Il governo italiano si concentra sulla gestione delle incognite legate all’accordo sui dazi tra Usa e Ue, evitando reazioni immediate e cercando di costruire un fronte compatto. Nel frattempo, Palazzo Chigi ha messo al centro dell’attenzione il fondo europeo da 150 miliardi di euro destinato alla difesa, con l’Italia che ha formalizzato l’adesione. Tra tensioni politiche ed economiche, l’esecutivo punta soprattutto a tutelare aziende e settori strategici nazionali.
Confronto interno al governo per rafforzare la difesa e aderire al fondo safe europeo
Dopo il rientro dalla trasferta in Etiopia, la premier Giorgia Meloni ha convocato a Palazzo Chigi una riunione con i principali esponenti della sua squadra di governo: da Antonio Tajani a Matteo Salvini, passando per Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto e Tommaso Foti. L’obiettivo era discutere del fondo europeo Safe, un programma da 150 miliardi di euro mirato a rilanciare l’industria militare e tecnologica europea.
L’Italia ha confermato l’adesione a questo fondo che prevede prestiti per finanziare gli investimenti in difesa dal 2026 al 2030. Fonti interne spiegano che, utilizzando queste risorse, il governo mira a sostenere i programmi già pianificati senza aumentare il carico sul bilancio statale, mantenendo buona parte delle spese incluse all’interno del piano Safe. La partecipazione al fondo rappresenta un passo pragmatico per rafforzare le capacità industriali della difesa nazionale, senza generare nuovi costi a breve termine.
Nel dialogo politico interno l’attenzione si è concentrata proprio su come integrare queste fonti europee alle strategie nazionali in modo efficace, evitando sprechi oppure duplicazioni di spesa. L’adesione italiana è stata comunicata in serata, segno di una volontà chiara di inserire il paese nel progetto europeo della difesa comune, in un contesto geopolitico che richiede risposte coordinate e tempestive.
Il nodo dei dazi tra Stati Uniti ed Europa e il clima di attesa che regna dentro palazzo chigi
Al centro dell’attenzione resta il dossier relativo all’intesa preliminare tra Stati Uniti e Unione Europea sul tetto massimo dei dazi al 15%. La presidente Meloni, in attesa che si formalizzi un accordo quadro e soprattutto che ogni Paese sottoscriva un patto giuridicamente vincolante, ha scelto una linea di prudenti riflessioni pubbliche. Non pretende di sbilanciarsi troppo ora, consapevole che la questione può segnare svolte delicate per gli scambi commerciali e per la stabilità dell’alleanza occidentale.
Nei giorni scorsi ha mantenuto contatti continui con altre cancellerie europee mentre seguiva con attenzione l’andamento dello spread e dei mercati finanziari, alla ricerca di segnali che potessero anticipare le posizioni principali. Il tedesco Friedrich Merz, ad esempio, si è distanziato dal patto e questo ha complicato ulteriormente il quadro politico europeo, aumentando la percezione di fragilità tra gli alleati.
Palazzo Chigi intende evitare che l’Italia si trovi isolata all’interno del continente e perciò si muove con cautela, mettendo al primo posto un approccio condiviso. Il fatto che Meloni abbia evitato note ufficiali e messaggi forti negli ultimi giorni segnala la volontà di non alimentare tensioni o divisioni premature. L’attenzione si sposta però anche sull’impatto economico che l’accordo potrebbe avere sulle imprese italiane più esposte ai dazi e alla concorrenza internazionale.
Il governo rassicura le imprese dopo le preoccupazioni sollevate dagli industriali
Le perplessità espresse da Emanuele Orsini, presidente degli industriali, hanno fatto scattare una risposta diretta da parte dell’esecutivo, che prova a non lasciare vuoti ai vertici produttivi del paese. Proprio ieri il ministro Adolfo Urso ha guidato una riunione del Comitato interministeriale per attrarre investimenti esteri, alla quale hanno partecipato anche Tajani e Giorgetti. Durante l’incontro, Urso ha ricordato i dati emersi nel 2024, con l’Italia che ha raggiunto un livello record in Europa per investimenti esteri diretti greenfield, toccando quota 35 miliardi di euro.
Le cifre superano quelle registrate da Germania e Francia e in questo contesto le imprese statunitensi confermano il loro ruolo di primo investitore non europeo nel nostro territorio. Questa realtà è stata sottolineata per evidenziare come l’Italia possa contare su una base solida, capace di ammortizzare eventuali contraccolpi commerciali. Il governo vuole far valere la propria posizione per conseguire un accordo sui dazi che riconosca le specificità industriali e produttive del paese.
Il punto fondamentale è difendere con decisione settori chiave del Made in Italy, come la componentistica per auto, la farmaceutica, la microelettronica, la meccanica e le produzioni agroalimentari. La sfida è mantenere aperti canali di esportazione vitali e limitare impatti dannosi per le aziende più vulnerabili, senza compromettere l’intera economia nazionale.
Le strategie del governo per mitigare l’impatto dei dazi e valutare possibili aiuti
L’esecutivo si impegna su due fronti. Il primo riguarda la definizione di una lista di esenzioni che tuteli i settori più esposti al rischio dazi, cercando di diminuire le ricadute negative sui comparti produttivi più sensibili. Il secondo riguarda l’eventuale definizione di interventi economici a sostegno delle industrie che dovessero registrare danni rilevanti a causa delle nuove tariffe.
In parallelo, si discute sul fronte dei finanziamenti pubblici. Riguardo ai 25 miliardi di euro annunciati a partire da aprile, destinati alla rimodulazione dei fondi derivanti da Pnrr e Coesione, il ministro Tommaso Foti ha spiegato come al momento non sia possibile prospettare una modifica coerente del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Questo indica che i tempi per cambiare ripartizioni significative sono lunghi e complessi, obbligando il governo a ragionare con cautela sulle risorse disponibili e su come indirizzarle con maggiore efficienza. Le ipotesi di sostegno finanziario diretto alle imprese colpite dai dazi restano quindi ancora da definire, ma rappresentano una priorità per ridurre alcune delle tensioni sociali e produttive che potrebbero emergere dall’accordo internazionale.
L’azione dell’esecutivo, in questo momento delicato, consiste nel mantenere aperti i canali diplomatici, nel rassicurare gli operatori economici e nel cercare un equilibrio tra gli impegni europei e le pressioni esterne provenienti dagli Stati Uniti. Ogni ulteriore sviluppo nella definizione dell’accordo sui dazi sarà monitorato attentamente, in attesa di un’intesa che limiti i danni e valorizzi le peculiarità italiane.
Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2025 da Andrea Ricci