L’appello di pace che il papa attribuisce a Cristo rappresenta una condanna netta della guerra e delle sue conseguenze. Non si tratta di un semplice invito a cessare le ostilità, ma di una proposta che va oltre il silenzio imposto dalla sopraffazione o dalla sottomissione. La pace di Cristo, spiega, non coincide con un “silenzio tombale” dopo il conflitto, né con una vittoria ottenuta calpestando i diritti altrui. È un dono che guarda innanzitutto alle persone, alla loro dignità e capacità di rinascere.
Ricostruire società distrutte
Questa pace è quindi sinonimo di riconciliazione e perdono. Invita a mettere da parte rancori e rancide divisioni per costruire un futuro capace di voltare pagina. Oltre a essere un concetto spirituale, è un richiamo concreto al coraggio di ricominciare. È un messaggio che invita ad affrontare con nuova determinazione i processi di ricostruzione delle società devastate dai conflitti armati. Ricostruire significa anche saper creare legami nuovi tra persone e popoli, basati su rispetto e solidarietà.
Le zone di conflitto prese in esame e i volti delle sofferenze
Le aree citate dal papa nel suo discorso sono teatro di conflitti e scontri che hanno profondi effetti umanitari. Dalla terra santa all’ucraina, passando per il libano, la siria, il medio oriente, il tigray e il caucaso, si contano decine di migliaia di vittime, molte delle quali giovani. Questi territori sono destabilizzati da anni, e le guerre infliggono danni continui alle persone e alle infrastrutture.
Crisi dimenticate e tensioni persistenti
La guerra in ucraina ha attirato grande attenzione internazionale, ma sono numerose anche le crisi dimenticate o meno seguite dai media. In alcuni casi si tratta di conflitti dai contorni complessi con implicazioni politiche e religiose intrecciate. Nel tigray, per esempio, la guerra ha causato una crisi umanitaria con milioni di sfollati e un ambiente di perenne insicurezza. Nel medio oriente, invece, le tensioni persistono da decenni e coinvolgono diverse nazioni e comunità religiose.
Queste situazioni gettano nel caos le popolazioni locali, spesso lasciate senza adeguati mezzi per vivere o sopravvivere. A pagare il prezzo più alto sono i civili, e il papa richiama proprio questa tragedia umana legata a perdite che dovrebbero provocare sdegno in ogni angolo del mondo. È il grido di molti martiri delle chiese orientali, che non vogliono solo essere ricordati per la loro sofferenza: vogliono che la loro storia spinga i leader e le nazioni a fermare questa spirale di violenza.