Il governo Meloni ha intrapreso un percorso controverso riguardo all’uso del segreto di Stato, oscillando tra promesse di trasparenza e pratiche che limitano l’accesso a informazioni cruciali. A ribadire questa ambivalenza è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, il 9 aprile 2025, evidenziando che, nel corso della legislatura, sono stati rimossi sette segreti di Stato. Tuttavia, questo dato è stato contestato, con critiche rivolte a precedenti governi, in particolare quelli di Giuseppe Conte e Matteo Renzi.
L’uso strategico del segreto di Stato
Luca Ciriani ha affermato che la rimozione dei segreti di Stato rappresenta un passo significativo rispetto alle pratiche dei governi precedenti. Secondo lui, il governo attuale ha applicato il segreto solo nei casi in cui fosse necessario per proteggere gli “interessi supremi dello Stato”. Tuttavia, l’esecutivo è stato accusato di utilizzare il segreto di Stato in modo improprio, in particolare su questioni delicate come il caso Paragon, il software Graphite e l’incontro tra Renzi e l’ex agente dei servizi Marco Mancini.
Questa gestione del segreto di Stato ha sollevato interrogativi sulla reale volontà del governo di garantire trasparenza. Molti osservatori ritengono che il segreto stia diventando uno strumento di controllo dell’informazione piuttosto che una misura di protezione legittima. La preoccupazione è che le promesse di trasparenza rimangano solo parole, senza una reale attuazione.
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Le critiche alla gestione del segreto di Stato
Durante il question time del 9 aprile, Ciriani ha risposto a interrogazioni riguardanti l’applicazione del segreto di Stato, sottolineando che il governo ha rimosso sei segreti in anticipo rispetto al termine trentennale previsto dalla legge. Tra i casi citati ci sono il “caso Genchi“, lo “scandalo Telecom-Sismi” e la vicenda giudiziaria che coinvolgeva Ferruccio De Bortoli e Magdi Allam. Recentemente, è stato rimosso anche il segreto relativo all’audizione dell’ambasciatrice Elisabetta Belloni in un procedimento penale a Ravenna.
Tuttavia, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha rivendicato una discontinuità rispetto ai governi precedenti, ma le critiche non si sono fatte attendere. La gestione del segreto di Stato è stata vista come un modo per evitare di rispondere a domande scomode e per mantenere il controllo su informazioni potenzialmente dannose per l’immagine del governo.
La questione della trasparenza e i casi controversi
Un esempio emblematico di questa controversia è la “vicenda Autogrill“, che ha coinvolto Matteo Renzi e Marco Mancini. Nel 2020, Renzi fu fotografato con Mancini in un’area di sosta, e il governo Draghi aveva apposto il segreto per proteggere dettagli sensibili. Renzi ha criticato questa scelta, chiedendo maggiore trasparenza e il rispetto delle opposizioni. Nonostante le promesse di Meloni di rimuovere il segreto, la questione rimane irrisolta.
Un altro caso che ha suscitato polemiche è quello del software Graphite, utilizzato per monitorare giornalisti e attivisti. Il governo ha fornito versioni contrastanti riguardo alla gestione di questa situazione, con il sottosegretario Alfredo Mantovano che ha inizialmente classificato gli atti come non divulgabili, per poi consentire al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di rispondere a domande in Parlamento. Tuttavia, non risulta che Meloni abbia formalmente imposto il segreto di Stato su questo caso, il che solleva ulteriori interrogativi sulla legittimità delle azioni del governo.
Le implicazioni politiche del segreto di Stato
La questione del segreto di Stato si intreccia con le dinamiche politiche attuali, in cui la trasparenza è diventata un tema centrale nel dibattito pubblico. Le promesse di maggiore apertura da parte del governo Meloni si scontrano con la realtà di una gestione che, secondo molti, non ha ancora dimostrato di essere all’altezza delle aspettative. La rimozione dei segreti di Stato, pur se annunciata, è vista con scetticismo da parte delle opposizioni e degli osservatori, che chiedono un impegno concreto per garantire l’accesso alle informazioni.
Il rischio è che, se non si attua una vera e propria politica di trasparenza, il segreto di Stato continui a essere utilizzato come uno strumento di controllo politico, piuttosto che come una misura di protezione necessaria. La sfida per il governo sarà dimostrare che le sue azioni sono coerenti con le dichiarazioni di intenti, evitando di cadere nella trappola della retorica senza sostanza.